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Ciò che risultò dalla Grande Mischia il giorno successivo, mentre gli stomaci di tutti concludevano l'impresa di digerire il lauto banchetto a base di anatra arrostita, vino dolce dell'estate e altre gustose pietanze della sera precedente, furono un polso slogato, tre gambe rotte, due uomini con un occhio nero e cinque setti nasali distrutti. Senza escludere naturalmente i lividi, i graffi e i lievi tagli che non avevano risparmiato nessuno, nemmeno Jon nella sua armatura appena uscita come nuova dalla fucina. Ne uscì vincitore un ragazzo di Pentos, il figlio o nipote di qualche facoltoso magistro. A Dany non importò nulla del vincitore, si congratulò con lui e poi corse imperterrita verso la tenda imperiale a tamponare la ferita sul braccio di Jon nonostante le proteste di lui su come "fosse soltanto un graffio."

E lo era difatti. Un superficiale e per niente preoccupante taglio rosso che divideva in due il bicipite del suo amato, ma l'ansia corrose comunque le viscere di Dany. Lei amava le cicatrici che si diramavano sul torace di Jon, adorava percorrerle con il dito e baciarle la sera durante l'atto affinché lui scordasse tutto il dolore che esse raccontavano ma allo stesso tempo non dimenticasse la forza stoica che aveva dimostrato quando quei fiori scarlatti erano fioriti sulla sua pelle. Per lei attraverso quell'alfabeto di carne si leggeva la storia di un eroe, del suo eroe. Eppure, ogni qualvolta Jon si feriva, si macchiava di un livido o gemeva per qualche dolore, la preoccupazione diventava una compagna costante di Daenerys, abbandonandola solo quando il pericolo era passato. Si sentiva come una chioccia in quei momenti, pronta a tutto per difendere i suoi pulcini. Forse era quell'istinto materno radicato da sempre in lei, quello stesso istinto che l'aveva legata per sempre al epiteto di Mhysa.

Dopo un pranzo privato fra i due sovrani, contornato dagli sguardi ansiosi di Dany al braccio di Jon e dalle risate di lui per il suo comportamento fin troppo materno, il pomeriggio vide gli arcieri più provetti dell'Impero cimentarsi in una gara in cui Jon diede sfoggio delle proprie abilità. Nonostante le bende che avvolgevano il suo braccio destro, riuscì a centrare per ben tre volte il bersaglio. Ma ciò non fu sufficiente a farlo salire sul podio. Alla gara di tiro con l'arco trionfò un ragazzino nobile delle Terre dell'Ovest con i capelli color paglia, un certo Andry. Jon comunque risultava signore incontrastato della giostra ed era universalmente riconosciuto come il miglior spadaccino dell'Impero, nessuno osava mai mettere in dubbio le sue doti con la spada. Disse a Dany che l'essere riuscito a incoronare Alysanne come regina d'amore e di bellezza e aver dato una lezione a quei rampolli dal culo laccato d'oro lo soddisfava infinitamente e che nessun premio in conio avrebbe mai potuto donargli una tale soddisfazione.

La mattina successiva fu il turno di una battuta di caccia nel Bosco del Re organizzata dalla Casa Imperiale. Un torrente di vessilli sgargianti, di armature luccicanti, di archi, faretre, frecce, asce, lance, spade, di corni e falconi dipartì dalla Fortezza Rossa con il levarsi del sole. Dato ormai che lo stato inoltrato della gravidanza, Dany ritenne più prudente rimanere al castello con i bambini e le consorti dei signori che avevano seguito Jon verso la foresta e perciò non si stupì affatto quando, al suo destarsi, trovò il lato di Jon vuoto, ancora pressato dal suo corpo e ormai freddo ma decorato con una rosa rossa e un biglietto recante scritte frasi d'amore. Passò il resto della giornata a tenere le briglie di un vero e proprio gineceo, dilettandosi in giochi, chiacchiere, pasti o sedute di cucito con le sue numerose ospiti. Si stupì invece quando l'imperatore suo marito tornò all'imbrunire con ben dieci pernici penzolanti dai fianchi dei destrieri del suo corteo e la carcassa di un cinghiale su un carro. Con i bimbi gli corse incontro nel cortile interno e lo strinse in un abbraccio soffocante.

In quei giorni era davvero un Imperatore: coraggioso, spavaldo, sicuro di sé, umile, compassionevole ma allo stesso tempo autorevole e fermo nelle proprie decisioni. E la cosa migliore era che apparteneva tutto interamente a lei.








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