85- Trappole di sangue

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P.O.V.
Amy

In certe giornate i dubbi fagocitano parti della mia mente quasi stessero gustando il cibo più prelibato che potesse essere servito alla loro tavola, quell'atroce carestia. Certe volte combatto con forza contro me stessa per non lasciare che le domande si sostituiscano ad ogni cosa che avviene intorno, alla strada che sto percorrendo o al paesaggio oltre questi finestrini che è notevolmente cambiato.
Prenderle in considerazione vorrebbe dire lasciare loro troppo potere e consentirli di annullare la poca forza di volontà che mi è rimasta.
Non dovrei chiedermi niente. Non dovrei avanzare ipotesi... ma quello che ha fatto la scorsa notte è stato troppo strano.

Chiedermi di amarlo per poi allontanarmi, anche se la seconda delle due situazioni ha preso vita solo tramite il suo inconscio. Che genere di uomo è rimasto? Che cosa vuole?
Vuole me, solo per una notte, in modo da continuare a sopravvivere mentre pensa, con disperazione, alla Sasha che non può stringere a sé?

Mi domando quanto bene lei sia riuscita a fargli, concependo con chiarezza che qualunque quantitativo sia stato batte di gran lunga il male che gli ho inflitto io per cui è giusto possedere un suo ricordo e accompagnarlo ad un sentimento di tenerezza, di desiderio.
Cerco di interiorizzarlo, ma la verità è che non avrei voluto ascoltare la supplica di nessun altro nome dalle sue labbra.

Per l'ultima volta seduti ai rispettivi sedili, al termine di questo viaggio fatto di distanze sempre più accorciate e di colpo dilatate, mi accorgo di quanto ci siamo fatti distanti e di come la colpa possa essere solo mia.
Mi ero illusa che certe emozioni si sarebbero approfondite e che il dialogo avrebbe portato ad una soluzione pacifica ma a fianco non vedo altro che un uomo sconfitto dal dolore. Per certi versi, un estraneo.
Fa male concepirlo: scoprire di non averlo vicino a me quanto ritenevo lascia supporre che possa non essere io la scelta più giusta per garantirgli la guarigione che cerca. In fondo, non sono mai stata abbastanza.

«Siamo quasi arrivati» annuncio, nonostante non ce ne sia bisogno. Le campagne intorno sono fin troppo riconoscibili e lui le sta osservando da un po' senza emettere alcun suono.

Tra pochi minuti verremo raggiunti dai nostri amici ed il viaggio arriverà al termine. Non ci sarà niente di diverso, se non la sua partenza.
Nemmeno quella riesco ad interiorizzarla e giunti di fronte il cancello della proprietà mi pare inconcepibile.

Lèa avvista il nostro punto di sosta e solleva un braccio per avvertire di stare per recuperare da uno dei capanni il piccolo telecomando che decreterà il nostro ingresso. Con il motore in funzione, l'aria calda che entra dai finestrini, lo sfondo dei campi, della polvere, il basso volume dello stereo in sottofondo mi accorgo di avere un'ultima domanda, prima che la realtà torni violenta contro di noi e ci rubi la voce.

«Secondo te avremo potuto essere felici?» Gli chiedo, tenendo gli occhi fissi contro il ferro caldo del maestoso cancello pur avvertendo il suo sguardo addosso. Incandescente come lava e ancora tanto silenzioso da richiedere una mia ulteriore spiegazione. «Se non ci fosse stato Wood tra di noi, se non fossi tornata da lui, se tua nonna non fosse morta.»

Capisco che sia una domanda che necessita della valutazione di molti fattori, l'intricato meccanismo di un gioco di ipotesi, per questo motivo rimango sorpresa nell'udire la sua immediata risposta.

«Sì. Sì, lo saremo stati.»

Il batticuore mi comanda di fissare la certezza nell'uomo che ha emesso parole simili ed è così che rivedo in lui i ricordi di quelle giornate passate tra le reciproche braccia, al di sotto dello spesso strato di un piumone che ci occultava dal mondo.
Un violento contraccolpo mi investe e destabilizza, confondendo tutte le sensazioni di questo viaggio.

Fumo negli occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora