Fumo negli occhi

71- Riconoscersi

P.O.V.
Amy

Vivo in un mondo che non ha pesantezza, né forma. Sotto di me come un morbido cuscino permette la comodità al mio riposo, per quanto sia il soffio del vento a conciliarlo.

Avverto il sole accarezzarmi la pelle e deve essere molto in alto, nel suo cielo, tanto da rendermi impossibile la visione della sua dorata circolarità mentre i suoi raggi si proiettano tutto intorno, quasi come se resecassero l'ondeggiante profilo di un acqua oceanica dentro la quale sto galleggiando.

Come un'enorme acquario, tutto intorno. Un dipinto impressionista caratterizzato dalla mossa pressione di un pastello di cera, consumato nella punta da un'artistica mano che lo ha reso minuto. Giallo, marrone e qualche punta di verde, il celeste del cielo.
Mi trovo di fronte al ritratto dei campi di grano, lo capisco d'un tratto, e deve essere estate. La morbidezza delle nuvole, la carezza del cielo, i colori accesi, questo calore... ma non è un ricordo, quanto solo un onirico sogno che rende quasi indistinguibile ogni mia gestuale azione, lasciandola fluttuare in quest'aria che non ha gravità.

Ho voglia di sorridere. Riesco a farlo. Chiudo gli occhi mentre lascio la testa sporgersi all'indietro, contro l'albero alle mie spalle, e respiro serena l'ossigeno del quadro dentro cui sono immersa.

Non appena mi sollevo dalla mia postazione, poi, tendo le mani in avanti, certa che nella mia impacciataggine riuscirei ad urtare contro qualcosa, e all'improvviso delle mani afferrano le mie. Non apro gli occhi, lascio vivere quella sensazione di sostegno generata da quella stretta fin tanto che riesco a resistere. Quelle mani, però, sono di un uomo dalla bocca molto morbida mentre si posa sulla mia.

Sollevo le palpebre nell'istante in cui delle lacrime scivolano, poiché non riesco a sentire il sapore di questo bacio.
Lo riconosco. So da chi proviene, so da che tipo di amore, ma non riesco ad assaporarlo... non riesco, ed è come possedere un'incapacità, come aver perso uno dei sensi, il cuore, l'emozione, tanto radicati a fondo di ogni umano che non averli recide i miei nervi e mi condanna al vuoto, lo stesso che richiama le mie lacrime.
Perché non posso averlo? Perché non riesco ad avere quel sapore? Perché il mondo intorno, che tanto mi era apparso bello mentre mi trovavo da sola a goderne, adesso mi appare d'un tratto spaventoso?

Sembra come se il vento si stesse adesso agitando troppo forte. Come se le spighe di grano non fossero più artistici decori di un pittore ma fiamme dello stesso fuoco che aveva messo a morte questi luoghi. Come se l'ombra dell'albero contro cui ero appoggiata non fosse più un ombra ma puro inverno, un altro clima, un gelido manto. E questa bocca... questa bocca che recepisco così morbida non è mia, non mi appartiene.

Tra le lacrime, tento di averla più vicina, per poterla meglio assaporare, e lei non si ritrae, ma non serve a niente.

Non ricevo niente indietro, e lentamente scompaiono anche tutti gli altri sensi.
Le mani, intrecciate ai capelli di lui, non si rendono più conto di star sfiorando la sua cute. Il vento non sibila più nelle orecchie, chiudendole in un tappo di assoluta privazione. Gli occhi, tra le lacrime, non vedono più i suoi, chiari, brillanti e per ultimo... per ultimo anche l'olfatto perde la prigione del suo profumo.

Mi rendo conto di stare ancora piangendo, in piedi di fronte a lui, consapevole di averlo ancora con me per quanto non possa averlo. E vorrei fare qualcosa... rompere l'incantesimo di pietra che mi tiene imprigionata, che ha reso lui una statua inarrivabile ma non posso far niente. Niente. Solo il cuore continua a battere, e marcia leggero dentro il mio petto.

Tum. Tum.

Mi risveglio con gli occhi pieni di lacrime, le guance bagnate e la trachea che brucia ma l'ironia non manca nel trovarmi di fronte lo stesso paesaggio del mio sogno, con un'unica differenza: percepisco il sapore salato delle mie lacrime, avverto le unghie che, nell'inconscio, hanno esercitato tanta forza nel mio avambraccio da provocarmi dolore, odo la voce di Frederick e la sua preoccupazione non appena si trova su di me, ad osservarmi.