37- Tra i dipinti al museo

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P.O.V.
Kevin

Mi era mancato il modo dolce con cui Morisot mi sorride. Non solo quello. Tutto di lei. Averla davanti a me, adesso, significa tornare ad essere intero, e capisco di aver fatto bene a decidere di mescolarmi nuovamente con la polvere di queste strade: per l'incredibile questo posto, solo ora, riesce a darmi il respiro di cui necessito.
Se solo lo avessi capito tempo addietro niente di tutto questo sarebbe successo, io ... non mi sarei trovato senza fiato.

<Andiamo>, la incito tendendole una mano, desiderando allontanare i problemi almeno per oggi. Stupita la mia donna la osserva quasi non sapesse che farsene, rimanendo immobile simile a una statua di sale, ancora accomodata al nostro tavolo in caffetteria, una brioche davanti e la grande tazza di cappuccino a fianco, lo stesso che le aveva sporcato il viso donandole grandi baffi bianchi.

<Dove?>

<E' una sorpresa, dovrai seguirmi per scoprirlo>

Avanti ribelle, sbottonati un po', lascia andare quest'imbarazzo che non ci appartiene, torniamo ad essere i pazzi innamorati che siamo, e che tutti invidiano e invidiavano.
Ridammi la vita, anche solo per un giorno.
Saprò farmelo bastare.

Piccole le sue fini dita, decorate da anelli ingrigiti, scompaiono nel mio palmo per poi venire racchiuse dopo un mio debole sorriso, così afferrata la sua ala usciamo lentamente per raggiungere il parcheggio dove ho abbandonato l'auto.
Celine sembra ancora non capire, ed io non mi espongo nel rivelarle niente, quindi preso posto al volante controllo di avere i due biglietti in tasca, decidendomi poi a partire.

La sua curiosità è il carburante della tratta, le dolci frasi in merito alla vita che si trova a vivere il giusto pretesto per tenere la radio spenta, fino al raggiungimento della nostra meta.
Morisot spalanca gli occhi. Non se lo aspettava, pare dirmi, ma io sono sempre pronto per stupirla. Per questo recupero dal sedile passeggeri la busta nera preparata da giorni, stando attento che lei non mi noti, nonostante la percentuale delle possibilità sia estremamente bassa.

Arrivati all'entrata del museo mostro i biglietti alla reception, e con un elegante cenno di mano da parte di una delle guide otteniamo il giusto congedo per partire alla scoperta della mostra.

<Kevin ... è bellissimo, come sei riuscito a entrare?>

Abbasso gli occhi per non rivelare tutta la verità.
<Ho preso i biglietti per tempo>

<Grazie, davvero, erano mesi che volevo venire>

<Lo so. Non credere che la distanza mi abbia portato a dimenticarti. Ti conosco meglio di chiunque e per questo ...>, alzo la busta rimasta nella mia stretta per tutto il tempo, rivelandola con un sorriso, <... ti ho preso una cosa>

Tendo il regalo, e a recuperarlo è la sua incertezza.

Mentre si trova a scartarlo, nel silenzio della sala mi ricordo della sua buffa abitudine nel voler conservare l'imballaggio di ogni regalo, recuperando nastri, nuovi elastici per i suoi capelli o abbellimenti alle sue trecce, oppure semplici e piccoli oggetti di decoro, presenti in ogni confezione. Da anni giacciono nella scatola che tiene sotto il letto, e per quanto mi irriti lasciar proseguire la vita a cose inutili come quelle vivendo insieme mai mi sono azzardato a buttarli, non temendo la sua ira ma volendo continuare a guardarli e crogiolare in quel sentimento dolce nel quale sono costretto a nuotare quando la mia piccola Morisot mi rivela senza pudore il suo eccessivo entusiasmo da bambina.

Sfortunatamente la fretta e il poco senso estetico non mi hanno permesso di aggiungerne di particolari, costringendo la busta a una vita monocolore e particolarmente difficile, essendo limitata da due colpi di spillatrice, ma Morisot non sembra farci caso perché dopo molto tempo è tornata a ricevere un mio pensiero.

Ali di farfallaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora