Sprazzi di vivacità

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"Mucca." Daenerys pronunciò la parola lentamente, con calma, dando così a Rhaella il tempo di capirla. Fece tamburellare il dito sulla pergamena, lì dove la grossa bestia bianca e nera stava brucando tranquilla nel suo riquadro miniato.

Le labbra di Rhaella si contorsero nel difficile compito di ripetere quel nuovo e sconosciuto vocabolo. Le sue minuscole dita seguirono gli intrecci d'inchiostro  sottostanti al colorato quadrato, scalarono le montagne della M e si bagnarono nella ciotola della U, per poi scivolare sulle gobbe delle C e inarpicarsi sulla vetta della A.

"Muca."

Dany sorrise e si chinò in avanti a baciare il capo della figlioletta. Rhaella le stava comodamente seduta in grembo e davanti a loro il libro delle lettere stava mostrando tutto il suo sapere. Rhaella stava imparando a leggere.

"Mucca." Ripetè Dany con maggior lentezza, mettendo in risalto la doppia C. "Mucca. Questo animale qui."

Si chinò indietro, facendo affondare la schiena nello schienale della poltrona. Rhaella la seguì e poco dopo la sua testolina riccioluta stava sfregando teneramente il suo seno. Ma i suoi occhi erano rimasti concentrati su quel misterioso mondo di parole, attenti, indagatori.

La nursery odorava di latte, lavanda e di legno. Lo stesso legno che ora se ne stava adagiato nel camino, ciocchi freschi, appena tagliati da un olmo. Denti marroni di una bocca di pietra in attesa di consumare il loro pasto quella sera.

I muri color pesca sembravano aumentare la luminosità di quelle stanze. Le lunghe tende di lino ondeggiavano alla brezza pomeridiana, lasciando entrare spiragli di luce forte, a tratti quasi accecante, un rasoio che tagliava i morbidi tappeti e il pavimento di pietra, che portava con sé messaggi e voci della vita al di fuori.

La polvere danzava in quella ferita luminosa. I suoi granelli si muovevano pigri al sole come tanti spiritelli e le loro microscopiche ombre si riflettevano sul suolo. Ma se una mano si allungava a interrompere quel ballo, allora quello non era più un ballo ma una tormenta e i granelli vorticavano su sé stessi in un girotondo infinito, in una corona di polvere, luce ed ombra.

Aemon stava facendo proprio questo. Con le sue manine svolazzanti nell'aria stava portando scompiglio in quell'etereo e polveroso mondo. Rideva mentre lo faceva e i suoi occhi grigi scintillavano di birbanteria.

Hanno lo stesso colore della ghiaia nel cortile. Pensò Dany. O delle pellicce di foca appena lavorate. E come le pelliccie di foca potevano essere sia ruvide che morbide al tatto, così gli occhi di Aemon trasmettevano un senso di gioia unito a una malinconia sotterranea, proprio come gli occhi della maggior parte degli Stark, proprio come gli occhi di suo padre.

A proposito di suo padre... dov'è era finito Jon Snow?

Spostandolo dall'ingiallita pergamena, Dany fece navigare il proprio sguardo per la stanza alla ricerca del suo amato consorte. E quando i suoi uccellini di ametista lo trovarono e si appollaiarono su di lui, un caldo sorriso le sciolse il volto.

Sdraiato sul gradino di una finestra, la schiena poggiata contro il muro, Jon sonnecchiava nell'afa pomeridiana. La sua testa era china in avanti e Dany poteva notare che dalla sua bocca usciva un sottile filo di bava che la luce del sole stava rendendo di diamante.

Era stata una giornata stancante per entrambi, lo sapeva. Quella mattina al Concilio Ristretto erano state discusse e approvate due nuove norme: la prima trattava di una rete di bagni pubblici e gratuiti obbligatori in ogni grande città, per garantire maggiore igiene al popolo, mentre la seconda dell'obbligo dell'istruzione. Da allora in avanti in ogni centro abitato, anche il più piccolo e sperduto villaggio, un maestro avrebbe garantito almeno le basi, come leggere, scrivere e far di conto.

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