22- Nuovi abiti

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P.O.V
Megan

Sono nuda nel suo letto. Avevo la sua maglietta, ma nel corso della notte è scivolata via guidata dalle sue mani, e il sole adesso è il giudizio divino che mi fa rendere conto del mio peccato, ma al contrario di Eva, io non sono affatto pentita. Coglierei quella mela un'infinità di volte se volesse dire sentirsi finalmente in pace con il proprio passato, rendendolo parte del futuro.

Eppure stanotte non ho chiuso occhio. Dovrei parlargli, vorrei farlo con la giusta calma ma ho un'inconfessabile paura di sbagliare.

Torturo le mani, rimanendo stretta tra queste lenzuola con il sole che mi trafigge il viso, straordinariamente indecisa, tra i miei desideri e il suo volere.

Dei baci mi raggiungono, sanno di peccato, sanno del suo profumo ed io chiudo gli occhi, godendomeli lungo il collo, sentendo arrivare poco dopo anche le sue braccia a stringermi da dietro, calde, forti, il giusto rifugio dove fuggire dal mondo.

<Dio, potrei davvero abituarmici sai?> gli sento dire alle mie spalle, e per un momento i pensieri vengono scacciati via, mentre mi interrogo a che cosa, nello specifico, si potrebbe abituare. Al trovarmi nuda nel suo letto, alla luce del mattino? Ad avermi con lui? O a questa bolla di passione che ci sta racchiudendo in un perfetto idillio da cui il resto del mondo è impossibile da scorgere?

<Non lo fare troppo, tra poco devo andare a lavoro> Non ribatte, si limita a stringermi più forte, ed ecco che i pensieri tornano, e come mani nere stracciano e spezzano la debole carta dei miei pensieri, esponendomi. Un tempo mi aveva detto "niente più bugie", dunque non ve ne saranno.

Mi volto verso di lui senza sforzo, me lo lascia fare, e eccoci faccia a faccia, i suoi occhi appena aperti, il suo petto nudo, i suoi capelli scompigliati dalle mie mani, e la mia indecisione, ormai fin troppo palese.

<Ho paura di quel lavoro, Caleb. Vorrei ... che tu non accettassi>

Lo vedo, non ne è sorpreso.

<Credi possa fare la sua stessa fine?>

<Il rischio c'è, e non sappiamo a cosa stesse lavorando, probabilmente i suoi nemici possono essere ancora vivi, e se sapessero di te potrebbero cercarti. Non dirmi che non ci hai pensato>

<L'ho fatto>

<E sei tanto tranquillo?> Leggo i suoi occhi, e non mi è impossibile notarle l'apprensione. A lei mi rivolgo, come in un ultimo appello. <Promettimi che ci ripenserai, prenditi più tempo ma fallo. Promettimelo, Caleb>

Con una mano sfiora leggero una ciocca di capelli, fissandomi in viso.

<Va bene, Megan>, torna a parlare, dopo quella che è parsa un'eternità. <Te lo prometto>

Rimango con gli occhi incatenati ai suoi, esitante nel credere a quella risposta, ma lui mi culla e mi rassicura, ed io mi godo questi ultimi istanti, prima della realtà.

P.O.V.
Ian

Non c'è riposo. Non per l'agitazione che regna. Non per i nostri ritardi. Non per Half, che detta legge come se fosse lui il capitano a capo di tutto e tutti. Da ore non la smette di criticare ogni cosa del lavoro, e ormai sta diventando insopportabile. Come me, i muratori al mio fianco sono esausti, saturi di parole e di rimproveri, di questo sole che ci brucia la schiena, ma al contrario mio non sentono l'esigenza di protestare. Siamo ben oltre l'orario di lavoro, la pausa è passata da un pezzo, tanto da costringere quasi il pieno pomeriggio a prendere il posto della mattinata, e ormai sono arreso all'evidenza e ai ritmi imposti, quando viene annunciata la pausa pranzo. Non ci vuole molto prima che il cantiere si liberi e io torni a respirare, tra le polveri si, ma immerso nel silenzio.

Ali di farfallaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora