83- Antagonisti infelici

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P.O.V.
Caleb

Tra le mie braccia è rimasto il corpo freddo e immobile di Damien, mentre il grigio velo calato sul mondo fa da sudario alla sua anima stanca.
I miei occhi lo accarezzano proprio come tenta di fare questa veste, ricollegando i momenti trascorsi insieme a quel passato che tanto era sembrato inaccessibile.

Le giornate trascorse a lanciare sassi e a ridere si contrappongono alle serate arricchite da partite di basket e scambi veloci di opinioni, quei momenti che riuscivano a tenere saldo il nostro legame, creando un anfratto nel tempo.

Damien era mio zio, e Richard Lee ... Richard è mio padre. L'uomo che mi ha sparato e che ha creato così tanti problemi alla nostra città è lo stesso che da piccolo mi faceva l'occhiolino dietro pagine di giornale, e a cui io volevo bene, più di ogni altro.
E' mio padre ... e capisco quanto possa essere solo nostra la colpa, quanto, ancora una volta, il nostro sangue ricopra il ruolo di antagonista in questa patetica fiaba, allontanandoci per sempre dagli ideali patriottici di una salvezza iconica, in grado di espiarci.

Siamo i nemici, vestiamo le nostre e le altrui colpe come maglie di ferro tanto pesanti da non lasciarsi sollevare, al punto tale da condannare alla morte chiunque tenti di liberarsi, concedendo agli altri il ridicolo ruolo di osservatori di una tale fine, prematura e idiota, patetica nella frattura di una salvezza.

E' tutta colpa nostra, lo capisco, lo comprendo ma lo confermo solo quando gli occhi di mia madre ci raggiungono sopra questo sentiero di massi, rivelandosi piene di lacrime e dolore. La sua mano si tende ad accarezzare il viso di Damien in un contatto colmo di un amore che non avevo appreso ma che si dimostra essere, da questa scena, incredibilmente vero e pieno di certezze, le stesse che io non ho avuto mai.

<Sapevo che sarebbe finita così ... gli avevo detto di andarsene, più di una volta>, sussurra, chinando il capo e lasciando cadere una di quelle lacrime proprio sopra la camicia di mio zio, creando così una pozzanghera più scura in quel celeste chiaro, macchiato di sangue. Quando solleva nuovamente il volto è diretta ai miei occhi, affinché stavolta la ascolti.

<Devo raccontarti la verità su tuo padre Caleb, e adesso devi ascoltarmi>

Inchiodato nei suoi occhi accolgo quella supplica mentre il mio corpo è immobile, incapace di reagire, e la mente tenta di ripararsi dietro uno scudo, sfortunatamente già scheggiato da questa morte che lo ha scalfito.

P.O.V.
Ian

Corro veloce tra la schiera di persone radunate in fermento dinanzi all'entrata così da riuscire a distinguere Carlail in questa folla, ma l'agitazione generale del corpo di polizia crea un divertito fermento fatto di applausi e allegria, pronti a crescere di tono non appena Monty supera l'ingresso della centrale scortato da due guardie.

A capo chinato si rassegna a questa fantastica accoglienza alla quale non mi unisco, essendo venuto in questo posto per un preciso scopo, ma che ad ogni modo non mi perdo, soffermandomi con lo sguardo su di lui e sull'ordine impartito dalle guardie.

<Prego, posi l'indice su questo apparecchio per lo schedario>, ordina una di loro mentre un'altra, da dietro la scrivania, porge a Monty il necessario per la registrazione.

<Monty Fernard>, commenta quest'ultima in un sorriso, incastrandosi con lo sguardo nell'arcigna espressione del prigioniero. <Bentornato nel South Side, pezzo di merda. Stavolta non te ne andrai via tanto facilmente>

Dall'alto della sua freddezza Monty non replica, lasciandosi trascinare dalla guardia alle sue spalle fino allo sfondo per le foto di segnaletica.

Proprio in questo momento riesco a distinguere Carlail dal resto, e a lui vado incontro, cadendo dentro la trappola visiva di Monty, non appena percorro in diagonale la stanza. Rimaniamo fermi a fissarci, consapevoli adesso l'uno dell'altro, prima che io raggiunga il capo della polizia e a lui mi rivolga, sottovoce e in confidenza.

Ali di farfallaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora