2- Meritare di meglio

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P.O.V.
Amy

Da lunghi minuti sto osservando il banco vuoto al mio fianco, sempre più convinta che Francis non manterrà la promessa fatta. Avrei dovuto rimanere con lui, stare al suo fianco nella battaglia che, so per certo, sta continuando a condurre ma una parte di me è persino troppo consapevole del suo bisogno di restare da solo.
Il mio migliore amico ama l'indipendenza eppure, molte volte, un confronto gli permetterebbe di cambiare idea. La scuola è importante almeno quanto ciò che è andato a svolgere, specie per persone come noi già destinate a non avere futuro.

Non potevo mancare a questo test scritto e, inoltre, non avrei voluto farlo.
Sollevo lo sguardo in direzione del mio professore di storia e lo osservo con interesse: si sta occupando di spartire i compiti partendo dalla prime file, per poi venire sempre più in giù. La camicia celeste che indossa è slacciata nei primi due bottoni e piegata nel resto della stoffa, segno che la fretta ha vinto contro la decenza di cui fa sempre mostra, impeccabile in ogni giorno della sua vita.

Persino i capelli castani, intervallati da piccole chiazze grigie, sono disparati e confusi sulla sua testa, a rendere ancora più smunto e ovale il suo assottigliato viso.

Una mia collega gli porge una domanda relativa al test, prima ancora che abbia portato a compimento il suo compito di distribuzione, e lui la liquida con una frase veloce. Arriva alla mia fila lasciando il compito sul banco della ragazza di fronte per poi raggiungermi.

Avverto le sue dita sul dorso della mano prima ancora del suo profumo, e chiudo gli occhi di fronte a quella debole carezza accennata.
Proprio questa mattina gli avevo pregato di essere più discreto, di lasciarmi respirare, di non toccarmi così. Specie, non con la mano in cui è presente la fede di sua moglie.

Sposto, con finta noncuranza, il braccio, facendogli credere che si sia trattato di un caso ma sollevando gli occhi capisco bene come non se la sia bevuta. Dietro le lenti dei tondi occhiali i suoi occhi mi fissano attenti, nel loro celeste chiaro imbottito dei miei sogni, e tentano di capirmi.

Era esattamente questo che intendevo. Non dovrebbe guardarmi così mentre siamo in classe, non dovrebbe dopo la scorsa notte... ma non gli sembra importare. Ancora una volta, mi vuole dalla sua parte e gli è difficile ammettere la sconfitta.

«Grazie» gli dico, afferrando il foglio con le domande stampate, che non sembra volermi cedere, e tentando in una maniera patetica di liquidarlo prima che altri possano rendersi conto di quell'insolita attesa.

Si trova ancora al mio fianco quando la porta di classe si apre e richiude, lasciando entrare uno dei due alunni assenti della giornata.

Nohan si volta nella sua direzione, trattenendosi il bottone della giacca con la mano che, poco prima, mi aveva sfiorata.

«Signor Garcia, di nuovo in ritardo? Mancava giusto lei, oltre il signor Dowson. Si accomodi a uno dei posti liberi.»

Ferita dalla freddezza della sua voce, resa più gelida dalla mia resistenza, tento di sfuggire al mio professore e mi concentro su Cedric Garcia che si sta dirigendo, con la sua solita calma controllata, verso il secondo banco, più lontano da me, rimasto vuoto.

Non concede alcun saluto agli altri, come al suo solito, e lasciandosi addosso il giubbotto in jeans si accomoda posando la sua borsa per terra, passandosi quindi una mano tra i capelli privi di gel e afferrando una penna.

Nohan sfrutta il suo arrivo come distrazione dei miei compagni per far passare un biglietto nella mia mano.
Il cuore corre a mille e non posso evitarmi di reagire da colpevole, nascondendolo di colpo sotto il tavolo.

Riprende la distribuzione dei fogli di esame mentre mi occupo di leggere. Le mani mi tremano mentre riescono ad aprire, in fretta, il cartoncino ripiegato a nascondere la sua grafia elegante.

Fumo negli occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora