42- Nuovi intrecci di conoscenze

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P.O.V.
Ercole

Quando sopraggiungono cambiamenti importanti, nella vita di tutti i giorni, la mente è costretta a reagire in una sorta di sorpresa che cede presto il posto all'abitudine, perché le persone possono adattarsi a tutto tranne che a ciò che non simboleggia il vivere. Scegliamo di accontentarci, decidiamo che le cose possano starci bene e così impariamo a convivere con le nuove realtà senza, però, non potersi non dimostrarsi arresi dinanzi l'inevitabilità degli eventi.

Per questo entro in cucina a testa bassa, convinto di stare per vivere una giornata come sempre, immerso nei miei pensieri quando noto una figura al tavolo centrale alla stanza e non si tratta della piccola Valerie. La bambina è presente, porta ogni mattina il giornale e come sua abitudine, comandata dai miei nonni, si siede alla nostra tavola per bere un succo ai mirtilli. Normale routine. Ma stavolta, al suo fianco, è presente un'altra figura femminile che riconosco, nonostante il colorato foulard che si è intrecciata attorno al viso.

«Eccolo, è arrivato! Ciao, Ercole! Ciao!» Esclama la piccola, tendendo le mani verso di me ed io mi avvicino con esitazione. La osservo con un sorriso ma per quel poco tempo che basta per potermi concentrare su Lèa, la sola che sfugge al mio sguardo.

Anche i nonni sorridono della benevolenza che la piccola mi dimostra. Le voglio bene come a una sorella e mi domando se sia suo il merito di aver fatto arrivare Lèa fin qui.

«Ciao piccola, come stai?»

«Tutto bene, Ercole.»

«Bene... e tu come stai, Lèa?»

La domanda fuoriesce con una nota di esitazione, la stessa che anche lei mi rivolge, afferrando con dita tremanti la stoffa colorate che le avvolge la testa, salvaguardandole i capelli come se stesse per salire su una macchina scoperchiata in corsa, oltre al ripararle la parte del viso che tutti in questa stanza, a eccezione di Valerie, sappiamo essere sfigurata.

«Bene, grazie.»

Ermetica, come al suo solito ma non posso lamentarmi. Per lo meno mi ha risposto.

«Caro, ti va di sederti qui con noi prima di andare a lavorare? Hai fatto colazione?» Mi domanda mia nonna con dolcezza, tendendo la mano in avanti e mostrando così alla luce del sole il tremore che avvince la sua vecchiaia.

«No, nonna. Mi accomodo subito.»

«Bene, tesoro, vieni...»

Mio nonno, al suo fianco, sta leggendo il giornale che la piccola ha portato, e mascherato come è da dietro quelle immense pagine di lui si può scorgere solo la nuvola di fumo proveniente dal tabacco della sua vecchia pipa. Alle volte mi domando se gli occhiali enormi che porta siano come una lente di ingrandimento per tutte quelle parole che mastica quotidianamente, ad ogni ora del giorno. Da lui ho preso la seriosità dell'introspezione, il mio essere assurdamente timido nonostante abbia lasciato l'adolescenza alle spalle, mentre da mia nonna ho guadagnato la prontezza.

Grazie a quest'ultima caratteristica, infatti, nonostante la sedia che Valerie sembra essere in procinto di spostare decido di accomodarmi all'altra rimasta libera, proprio di fronte a Lèa. Non di fianco, non lontano. Assolutamente di fronte per poter assistere a ciò a cui il velo non fa schermo, tanto da costringerla ad abbassare la testa per potermi sfuggire.

In qualche modo, la mossa la porta a vincere. Noto ben poco di lei a causa dei capelli lasciati sciolti, del foulard, della fronte china eppure conosco ciò che vi è mascherato al di sotto e mi auguro che questa sorta di nascondino sia stato mosso solo dall'idea di non spaventare la piccola. Un'alternativa non la accetterei e mi piacerebbe molto che Lèa se ne rendesse conto.

Fumo negli occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora