58- Ritorno alle origini

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P.O.V.
Megan

L'unico sostegno che ricevo è il freddo tepore della parete non appena vi accosto le spalle, e non è affatto in grado di sorreggermi, confortarmi. Ogni cosa vortica in maniera straordinariamente lenta ed io non ho il tempo di rallentarla.

La osservo passare, rimango ferma all'ascolto di parole vuote, inutili, le sole che Lorelan è in grado di offrirmi non avendo scoperto niente, le uniche che i medici mi donano quando avanzo nel chiedere risposte, dopo un'attenta caccia alle domande.

Non sono mai arrivata ad odiare un posto quanto odio questo ospedale, con le sue pareti estremamente bianche, questi suoi piccoli decori tenui, gli spettrali infissi, i pallidi neon, le brutte notizie, il suono delle suole in gomma delle infermiere, mentre corrono da una parte all'altra tentando in qualche modo di rimediare.

Loro si affrettano, spinte dalla velocità, mentre io ricerco invece un'insolita calma, quel silenzio che è in grado di accogliermi e dura poco, solo un piccolo e minuscolo istante, prima che la valanga precipiti ancora al seguito della pioggia.

Lo vedo, lo intuisco.
Ian ha uno sguardo che gli ho visto in viso solo poche altre volte, mentre avanza verso di me. E' arrabbiato, ed io non sento di avere la forza per gestirlo ma lascio che avanzi, che mi vomiti addosso tutte le sue rancorose parole per scoprire cosa veramente lo preoccupi, se la distanza dalla sua casa e quindi la non informazione degli eventi che ci hanno spinti a questo lacrimoso epilogo o se, invece, semplicemente si tratta di puro e semplice odio verso la mia incapacità nel proteggere.

Caleb è steso in un letto di ospedale, ed io non sono riuscita a fare niente per evitarlo.

<Posso parlarti?>

Non immaginavo questo tono, così piatto, asettico ...

<Ma certo, che cosa c'è Ian?>

Poco prima la sua voce non mi aveva rivelato niente, ma una breve frattura mi fa scorgere cosa veramente sia nascosto dietro questa facciata, e la crepatura deve avergli provocato dolore: si morde un labbro, per provare a trattenerlo, tenta di respirare, cercare un equilibrio mentre io studio ogni fase del suo cambiamento ed il suo approccio di ritorno ad uno stato di equilibrio, insano e immotivato, che quasi arriva a farmi paura.

<Di cosa parlavate tu e Lorelan?>

<Di niente, di Nicolas>, invento, provando in qualche modo a rimediare ai miei danni, prima che vengano alla luce.

<Di Nicolas?>

<Si, è così>

<Non me la bevo, Megan. Sono stanco di bermi le tue stronzate>

Ed ecco che la sua maschera crolla totalmente, rivelandomi la realtà della sua anima, e adesso è la terra sotto ai miei piedi a infrangersi, aprendo un'inaspettata voragine che mi attira a se come un magnete, fino all'ingresso di quelle grosse fauci che vorrebbero risucchiarmi al loro interno, così da estinguermi.

<Cosa stai dicendo, Ian?>

<Vuoi la verità Meg? Vuoi sentirti dire la fottuta verità, proprio in mezzo a questo corridoio di ospedale?>

Voglio davvero che lo faccia? Le sue braccia sono tese, dispiegate ai lati, indicandomi la follia di questo posto che tanto detesto.

Ecco un altro motivo in più per arrivare ad odiarlo; i suoi occhi da ladro, con i quali fissa il nostro principio di litigio e si fa beffe di noi.

<Conosco la verità>, prosegue, avanzando affinché cada nella voragine, <so che stai facendo ricerche su William e usando Lorelan, prostituta del suo bordello, per ricavare informazioni, e la devi smettere. Hai capito? La devi smettere, non puoi vincere contro di loro, specie contro William>

Ali di farfallaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora