L'unione del lupo e del cervo

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Arya Stark andò in sposa a Gendry Baratheon, Lord di Capo Tempesta, nel tempio della Fortezza Rossa.

Il castello era stato addobbato per l'occasione e cervi e metalupi si rincorrevano ovunque, intrecciandosi a volte in spirali di pelo, zanne, corna e zoccoli. Le cucine erano in fermento da giorni, reami di fumo, fiamme e sudore dove l'odore delle spezie ingaggiava una battaglia contro quello delle carni cotte alle braci. I sarti andavano e venivano come vespe ronzanti che prontamente pungevano qualche nobildonna con un capo all'ultima moda. Benché la Corona avesse versato solo una piccola ed insignificante somma sulla celebrazione, affidando il resto agli attendenti di Capo Tempesta e di Grande Inverno, lo sfarzo aleggiava nell'aria come i profumi nauseabondi dei cortigiani.

Alla vista di tutto ciò, Jon non esitò a definire la corte, naturalmente fuori dalla portata di orecchie pericolose, un "serraglio dorato di pavoni spennacchiati." Dany si trovò indubbiamente d'accordo, rinfrescando però la mente del suo consorte nel rispondergli che i pavoni rimanevano placidi nel loro sfarzoso serraglio per timore di finire dritti nelle fauci della creatura che vegliava su tutti loro, ovvero il Drago. Jon rise di gusto a questa replica e affermò di aver compreso finalmente il vero motivo della caduta dal trono dei Baratheon: un cervo ha solo dei palchi di corna per combattere ed essi non sono sufficienti per contenere quei pavoni se mai tentassero la fuga.

Metafore o meno, il grande giorno infine arrivò, annunciato da un cielo limpido e da un mare increspato da pallide cicatrici. L'Alto Septon in persona avrebbe officiato il rito, rendendo agli occhi degli Dei e degli uomini Gendry della Casa Baratheon e Arya della Casa Stark una sola carne, un solo cuore e una sola anima. Agli occhi dei Sette Dei, non di quelli dimoranti negli alberi, nelle rocce e nei venti del Nord, i cui nomi erano ormai smarriti nella nebbia dei secoli. Gli Antichi Dei che Casa Stark venerava con così irriducibile fervore avrebbero benedetto l'unione una volta che gli sposi si fossero inginocchiati sulle bianche radici dell'albero del cuore a Grande Inverno, la millenaria tana dei metalupi.

Ma oggi erano i sette volti dell'unica divinità a congiungere Arya e Gendry e ogni cosa era perfetta, almeno per Daenerys: la gaiezza, il cibo, la musica. Perfino Rhaella non aveva sollevato un polverone per non indossare un grazioso abitino. Solo la futura Lady delle Terre della Tempesta sembrava essere fuori posto. Mancava poco all'inizio della cerimonia e Gendry era già stanziato al suo posto sulle scalinate che conducevano all'altare, un velo di sudore sulla fronte a lasciar trasparire tutto il suo nervosismo. E la sposa non ne voleva sapere di giungere a rassicurarlo. Alla fine, dopo asfissianti minuti di attesa, Dany decise di andare a recuperare Arya.

La porta della sua stanza era chiusa e perciò Dany bussò. Quando, dopo il terzo tentativo, non ottenne risposta alcuna, abbassò decisa la maniglia. Il silenzio era il signore incontrastato e compagno delle riflessioni di Arya Stark.

Seduta sulla cassapanca posta di fronte al letto a baldacchino, Ago affilata in una mano immobile, Arya pareva immersa negli abissi dei pensieri. Il suo delicato e meraviglioso abito, una creazione della miglior sarta della Capitale, spandeva la sua gonna grigio tortora sul cassone. Come pistillo di quel fiore grigiastro vi erano due metalupi che univano gli artigli e le code a sostenere il seno. Era un vestito semplice, privo di fronzoli, austero come austere erano le pietre di Grande Inverno. A cingere il collo di Arya erano le foglie rosse di un albero del cuore, aggrappate con fermezza alle spirali dei rami.

"Arya?" Dany entrò quasi di soppiatto, leggera al pari di una foglia in balia della brezza autunnale. "Tutto bene?"

Arya sussultò per quella venuta improvvisa ma poi si raccolse in un piccolo sorriso. "Daenerys? Cosa ci fai qui..."

La risposta non esitò ad arrivare e Dany occupò subito lo spazio sulla cassapanca che Arya, scostandosi, le lasciò libero. "Sono venuta a cercarti. Tutti ti stiamo aspettando e senza di te la cerimonia non può avere inizio. Che succede? Non dirmi che intendi tirarti indietro proprio all'ultimo..."

Un rossore inusuale si espanse sulle guance della Giovane Lupa. "No! Io vado fino in fondo in questa decisione. È solo che... beh, ecco... chi dice che sarò all'altezza del mio ruolo? Io sono e sarò una lady diversa dalle altre, anticonformista, è solo che mai prima di allora l'orizzonte mi è parso così ignoto."

"Sentire queste parole uscire dalle labbra di colei che ha osato inoltrarsi nel Mare del Tramonto suona strano alle mie orecchie." Dany le sorrise e le strinse la mano. "Pensavo lo stesso anche io prima di ricevere sul mio capo la corona dei Sette Regni: in che modo sarei stata capace di governare un paese che un tempo avevo tentato di distruggere? Di farmi amare da un popolo che ancora mormorava Regina Folle al mio passaggio e che non aveva scordato gli eventi di Approdo del Re? Poi l'ho capito, dovevo mostrare agli altri la vera me, tenere onore al nome della mia Casata con nobili atti, raggiungere il fine che un lontano giorno mi ero prefissata, cioè donare pace a un paese martoriato per troppo tempo dalla guerra." I suoi occhi si inumidirono al ripensare a quei dubbi, ma la sua voce rimase ferma. "Io compresi che dovevo essere una Mhysa e che con Jon al mio fianco nulla sarebbe stato impossibile. Jon è e sarà per sempre la mia roccia, la mia ancora, il mio nido sicuro."

"Anche con Gendry è lo stesso. Ma tu sei convinta quindi che i lord della Tempesta accetteranno che sia una Stark, un membro di quella stessa Casa che tempo addietro ha guerreggiato con i loro effimeri sovrani, a esercitare il potere su di loro?"

Dany le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e per un breve istante si sentì una sorella maggiore, pronta a tutto affinché Arya fosse felice. "Convintissima. E se perseverano nei loro dubbi, tu non desistere, continua a mostrare la tua vera, unica, speciale e stupenda natura."







E così tutto avvenne. Nello scintillante ed ettagonale tempio della Fortezza Rossa, Arya e Gendry si fusero in un'unica creatura. E quando il mantello dorato di lui con ricamato il nero cervo dei Baratheon fu posto sulle spalle di lei a Dany non sfuggì un particolare curioso. Un particolare curioso e acquoso annidato negli angoli degli occhi di Jon Snow.

"Sei commosso?" Il sorriso le venne naturale e intrecciò le proprie dita con quelle di Jon. "Non riesci a credere che la tua sorellina si sia sposata?"

Le dita di Jon corsero a levare l'oggetto del suo sorriso. "No, avevo solo... avevo solo qualcosa negli occhi..."

Dany alzò gli occhi al cielo prima di baciare sulla guancia il suo Jon. "Non si dicono le bugie, mio piccolo draghetto di neve. Adesso andiamo a congratularci con la coppietta!"

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