Leggeri attimi prima dell'imbrunire

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Stava trasportando il legittimo sovrano di Westeros nelle sue braccia. Egli era imbottito di medicine, febbricitante, addormentato e le stava lasciando un ricordino di saliva sulla spalla dorata. Accanto a lei Podrick recava scritta in viso l'espressione più stupefatta del mondo. Per Brienne di Tarth la giornata non poteva avere assunto una svolta più strana. Chissà quale annuncio aveva voluto fare Lady Arya prima che il ciclone infermo di suo cugino piombasse di colpo nella stanza, Brienne non lo sapeva, anche se una piccola intuizione le era spuntata nella mente. Svoltando l'angolo con Ser Podrick, il quale stava reggendo il Re per un braccio, Brienne accolse con sorpresa il reale russare. Le labbra di Sua Grazia si schiusero e la sua testa ciondolò in avanti, venendo coperta quasi subito dalle nere tende dei suoi riccioli scompigliati.

Gli alloggi delle Loro Grazie erano vicini e tale vicinanza fu confermata da un Immacolato che sostava fuori dalla porta della camera da letto regale. Brienne gli rivolse uno sguardo torvo, non meravigliandosi quando la mascella del guerriero orientale si spalancò alla vista di un ammalato Jon fuori dalle coperte.

"Sua Grazia la regina e Imperatrice gradirà molto una chiacchierata con te." Gli disse Brienne mentre Podrick, con le spalle, apriva la porta. "Come hai fatto a non notare che questo poveretto non era più nel suo letto?"

La pelle bronzea dell'Immacolato si tinse di un rosso vivo, il rosso dell'imbarazzo e, dopo essersi inginocchiato dinanzi al suo poco, se non per nulla, cosciente sovrano per domandare il perdono, mormorò qualche parola di Alto Valyriano, assai incomprensibile alle orecchie di Brienne, e si dileguò nei corridoi della Fortezza Rossa. Brienne sospirò e tornò a rivolgere l'attenzione alla persona che ora aveva reso la sua spalla un fiume di saliva. Fiume che grazie al cielo finì di scorrere grazie a un lieve colpo di tosse. Una goccia di rubino volò nell'aria e le palpebre assonnate di Jon si sollevarono, svelando due iridi lucidate dalla febbre.

"Spettro?..."

Anche attraverso l'armatura Brienne poteva percepire il calore che la pelle di Sua Grazia emanava. "No mio signore, il vostro metalupo non è qui. Ma per voi è ora di andare a letto."

Fu Podrick ad adagiarlo delicatamente sul letto e a rimboccargli le coperte, ma ciò non mise a tacere la lingua sciolta dalla febbre di Jon Snow. Le sua braccia si protesero verso Podrick. "Spettro... vieni qui..."

Questa volta di Podrick a rispondere. "Vostra Grazia, ora dovete solo stare calmo e riposare. I Maestri hanno detto che in pochi giorni sarete di nuovo in piedi ma ciò non è possibile se non... rimamete a metto!"

Gli Dei avevano decretato che le stranezze di cui Brienne di Tarth doveva essere testimone quella mattina non erano ancora finite. Molto probabilmente immaginando il suo fidato amico peloso al posto della giovane Guardia Reale, Sua Grazia aveva iniziato a tirare le guance del povero Podrick come se fossero quelle morbide e candide di Spettro. E ne sembrava anche sinceramente felice! Podrick, d'altro canto, la stava implorando con lo sguardo. Brienne cercò di rimanere seria e di trattenere una risata.

"Spettro..." Jon sorrideva. "Spettro sei così... sei c-così... così morbido... dove sei stato oggi?"

Brienne si schiarì la gola, cercando comunque in sé la giusta dose di dolcezza per rivolgersi ad un malato. "Vostra Grazia, è ora che voi dormiate. Presto la regina giungerà a controllare se siete salpato per il mondo dei sogni e voi non volete deluderla, giusto?"

L'interesse per Podrick e le sue guance ricoperte da una leggera peluria castana - e perciò, secondo la mente assoggettata dalla febbre di Sua Grazia, uguali in tutto e per tutto a quelle di Spettro - sfumò come la bruma del mattino. Non appena la regina fu nominata,  Jon si acquietò e si accoccolò ben bene sotto le coperte. In pochi secondi il sonno lo chiamò a sé e, con i suoi occhi chiusi, si conclusero le bizzarrie alle quali Brienne dovette assistere quel giorno.








Rhaella adorava lasciarsi pettinare dalla mamma, ogni sera. Era un rito, una cosa senza la quale Rhaella non avrebbe più potuto respirare. Era importantissimo, anzi no, ancora di più, mega-super- ultra importante! Persino più importante della partita serale a cyvasse fra lei ed Aemon. Le mani della mamma era lisce come la seta e, ad aggiungere altra meraviglia alla meraviglia, la mamma cantava mentre la spazzola faceva su e giù lungo la sua chioma corvina. Cantava canzoni in Alto Valyriano, melodie che trasportavano Rhaella in mondi lontani, dimenticati, addirittura più vecchi di Ser Davos. Rhaella adorava quelle canzoni ed adorava la voce della sua mamma. Era soffice come il velluto e le sue orecchie la gradivano come le sue papille gustative gradivano il cioccolato: infinitamente.

La mamma cantò anche quella sera davanti alla sua toeletta, mentre gli occhi di Rhaella erano focalizzati sul suo riflesso e Aemon metteva a nanna ciascuno dei suoi soldatini. Augurava loro buonanotte e poi li riponeva sotto la loro coperta speciale. Perché non erano soltanto le bambole di Rhaella ad avere una copertina speciale, ma anche i soldatini di Aem. Oh! E anche le uova di drago! A dire la verità non erano delle reali uova di drago, erano di legno e non di fuoco come quelle da cui erano usciti Drogon, Meghar e Slyxas, ma a Rhaella e Aem piaceva pensare che fossero vere e che presto dei piccoli draghetti neonati sarebbero usciti dai gusci.

"Mamma?" La mamma aveva i capelli sciolti ed era bellissima quando aveva i capelli sciolti, Rhaella l'avrebbe giurato su qualsiasi cosa. "Mamma, dov'é il papà?" Quella sera il papà non era venuto a giocare con lei e Aem e Aly e Dada e ciò significava che era stanco, così le aveva detto Ser Brienne. Ogni sera, il papà baciava Rhaella e i suoi fratelli, faceva loro le coccole e augurava a tutti la buonanotte insieme alla mamma.

Un solco di preoccupazione fu scavato nella fronte della mamma e Rhaella si chiese se avesse a sbagliato a porle quella domanda. La spazzola rallentò il suo cammino nella chioma di Rhaella. "Il papà è stanco, ma questa volta lo sarà per poco. Domani o dopodomani ritornerà da voi e giocherà felice."

"Veramente mamma?"

Le labbra della mamma si abbassarono sul suo capo. "Veramente amore mio."

Rhaella sorrise e d'improvviso tutto, la nursery, le septe, i suoi fratellini e i giocattoli, si bagnarono di una luce nuova. Immaginava già tutto il solletico che avrebbe fatto al suo papà. "Ti voglio bene mamma, tantissimo, tantissimi-missi-missi-missi-missi- issimo!" Rhaella sapeva che non era una vera parola, presto avrebbe iniziato a studiare con il Gran Maestro Samwell e riusciva già a leggere cinque pagine di fila comprendendo tutte le lettere, ma non sapeva in quale altro modo avrebbe potuto descrivere tutto l'amore che racchiudeva nel suo cuore per la sua mamma. E anche per il suo papà. Se il giorno successivo non sarebbe stato più così tanto stanco, Rhaella l'avrebbe abbracciato stretto stretto come faceva spesso lui con lei.

Con il sorriso della mamma, la felicità di Rhaella balzò alle stelle. "Ti voglio tanto bene anche io tesoro mio, tu non immagini quanto."

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