Puledrino

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Fu una fitta, un lampo, una lancia invisibile nel ventre. Il respiro di Daenerys si mozzò e lei si vide costretta a piegarsi in due, nel vano tentativo di contenere il dolore. Jaehaerys. Ecco, il momento era infine giunto, nove lune precise e suo figlio si stava degnando finalmente di venire al mondo. D'improvviso, il caldo parve stringerla in una morsa letale, contornata da torrenti di sudore. Dany boccheggiò e serrò il polso di Jon con così tanta forza da bloccargli di sicuro il circolo sanguigno.

"Il bambino." Mormorò.

Non ci fu bisogno di aggiungere altro. Celere come un cervo braccato dai cacciatori, Jon la sollevò da terra, stringendola fra le sue braccia, e scattò verso i loro alloggi chiamando a squarciagola le levatrici e i maestri. Cullata dal suo andamento, Dany cercò di ritornare alla calma. Non era il suo primo parto, sapeva cosa avrebbe fronteggiato e non ne era affatto intimorita. Dopotutto, il campo di battaglia delle donne era il letto e lei era una guerriera. Sarebbe uscita vincitrice anche questa volta e con nelle sue mani il premio più ambito.

Con la coda dell'occhio vide il pranzo scomparire in lontananza. Ora che Jae sarebbe nato, il suo contenuto si sarebbe già raffreddato da tempo.








Aveva già esperienza nel campo puerperale, questo bisognava ammetterlo, ma il travaglio era sempre un assaggio dei Sette Inferi, la più grande sofferenza inflitta dagli Dei al gentil sesso insieme al flusso di luna. A differenza delle altre volte, questo travaglio si dimostrò più lungo. Per un pomeriggio e una notte intera, aghi invisibili si conficcarono nel ventre di Dany, facendola urlare, sudare, imprecare, chiamare disperatamente Jon ogni cinque minuti e invocare qualsiasi divinità esistente affinché ponesse fine a quello strazio. L'ultima volta il neonato - o meglio i neonati - erano sgusciati fuori con fagioli dal baccello, perché il loro fratellino non poteva fare altrettanto?

I maestri e le levatrici le svolazzarono attorno con un nugolo di falene attratte dalla luce di una lanterna. I primi le somministrarono qualche goccia di latte di papavero per rendere più sopportabile la situazione, le seconde invece si limitarono a preparare l'occorrente per accogliere il nascituro: fasce e panni puliti, una bacinella di bronzo, un'anfora che avrebbe lavato Jaehaerys insieme a del vino puro e un coltello per tagliare il cordone ombelicale. Ogni tanto una di loro le tamponava la fronte, il viso e le ascelle con un panno imbevuto di acqua di rose, ma recava ben poco sollievo dato che una cascata di sudore tornava ad inondarla alla contrazione seguente.

Durante ogni attimo di quell'attesa interminabile e assai frustante, Jon rimase sempre al suo fianco, stringendole la mano, sussurrandole parole di conforto e rischiando quasi di creare un buco nel pavimento per ogni suo continuo girovagare ansiosamente in tondo. Sembrava quasi che Jae volesse farla disperare anche nel suo momento più importante, come una sorta di ultimo scherzo prima della sua entrata in scena. Il suo piccolo khalakka si stava dimostrando fin da ora un monello, un birichino. Chissà cosa avrebbe architetto in seguito...

Poi eccola. Una saetta di dolore le fulminò il grembo e qualcosa dentro di lei si lacerò, si contorse, fece una girovolta. Jaehaerys era pronto per inerpicarsi lungo il condotto uterino. Era l'alba. Uno squarcio luminoso era stato inflitto alle nubi grigie della notte, una ferita grondante oro che preannunciava un giorno sereno. Non per lei. Come ebbe strillato per la fitta, Gilly le si accostò. Dany aveva insistito per avere nella schiera di levatrici anche Myanna, Kily e Juti, benché ne sapessero ben poco di parti. Averle accanto insieme a Jon la confortava e cogliere il tintinnio nelle trecce del suo sposo e intravedere la pelle bronzea delle due ragazze del popolo delle pianure erbose le ricordava la sua missione. Lei stava per dare alla luce lo Stallone che Monta il Mondo, il Khal di tutti i Khal, il profetizzato.

Il pensiero degli altri suoi figli le balenò nella mente. Molto probabilmente in quel momento Rhaella stava asfissiando di domande le guardie poste fuori dalla stanza ed Aemon ripetendo ai gemelli di essere molto gentili e cortesi con il nuovo arrivato.

"Dovete spingere Maestà." Il tono imperioso di Gilly non ammetteva repliche. La camera da parto era il suo reame e lei ne gestiva ogni singolo dettaglio. Avendole dato una mano nei parti di tutti i suoi bambini, Dany si fidava di lei. "Spingete con tutta la forza che avete in corpo, il bimbo sta arrivando."

Dopo aver trascorso un pomeriggio e una notte in preda ai dolori più lancinanti, ben poca forza restava nelle membra di Daenerys Targaryen. Ciononostante, lei si sforzò di ubbidire. Artigliando il braccio del suo consorte, iniziò a spingere pur di aiutare quella creaturina ad affrontare quel tragitto verso un mondo nuovo. Fu certa di aver segnato la pelle di Jon con un bel bracciale rosso. Digrignò i denti e morse un panno che Jon le aveva portato per far fronte al dolore.

"Spingete mia signora!"

"Spingi amore mio, fa' nascere nostro figlio!"

Prova a prendere il mio posto e vediamo se poi la fai così facile. Jon stava facendo di tutto pur di arrecarle conforto, ma le fitte sormontavano i pensieri razionali. Doveva concentrarsi sul bambino, solo su Jae. Percepiva il suo corpicino avvicinarsi sempre di più all'uscita. Intorno al suo letto, sagome danzavano impazzite e con il respiro sospeso, bloccate nel desiderio di veder sbucare una testolina da un momento all'altro.

"Spingete! Vedo la testa! Spingete!"

Un'ultima spinta e Dany si accasciò contro la marea di cuscini alle sue spalle, esausta e sfinita. Un pianto si inoltrò nella selva del silenzio. Il pianto di un neonato. Con esso tutto si rianimarono e ben presto un impazzito viavai ebbe inizio. Dany chiuse gli occhi, assaporando il meritato riposo. Un paio di labbra ruvide si posarono delicatamente sulla sua guancia, agghindandola con delle lacrime. La voce di Jon si fece strada fra le tenebre e il velo calante del sonno.

"Sono fiero di te amore mio. Il nostro piccolo khalakka è qui."







Fu un sonno breve e ristoratore, accorciato ulteriormente dalla voglia di conoscere Jaehaerys. Il piccolo era stato lavato, asciugato e avvolto in un panno di candido cotone. Quando Ginny lo pose fra le sue braccia, la gola di Dany stava già lottando contro il pianto.

Era perfetto. Meraviglioso. Unico. Leggero come una piuma e rosso come un peperone, Jaehaerys sonnecchiava lieto. Un lieve broncio gli increspava le labbra carnose, aumentando la somiglianza fra lui e il suo papà. Un ciuffo di pece gli copriva la testolina rosea e delle mezzalune perlacee aveva per unghie. Dany lo strinse a sé, inspirando il suo profumo. Era ancora pregno del suo profumo e del calore del suo grembo. Percependo il movimento, Jae sollevò le palpebre e allora Dany diede deliberatamente il via a un pianto di gioia. Era come nei suoi sogni, esattamente identico. Le sue iridi erano della medesima sfumatura della nebbia, morbidi e profondi. Proprio come quelli di Jon. Quando lei glielo passò, il pianto si trasformò in riso alla vista dell'attenzione con cui Jon accolse il figlioletto. Per lui era come fosse fatto di vetro.

"Le levatrici hanno detto che a loro sembra un po' gracile, ma io ho riso in faccia alle loro ipotesi. Questo giovanotto è robusto e forte: guarda quanto pesa!"

Non il mio figlio più in carne, ma si è aggiudicato un posto nella lista. "Credi che i suoi fratelloni saranno felici di fare la sua conoscenza?"

Quanto le piacevano i sorrisi sghembi di Jon Snow. "Certamente, ma godiamoci questo momento."

Benvenuto Jaehaerys.

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