81- Incubo

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"Un giorno dovrò spiegare i miei
incubi. Perché sono venuti. E
perché non se ne andranno mai
del tutto.
Dirò loro come li supero.
Dirò loro che, nelle mattine brutte,
mi sembra impossibile trarre piacere
da qualcosa perché temo
che possano portarmelo via.
E che in quei momenti
faccio mentalmente un elenco
di ogni atto di bontà che ho visto fare.
È come un gioco.
Ripetitivo.
Persino un po' noioso, dopo più
di vent'anni.
Ma esistono giochi
molto peggiori a cui giocare."

Suzanne Collins

P.O.V.
Rais

Di fronte a me ho l'uomo che è stato al mio fianco per tutti questi mesi, risoluto come è nello sfoggiare il suo solito viso calmo. Non ha fretta, sembra che il tempo per lui non sia affatto un'incombenza e come potrebbe esserlo, in fondo? Ormai ha perduto qualsiasi dovere che qualificasse un impegno. Me ne ha parlato in diverse notti, rilasciando le sue confessioni in un susseguirsi di sussurri perché avrebbe fatto troppo male vomitare l'errore di una vita finendo per giocarselo come l'ultima mano di una partita di carte.

Porta rispetto al proprio sbaglio, il che mi ha condotto a riconsiderare sotto un'altra ottica la mia decisione, intrapresa anni prima, di condurre una vita sonnambula, a metà tra uno stato di incoscienza ed uno di immensa sofferenza. Sono arrivato a rivalutare i miei sbagli e direi che non è cosa da poco, ma Damien non mi ha insegnato solo questo. Mi ha anche aiutato a capire quale valore possa esserci nell'attesa ed averlo al mio fianco aveva reso più accettabile la conclusione di quell'infinito apprendistato che Francis ha svolto come carica statale, arrivando così a farmi credere che l'essere stato in qualche modo "messo in pausa" mi potesse essere d'aiuto per divenire, infine, al pari dell'uomo che ho scoperto di amare più di quanto credessi.

Mai mi sarei immaginato una ricongiunzione come la nostra. Lo sfogo di una passione violenta, in una vecchia struttura che ci aveva visto rivali, ma così era stata perché quel momento di reciproco incontro l'avevamo voluto entrambi. Lo avevamo sognato, idealizzato, agognato in un modo tanto assurdo da apparire masochistico nella sferzata di atroce passione dataci dalla realtà. Il calore di quel ricordo ancora mi avvolge, nonostante l'apparente solitudine alla quale sono ridotto. La rudezza di quel bacio composto di agonizzanti fremiti mi raggiunge come uno schiaffo che mi desta dal torpore di colpo facendomi rendere conto dell'inadeguatezza che sto vivendo al momento.

Convivere con la sua assenza mi getta nel baratro del totale spaesamento ma a quanto pare a suo avviso non poteva essere altrimenti. Cerco di comunicarlo anche a Damien che con i suoi occhi troppo verdi, troppo brillanti e troppo simili a quelli ai quali sto pensando, azzarda la rivelazione di una sfrontata beffa che maschera una richiesta.

"Dove è mio nipote?"

Purtroppo credo di saperlo, per quanto sia facile per entrambi da immaginare. 

«Non ti sto domandando il perché ma il tempo durante il quale ti allontanerai da me.»

Pronunciare parole tanto ricche di rassegnazione e stanchezza fa più male di quanto ritenessi possibile perché mette in mostra il mio essere consapevole di come il richiedere ulteriore tempo, solo nostro, possa non essere una domanda fattibile nei confronti del mondo, affatto accondiscendente nel donarcela, ma mi basterebbe solo del riposo. Solo la rudezza di quel ritrovato bacio che ci aveva raggiunti al termine di una breve corsa.

«Non è nessuna delle ipotesi alle quali stai pensando: Carlail vuole solo che tu non sia presente mentre parliamo di uno specifico caso. Potrai rimanere in centrale, sotto il mio controllo, ma in alcuni momenti dovremmo stare divisi.»

Fumo negli occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora