Le antiche pietre dei draghi

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"Io sono?"

"Nyke."

"Tu sei?"

"Ao issi." 

"E come si dice... drago?"

Jon sembrò pensarci un attimo. Abbandonò la testa all'indietro, facendola sprofondare nei morbidi cuscini di piume, e mordendosi il labbro fece navigare i suoi occhi grigi per la stanza, come se si aspettasse di trovare lì una risposta.

"Inizia per z." Gli suggerì Daenerys, e così dicendo cercò di non far vedere a Jon le pagine del libro di Alto Valyriano che aveva deposto in grembo. Lo attirò a sé, rendendogli così visibile solo la copertina in pelle. 

"Ehm... drago..." Lui ci stava pensando ancora. "Ti giuro che la so Dany! Ce l'ho sulla punta della lingua..."

"Za?"  Dany tentò di aiutarlo.

"Za... Za... Ecco! Zaldrīzes! Zaldrīzes buzdari iksos daor, un drago non è uno schiavo."

Le iridi grigie di Jon si erano illuminate non appena aveva ricordato la parola, illuminate come quando il sole penetra le nubi reduci dalla pioggia subito dopo un temporale. Vedere quella lieve traccia di colore nel bel mezzo del suo viso pallido riempì Dany di felicità.

"Bravissimo! Vedo che l'Alto Valyriano comincia a piacerti eh?"

Jon rise leggermente. "Con un'insegnante come te! Certo che cominci a piacermi!"

Era stata Dany a consigliarli di imparare l'antica lingua di Valyria e dopo l'accettazione di Jon, lei si era subito prestata come sua insegnante. Nei lunghi pomeriggi che seguivano alle gite sulla spiaggia, una volta che i bambini erano stati messi a fare il loro riposino pomeridiano, le parole del millenario popolo dei draghi tornavano a rimbombare fra quelle mura che da esso erano state costruite, ridando come una sorta di nuova vita ai quei solitari, maestosi e corrosi dal sale, draghi di pietra.

La maggior parte delle volte se ne stavano difronte alle finestre ad arco della loro stanza, in modo che la brezza fresca del mare arrivasse direttamente a Jon. Lui restava adagiato su una poltrona con una coperta sulle gambe e una marea di cuscini a sorreggergli la schiena. Dany invece optava per una semplice sedia.

Poi, una volta preso il vecchio tomo, dalle loro labbra uscivano parole dimenticate, ultimi residui di un popolo scomparso così tanto amante del fuoco che per ironia della sorte era stato distrutto dall'acqua.

Le loro lingue schioccavano agli accenti e danzavano sulle apostrofi, mentre provavano a pronunciare frasi a volte dal suono esotico e leggero, altre volte dal suono gutturale e freddo. Jon incespicava ancora un po' sul famoso "iksos"  e questo faceva sorridere Dany.

"Ti ringrazio per i complimenti. Kirimvose."

Jon si girò dall'altro lato e, sporgendosi un poco oltre il bordo della poltrona, afferrò una succosa pesca matura dal cestino della frutta che era stato posato sul tavolino poco distante.

I suoi denti affondarono nella polpa come un lupo li affondava nella carne della preda catturata, solo che a differenza della bestia lui non ne uscì poco dopo con un muso grondante di sangue, ma con un appiccoso succo sul mento che gli sporcava le labbra e la barba.

Fu Dany a pulirlo. "Vedo che ti è ritornato l'appetito."

Masticando il morbido pezzo di pesca, Jon annuì.

Dany era felice di ciò e nei giorni precedenti aveva potuto constatare che era vero: Jon aveva ripreso a mangiare con gusto, non facendo più i capricci ogni volta che un piatto di minestra gli veniva posto dinanzi.

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