75- Provocazione e dolore

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P.O.V.
Ian

La sua pelle riluce di una patina di sudore mentre la mia l'accarezza, soffermandosi in punti specifici del suo essere, ed i nostri corpi divengono uno solo come il migliore dei contatti.

Tra le pallide lenzuola i suoi occhi adoranti seguono ogni mia mossa, ed i miei non li abbandonano.
Quel celeste, tanto diverso dal verde a cui avevo creduto appartenere, mi imprigiona con tutta la sua forza tenendomi avvinto a se, ma io non voglio affatto scappare. Quello che voglio è perdermi ancora più nel profondo, fino all'estremo confine della dannazione.

Un suo ansito mi spinge a guardarla, e lei come il migliore dei demoni ripete quel flebile abbandono consapevole che vi sono io di fronte a fissarla con aperta competizione, e non se ne fa un vincolo.

Chinando la testa la mia bocca trova la morbidezza delle sue labbra e si permette di accarezzarle arricciandosi in un bacio, mentre il mio corpo spinge, ancora più a fondo, all'interno del suo corpo.
Il suo calore mi conquista, vinto chiudo gli occhi e mi abbandono a lui senza provare ad arrestarmi, senza fuggirle via, e le sue unghie mi graffiano la schiena in una cupa protesta. Non mi ferisce, anzi, mi eccita, e tornando a fissarla il mio desiderio si centuplica.

<Ian ... ti prego>, mi supplica, forse di andare più veloce, forse di rallentare, non lo posso sapere perché non riesco a comprenderla, solo desiderarla, mio malgrado.

Afferro le sbarre di questa testiera, spingendo più a fondo dentro di lei fino a perdermi totalmente in un luogo che non ha più ragione, indefinito non conosce i confini ma preserva il suo stato di idillio a cui entrambi giungiamo in un sospiro, sentendo i nostri corpi decomporsi verso uno stato liquido, ingovernabili dalla ragione e ansanti nel loro calore che brucia menti e gesti, fino a renderci intangibili.

<Ian ... Ian>, geme, e la sua voce mi rimbomba dentro. I suoi occhi disperati e offuscati dal piacere mi leggono all'interno, mi cercano ed io non ho più scudi. Niente ulteriori parole con cui difendermi, solo il suo nome che mente e voce pronunciano disperatamente.

<Dafne ...>

Mi alzo a sedere di scatto precipitando nella luminosa stanza di questo hotel, con il cuore che batte a mille ed il corpo teso dal desiderio.

Passo una mano sul viso tentando di regolare il mio respiro, scacciando quelle peccaminose immagini dalla mia memoria.

Non posso credere a quello che è successo, ma il mio corpo sembra mostrarmi l'inevitabile prova.

Scosto le coperte e raggiungo il bagno togliendomi i vestiti. Apro il getto d'acqua regolandolo su una temperatura fredda e prima che il coraggio venga a mancare mi presento al di sotto di quella cascata tremando al contatto. Le mie mani si posano sulle piastrelle ed il mio sguardo si perde all'interno di quel colore. Inevitabile celeste chiaro. Poggio la fronte contro di esse, sfuggendo con il viso alle gelida corrente, e chiudo gli occhi alla ricerca di un principio di logica. Ma non c'è spiegazione o ragione a tutto questo. L'inconscio gestisce l'istinti, e forse, alimentando i sogni, anche gli inevitabili, quanto inconfessabili, desideri.

Il giorno illumina il verde giardino della villa Lee ricca, rispetto all'ultima mia visita, di inservienti accorsi da una parte all'altra per gestire la tosatura dell'erba e l'accoglienza degli ospiti, ma io li ignoro, spingendo il mio corpo a percorrere una strada sfortunatamente impressa nella mia memoria.
Mi domando quante volte ancora dovrò seguire il tracciato dei miei stessi passi. Le mie orme possono risultare quasi visibili su questo pavimento, venendo calpestate nei medesimi punti, fino ad arrestarsi di fronte allo studio del grande capo che adesso accoglie la mia richiesta di accesso con una voce altisonante.

Ali di farfallaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora