Verso Oriente

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La folla li circondava, li stringeva in un abbraccio colorato e rumoroso. Volevano toccarli, parlare con loro, sfiorare almeno un lembo delle loro vesti. Grida di giubilo e benedizioni verso i Targaryen si alzavano al cielo e riempivano la piazza. Jon osservò gli occhi delle persone. Erano ricolmi di venerazione verso lui e Daenerys e di un profondo e per nulla nascosto rispetto.

Come lui e la sua sposa procedettero, gli abitanti di Approdo del Re si scostarono in un unico fruscio di vesti e di mormorii. Dietro la coppia reale e i loro figli venivano, scintillanti nelle loro armatura, i cavalieri della Guardia Cittadina, le Cappe Dorate. I loro mantelli d'oro ondeggiavano ad ogni movimento come un raggio di sole riflesso sulla superficie instabile di un laghetto dove si era appena gettato un sasso. Quel giorno, al posto dei membri della Guardia Reale, il Re e la Regina avevano optato per le loro controparti cittadine.

Rhaella camminava mano nella mano con Dany, un sorriso felice sul visetto pulito e la manina salutante i sudditi. Aemon invece se ne stava aggrappato al collo di Jon. Il Principino di Primavera gettava sguardi incuriositi a quella folta schiera di sconosciuti che gli mandavano baci e complimenti e lui, ogni tanto, rispondeva loro con uno smagliante il sorriso.

Il sorriso di Daenerys. Pensò Jon. Tutti i miei figli hanno il meraviglioso sorriso di mia moglie. Anche i piccoli Alysanne e Daeron, rimasti al sicuro nella Fortezza Rossa per ovvi motivi di età e ancora privi di denti, piegavano le labbra alla stessa maniera di Dany, una maniera così adorabile e indimenticabile. Jon accarezzò la testolina argentea del figlio e lasciò che lui si accomodasse nella stretta delle sue braccia. Quel giorno, nel suo minuscolo farsetto rosso, Aemon sfoggiava il suo retaggio Targaryen. Rhaella aveva invece optato per un abitino color acquamarina in perfetta sintonia con la madre.

"Buongiorno piccolina, come ti chiami?" Dany si soffermò a discutere con una bambina. Era piccola, sei anni al massimo, e la sua chioma fulva le conferiva un'aria tremendamente innocente. A giudicare dai suoi abiti logori proveniva da Fondo delle Pulci. Quando la bimba rivelò il suo nome, ovvero Cindy, Dany le domandò se potesse intrecciare i suoi bei capelli e Cindy rispose di sì.

Jon sorrise a quella vista. Era davanti a persone del genere, le più umili e semplici, che tutta la bontà del cuore della sua regina veniva alla luce. Una bontà pura e meravigliosa, unica nel suo genere.

Le Cappe Dorate li accerchiarono protettive e fu allora, stretto nel guanto di anelli di ferro di uno di quei cavalieri, che Jon lo vide: un pugnale. La sua lama brillò al sole e la mano che lo stringeva si alzò verso la voltata Daenerys, pronto per abbattersi su di lei ed infliggerle il suo bacio di freddo acciaio. Un fremito di paura scosse il corpo di Jon e allora, affidando prontamente Aemon nelle mani di un popolano, lui corse a perdifiato verso la sua sposa.

Si frappose fra lei e la Cappa Dorata, se davvero quell'uomo lo era, e bloccò la discesa del pugnale con la mano. La mano del nemico era sudata. Alle sue spalle sentì il grido di Dany e il pianto spaventato di Rhaella, unito a quello di Aemon poco più in là. Tutt'intorno a loro il popolino si era messo a urlare e ad allontanarsi, non riuscendo però a staccare gli occhi dalla scena. La stretta di Jon attorno al pugno dell'avversario si fece più forte: non gli avrebbe mai permesso di fare del male alla sua Dany o ai suoi bambini, mai!

"Lasciami uccidere la puttana pazza..." Sussurrò la falsa Cappa Dorata a denti stretti e con un pizzico di Alto Valyriano nella voce. Non era di Westeros evidentemente. "Lasciamelo fare!"

"MAI!" La mano ricadde un poco in avanti e il pugnale venne a diretto contatto con il petto di Jon. La lama squarciò il tessuto della sua giacca e si avvicinò spaventosamente al cuore. I ricordi di quella notte, di quella maledetta notte al Castello Nero, così simile eppure così diversa a quel giorno polveroso, colpirono Jon come proiettili invisibili. Ma non dovevano lasciarsi soggiogare da essi. Non ora. Ora doveva salvare Dany e i bambini.

La lama accarezzò la sua pelle e ne cavò un sottilissimo filo di sangue. Jon non urlò, cercò solo di distoglierlo più velocemente che potè dal suo cuore battente. E ci riuscì. Un calcio sul petto e il nemico ricadde all'indietro, andando a distruggere una bancarella di frutta. Mele, pere e albicocche macchiarono l'armatura e Jon colse l'occasione per sguainare Lungo Artiglio puntarla al collo dell'uomo. E non fu il solo a tirare fuori un'arma, perché immediatamente Daenerys Targaryen si mise al suo fianco con una spada forse afferrata d'impeto da una delle Cappe Dorate.

Incurante del ruscelletto di sangue che gli scorreva lungo il torace e gli macchiava i vestiti, Jon Snow si godette lo spettacolo del Pomo d'Adamo facente su e giù lungo la gola dell'avversario. Le lame delle spade dei due Draghi sfioravano il suo collo.

"Chi sei?" Domandò Dany senza perdere tempo. "Come hai osato pensare di fare del male alla mia famiglia?"

"I-io..." Il nervosismo prese possesso dell'altro. "La Tigre di Volantis ti vuole morta, folle puttana."

"COME HAI OSATO CHIAMARE LA REGINA DEI SETTE REGNI?!" Jon non riuscì a contenersi. Sospirò per smaltire il restante furore, voleva infilzare quel bastardo ma sapeva che sarebbe stato inutile. La sua testimonianza, rilasciata sotto tortura, si sarebbe rivelata fondamentale. "Guardie, rinchiudetelo nelle segrete. Voglio che sia torturato senza pietà. Qualunque parola dirà esigo che corriate subito a dirmela."

"E io esigo che il Re sia subito curato." Ordinò Dany guardando con occhi preoccupati la sua ferita. "Ripeto: subito."




Così fu. Disteso nel suo letto, Jon si lasciò curare da Samwell con vino e una mistura d'erbe. La ferita non era profonda e la cicatrice si sarebbe rimarginata presto in una sottile striscia rosa, ma quando il vino le fu versato sopra essa parve infiammarsi e Jon dovette stringere i denti per non farsi scappare un'imprecazione. Dany non lo abbandonò mai, rimanendo sempre lì al suo fianco e stringendogli affettuosamente la mano.

"I bambini si sono spaventati." Gli disse quando tutto fu finito e Sam se ne fu andato, lasciandoli da soli. "Ora sono al sicuro nella nursery e si sono calmati. Il prigioniero ha rivelato di essere stato assoldato dalla Tigre di Volantis per uccidermi e... e che recentemente Volantis armata fino al midollo ha messo a ferro e fuoco Lys. L'ha conquistata..."

Lys. La città dell'amore, delle più rinomate case di piacere del mondo e degli abitanti con i tratti valyriani dei capelli oro-argento e occhi violetti. Lys, la città dei mercanti e degli schiavi venduti ad alto prezzo, focosa e profumata Lys erettasi su un'isola. Proprio lei era stata conquistata. Jon sospirò: fino a dove si sarebbe spinto quel pazzo di un volantiano?

"Dobbiamo fermarlo, non abbiamo altra scelta." Rivelò a Dany e negli occhi di lei vi scorse i medesimi sentimenti. "Dobbiamo fermarlo per il nostro regno e per l'intero Continente Orientale."

"Andremo dai Dothraki e chiederemo il loro aiuto." Dany era decisa. "E Essos vedrà che i Draghi non hanno dimenticato Valyria. Li aiuteremo Jon."

Allora... facciamo rotta per Essos.

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