68- Déjà vu

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"Nulla è in regalo, tutto è in prestito.
Sono indebitata fino al collo.
Sarò costretta a pagare per me
con me stessa,
a rendere la vita in cambio della vita.
E' cosi che stanno le cose,
il cuore va reso
e il fegato va reso
e ogni singolo dito.
E' troppo tardi per impugnare il contratto.
Quanto devo
mi sarà tolto con la pelle.
Me ne vado per il mondo
tra una folla di altri debitori.
Su alcuni grava l'obbligo
di pagare le ali.
Altri dovranno, per amore o per forza,
rendere conto delle foglie.
Nella colonna dare
ogni tessuto che è in noi.
Non un ciglio, non un peduncolo
da conservare per sempre.
L'inventario è preciso
e a quanto pare
ci toccherà restare con niente.
Non riesco a ricordare
dove, quando e perché
ho permesso di aprirmi
quel conto.
Chiamiamo anima
la protesta contro di esso.
E questa è l'unica cosa
che non c'è nell'inventario."

Wislawa Szymborska

P.O.V.
Nicolas

I vestiti fanno la loro differenza, ma l'anima contenuta all'interno dell'iride rivela la vera natura notturna di queste maliziose ragazze mentre mi passano a fianco tentando di catturarmi nella loro trappola, posta su di un percorso che nemmeno imbocco perché non mi interessa.
Sto aspettando da ore per un semplice motivo e adesso preoccupazione e rabbia hanno ben capito dove raggiungermi, facendomi precipitare in uno stato di cupo abbandono.

A braccia conserte sono divenuto parte della collezione di finti mezzi busti, alleggeriti dalla plastica, che fanno da sentinelle a questo corridoio scarsamente illuminato, se non fosse per la luce esterna del sole del primo mattino, e degradante come lo stato in cui queste ragazze sono costrette a vivere.

Miss Polly, la grassa donna cinquantenne posta al servizio di reception, aveva avuto pietà del mio ardore e mi aveva concesso di accedere a questo piano interamente riservato alla loro privacy, ma di quel sentimento che mi aveva smosso ora non rimangono che piccoli chicchi, agitati da un febbrile terremoto non appena noto, attraverso il vetro della finestra a cui sono appoggiato, una macchina accostare nei pressi dell'entrata.
L'intuizione deve aver stretto accordi con la paura poiché vedo i miei pensieri farsi reali tangenze non appena Lorelan scende dal sedile del passeggiero con un sorriso in volto e con indosso un vestito lievemente stropicciato.

Il cuore batte come un matto e non vuole sentirne di portarmi al riparo dalla pazzia per tutto il tempo che lei impiega a prendere l'ascensore e raggiungermi a questo semplice livello di dormitorio dove non servono più le maschere e i sorrisi finti, i centimetri di pelle scoperta e i discorsi studiati a tavolino, ma solo semplice e consumata esperienza di vita in grado di tenerti in piedi il tempo sufficiente a nasconderti nella tua stanza, lontano da tutti, anche se stanotte non riuscirà ad evitare me.

Tento di riacquisire il giusto tono di voce poco prima di sentire il campanello dell'ascensore annunciare il suo arrivo, e prima che la sua slanciata figura torni a far parte dell'inquadratura dei miei occhi, ribaltandomi il cuore.
Brutta reazione, dovrei tenerlo più sotto controllo ma per farlo sono costretto a intrappolarlo con le parole, stringendolo a me, prima di vedergli buttare via la tensione accumulata dal sovrastarsi delle ore.

Dolcemente la vedo sorridere ad alcune delle ragazze corse in fila per il bagno, e quindi per l'inevitabile giornata di lavoro, prima di estendere il suo raggio visivo ed arrivare fino a me, con le spalle al muro e ancora i palmi stretti in un pugno mascherato dall'intrecciatura delle braccia, uno sguardo fisso e un viso spento di chi non ha perso il suo rientro alle prime ore del mattino.

Ali di farfallaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora