Parole di fuoco, di sangue e d'amore

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Nonostante la giornata volgesse ormai al termine sembrava che i mercati di Vaes Dothrak non conoscessero riposo. Visitatori di ogni dove andavano e venivano in groppa a bestie esotiche come cammelli e cavalli a strisce, lingue sconosciute si fondevano in un'unica grande cacofonia mentre mercanti mostravano i loro prodotti. Spezie, tessuti pregiati, oli, refrigeranti bevande, armi di ottima fattura e molto altro venivano esposti sulle bancarelle. Animali come scimmiette e pappagalli saltavano e volavano nei bazar, appollaiandosi ogni tanto sui tetti di frasche e sui muretti a secco. All'ombra della Madre delle Montagne si estendeva un dedalo di capanne di mattoni sepolte nel terreno polveroso come grotte di colore rosso e bianco, di tende cucite con pelle di uro, di mucca e di cavallo, di minuscole piramidi a gradoni erette da schiavi provenienti dalla Baia degli Schiavisti nel mero tentativo di imitare quelle della loro casa natia e di piccoli palazzetti di tronchi d'albero.

Mano nella mano, Jon e Daenerys percorsero queste affollate vie, fermandosi ogni tanto ad ammirare quella stravagante vastità di colori, suoni e odori. Con un disco della sua cintura, proprio come era uso fra i dothraki, Jon comprò a Dany una collana d'ambra e, paradossalmente, il mercante successivo che incontrarono sul loro cammino offrì loro gratuitamente i suoi liquori. Dany acquistò per sé una serie di ampolle di profumo. Limone, gelsomino e zagara, ecco cosa deliziava i suoi sensi non appena stappava, chiudeva gli occhi e inspirava. Lei e Jon ebbero anche l'occasione di fermarsi ad assaggiare dei bastoncini al miele.

"Da bambina ne ero ghiotta." Confessò al suo sposo fra un morso e l'altro. "Non appena io e Viserys riuscivamo a racimolare qualche spicciolo, correvo subito a comprane una buona quantità. Cercavo di mangiarli di nascosto da Viserys, perché sapevo che la sua rabbia per aver prosciugato i nostri fondi in dolci zuccherati sarebbe stata incontenibile. Ma a discapito di lui e di tutto adoravo il bazar, adoravo giocarvici con gli altri bambini e lì mi sentivo... sì ecco mi sentivo a mio agio, normale. Nessun fratello maggiore, nessun fardello ereditario, nessun titolo altisonante poteva raggiungermi. Lì, in mezzo a quella polvere, a quel fango, a quella bizzarra mescolanza di uomini e di cose, mi sentivo libera."

Ricordava ancora i suoi compagni di giochi: bambini dalla pelle scurita dal sole, figli di schiavi, di mendicanti oppure dei mendicanti a loro volta. Spesso vestivano di stracci e di sandali con le suole che subito si staccavano ma la maggior parte delle volte erano nudi come il giorno in cui erano venuti al mondo. Alcuni di loro erano già ragazzi maturi, garzoni di qualche bottega, figli di mercanti o servitori già marchiati. Con loro Dany giocava a palla, a mosca cieca e nascondino, si rincorreva fra i vicoli di Myr e di Lys e scopriva luoghi segreti, come la tana di una vipera, il nido di un tordo e le rovine di un tempietto del Dio Rosso abbandonato e schiacciato fra due edifici.

Ma, come tutti i sogni belli, anche quello doveva andare in frantumi e colui che veniva a distruggerlo, a strapparla amaramente da quella breve parentesi di felicità era niente meno che Viserys Targaryen. Furioso dopo giornate di vane promesse di potenti e di meschine risate, suo fratello veniva a prenderle, la trascinava per un braccio e la riportava a casa. O a quella villa del rinomato anfitrione di turno che Dany, come ogni vota del resto, si sforzava di chiamare casa. E, una volta scesa nella tana, Dany sapeva di aver risvegliato il Drago. Viserys le faceva male, le affondava le dita nella carne fino a lasciarle segni rossi e, gridando, le ripeteva in continuazione che lei non era una pezzente, ma la progenie del Drago. E il Drago non si mischiava a esseri inferiori che vivevano di polvere e di frustate.

A dire quelle stesse parole era stata una lucertola che si travestiva da Drago, il Re del nulla che voleva disperatamente la sua corona. E l'aveva ottenuta proprio lì, in quella città di divinità trafugate e di cavalli venerati, sulla stessa terra che ora i piedi di Dany stavano calpestando.

"Nel Nord questo è un lusso raro mia splendente regina." Jon era già giunto al secondo bastoncino. "Certo, il miele abbonda nelle cavità degli alberi, ma esso rientra principalmente nei pasti di un orso e pochi osano mettersi contro un enorme e peloso orso affamato di miele. Un suo morso può staccare di netto il braccio a un uomo."

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