79- Il diritto di non perdonare

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P.O.V.
Cedric

Tutto mi sarei immaginato tranne che l'inizio di questo condiviso viaggio.
Doveva essere solo una sosta di lavoro ma seduto sul sedile del passeggero, con lei intenta a guidare mentre i capelli le vorticano appena intorno smossi dal leggero vento del finestrino, vengo tormentato da dei ricordi.

«Non accetto le tue dimissioni, Frederick.»
Lo affermo rigettando le brevi righe di scuse che ha scritto di suo pugno su questo stropicciato foglio, senza nemmeno lo sforzo di lasciar tradotta una spiegazione.
L'uomo con il volto solcato dalle rughe di età appesantite dall'ustione costante del sole, erige con maggiore imponenza il suo corpo all'interno di questa stanza, rilasciando un respiro che viene interrotto dalla sua voce.
«Dovrà, invece, signor Garcia. Ormai è tutto organizzato.»
«A che cosa ti stai riferendo?»
L'esitazione è leggibile così come il pretesto che si era dato nel dover utilizzare quasi una scusa per non confessarmi la realtà.
«Sono molto malato, signore. Ho già dato disposizioni a mia figlia Brianna ed a Ercole: la piccola rimarrà con lui fin tanto che non guarisco dal mio male.»
Parole tanto crude sono difficili da masticare e vorticano sulla lingua in un principio di profonda tristezza.
«Hai bisogno di ulteriori soldi per le cure? Posso darti tutto quello che ti serve, senza bisogno di considerarlo un debito.»
Sorride alla richiesta, quasi esordendo in un cenno di allegria che gli permette di incurvare le labbra. «È molto gentile da parte sua, ma alcune cose non possono essere comprate solo con i soldi. A questo proposito...»
Preso dal ricordo del momento, Frederick parte alla ricerca di un oggetto nascosto nella sua giacchetta per poi finire a porgermelo. È il fiore di Amy. Mi domandavo dove fosse.
«Le avevo detto che non l'avevo io...» commento, osservando la bellezza di quel fiore reciso.
«Non è stata per mancanza di fiducia che non le ha creduto, ma per paura.»
«Di che cosa?»
«Forse di quello che prova. Per lei non è lo stesso, signor Garcia? Ha paura, non è vero?»
«L'ho sempre avuta, di molte cose.»
«E di questa? Della possibilità che possa averla dimenticata?»
La mente combatte nella risposta. La bocca decide di non riferirla.
«Non dovrei averla?»
«Se davvero vuole una mia risposta sincera a questo, signor Garcia, allora è no. Non di Amy e non dei suoi sentimenti.»

Espiro con una sorta di ferocia che la spinge ad osservarmi per alcuni secondi, fin tanto che non passo una mano sul viso tentando di distendere i pensieri. Inutile mossa da compiere perché continuano a tormentarmi in un loop infinito di questioni che, senza che lei lo sapesse, l'hanno costantemente riguardata.

«Sei sicuro di quello che fai?»
Non è la prima volta che il mio migliore amico mi porge una simile domanda, eppure mai come adesso leggo in lui dell'incertezza.
«Che cosa vuoi dire?»
«Ti sta bene che siano tanto vicini?»
Con una mossa del capo, mentre rimane a braccia conserte al termine della nostra riunione, lascia intravedere lo scenario che si prefigura oltre la finestra. Lei che sorride, spostandosi una ciocca di capelli e rabbrividendo del clima invernale mentre Blake, dinanzi , le sorride divertito delle sue mosse infantili.
«Non sono geloso» affermo con sincerità.
«Questo perché noti che non gli sta lasciando molto spazio di manovra.»
«Amy non è mia, Ercole. Inoltre io ho avuto Sasha, quindi può fare quel che vuole.»
«Se qualcuno toccasse Lèa così non riuscirei nemmeno a pensare» sussurra, continuando a godere della macabra vista di loro due e del modo con cui Blake tenti di farsi partecipe di ogni suo sussulto.
Chiudo la valigetta, sollevandomi in piedi.
«Hai sempre avuto un cuore più grande del mio» commento, ricevendo i suoi occhi addosso mentre sto per lasciare la stanza.
«Non si tratta di buon cuore, ma di buon senso.»
Già, qualsiasi cosa sia credo proprio di averla persa da tempo.

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