72- Fratelli

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"Perché siamo fratelli, fratelli, fratelli

Non approvo niente di quello che fai
Perché siamo fratelli, fratelli, fratelli."

Brothers - John Mellencamp

P.O.V.
Francis

Un uomo sopravvive nei propri ideali.
È la frase che più mi ha colpito all'interno del libro che sto leggendo ormai da mesi e mi auguro che possa essere corretta. Che possa esserci una continuità all'anima, nonostante un'improvvisa assenza od un allontanamento.

Sto diventando più triste del solito, ma ho un motivo per il quale esserlo: il tempo si sta dilatando senza pietà, trascinando sempre più lontana l'ipotesi di una fine a questa sorta di prigionia alla quale mi sono prostrato e che si rende impossibile da gestire nei momenti di riposo.
Non ho alcun motivo per essere felice durante le pause che mi condannano al silenzio. Nessuna ragione di uscire la notte, ben sapendo che Rais non sarà lì ad aspettarmi.

Poso le mani contro il viso e le scorro ai lati, dandomi la forza per dimenticare come fosse piacevole questo posto mentre lui era ancora presente al termine di alcune giornate, ad esempio di premio perfetto che mi permetteva di tornare tranquillo come ora non sono affatto.

Che cosa starà facendo e che cosa faceva le notti in cui, senza il controllo della polizia, riusciva ad evadere da quella casa senza venire da me?
Attila aveva parlato di molte uscite, prima di abbandonarmi da solo a questo posto, ed un timore soverchia in me da tempo.

Temo che anche per Rais la situazione sia diventata difficile, proprio come per me, ma che guidato da una libertà che si è ricavato, passando libero tra l'incompetenza della polizia in sorveglianza, sia riuscito a trovare una soluzione.
Temo... che possa essere tornato alle origini.
Droga. Eroina. Traffici.

Che cos'altro potrebbe fare, altrimenti, se non questo?

E sono queste domande, che mi tormentano, a rendere invivibile il mio soggiorno qui, dilagando le ore.

«Che cosa ti prende?» Si interfaccia, con un interrogativo Gareth, masticando lentamente il pranzo privo di sapore che ci viene offerto dalla mensa.

«Niente. Non mi prende niente.»

Ho solo bisogno di sapere che accidenti stia facendo il mio ragazzo.

«Parlavi sul serio, ieri sera?» Attendo che pronunci la specifica domanda in merito alla questione che preme chiedermi. Lo fa poco dopo, osservandomi con timore. «Parlo del South Side e del distretto di polizia.»

«Mi farebbe molto piacere averti tra i nostri, Gareth, e sì credo che sia possibile. Stai valutando la possibilità di non entrare a far parte dell'esercito?»

«Sì... non credo sia più ciò che voglio. Mi hai parlato così tanto della tua città che ho finito per chiedermi come possa essere veramente una casa.»

Sorrido nel valutare quanto io possa essere logorroico nel raccontare qualcosa alla quale tengo. «Saresti perfetto, lì.»

In fondo, che cos'altro è il South Side se non una grande madre pronta ad accogliere chi ha smarrito la via?

Gareth si accomoda con lentezza contro la sedia, studiandomi con i suoi occhi celesti pallidi quanto lui.

«A che cosa stai pensando?» Mi stringo appena nelle spalle, senza riuscire bene a valutarlo. «Leggerai quello, durante la pausa?» Continua a chiedermi, indicando con un cenno della testa il libro che riposa al fianco della mia mano.

Fumo negli occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora