68- La debolezza dei cuori

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P.O.V.
William

L'aria carica d'attesa veste un silenzio che è interprete della mia attenzione.
La caccia è aperta ed è per questo che, con attenzione, sto osservando la mia preda per riuscire ad anticipare le sue scelte, tentando di nascondere il divertimento che questa azione crea.

Che cosa farà? Esistono molte opzioni a riguardo ma ormai da tempo ho imparato che l'accettazione delle sue decisioni deriva da un processo drastico di scarto, tra molte azioni all'apparenza più semplici.

Non affronta mai la strada meno ripida, né si lascia vincere dalla velocità. Ed è una caratteristica che apprezzo molto, dal momento che le menti brillanti sono le migliori da osservare. Mi sono ricavato del tempo per farlo, ho rivisto... le mie priorità.

Lentamente ruota la testa, in questo bosco all'apparenza deserto, e chino tra gli alberi con la sua uniforme sembrerebbe quasi del tutto invisibile. Ma non per me.

Mi faccio avanti lentamente, stringendo la mia arma, e l'assoluta mancanza di voci intorno a noi viene interrotta solo dal cinguettio di qualche volatile a riposo sui rami di queste alte querce.

È innegabile, poi, la soddisfazione che provo non appena premo la canna dell'arma contro la sua testa, intrappolando questa mente arguta che si immobilizza nell'avvertire il mutamento.

«Beccato» sussurro, quasi come se il pensiero sfuggisse dalla mia mente senza rendersi conto di passare per le mie labbra.

Dalla sua non dice niente ma un attimo dopo avverto un'altra arma premere contro la mia schiena, e so dannatamente bene a chi possa appartenere.

Sorrido, nonostante la sconfitta e permetto alla figura davanti a me di sollevarsi dal suo rifugio per poi voltarsi, dimostrandomi la sua espressione allegra.

Come accidenti hanno fatto? Ero certo che nessuno mi avesse seguito fino a qui e non posso dire di non avere i nervi allerta.

«Sul serio, Dowson? Hai fatto da esca?» Gli domando, scontroso dal momento che non mi sarei mai aspettato che il capitano di squadra, il più intelligente e veloce tra loro, si inginocchiasse sul gradino degli ultimi offrendosi come un succulento sacrificio ai miei occhi.

«Se non posso prenderti, allora tanto vale ingannarti» mi dice, afferrandomi l'arma e smontandola, come si conviene alle regole di questa esercitazione. D'altronde, siamo su fazioni diverse.

«Schieri altri al tuo posto e mi prendi in giro, quanto ti diverte questo?»

«Non funziona così, tra di noi?» Mi chiede, ricordandomi in effetti il motivo per cui sono rimasto dentro questa divisa, nonostante la mia riuscita nella missione che mi ha portato fin qui. «Ognuno deve caprie i propri limiti e tu non sei certo un nemico tanto facile da battere. Così, dove non riesco io riesce chi era dalla mia parte.»

«Da quanto mi seguiva?» Chiedo quindi, ruotando la testa in direzione di Ortega che ancora non si ostina ad abbassare l'arma. Maledetto bastardo... il tempo trascorso in questo angolo di mondo non è riuscito a intaccarlo per niente, ancora diffida di me e forse lo fa anche Francis, ma in tutt'altro stile.

Di solito, infatti, quest'ultimo usa trucchetti per farmi impazzire e divertire il che, nonostante mi veda perdente, è una tortura piacevole da subire.

Ormai sono certo di un affinità che ci indirizza entrambi, me e lui, verso scelte molto simili, guidate dall'intelligenza.
Prima d'ora non avevo mai trovato nessuno che mi sapesse tenere testa e soprattutto mai avevo trovato qualcuno che mi trattasse come un suo pari.

«Tieni, William, questa è la tua arma. Non vorrai certo perderla, ora che finalmente sei riuscito ad averla» mi dice Francis porgendomi il manico della semiautomatica, ed io la afferro senza soffermarmi sulla messinscena di un'incapacità che ho dovuto sfoggiare, pur di passare in secondo piano.

Fumo negli occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora