48- Le origini del male

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P.O.V.
Amy

Per la prima volta da settimane mi risveglio tra le lenzuola di un luogo che ha l'odore di casa mia. Nessun corpo caldo mi è vicino, nessun addormentato sorriso.
Al mio fianco, Cedric non c'è e di colpo mi accorgo di quanto le piccole cose possano cambiare drasticamente l'umore da gestire durante la giornata.

Solitamente sono sempre io la prima, tra i due, a svegliarsi ma è suo il compito di fare l'iniziale mossa nell'approcciarmisi, perché una volta riuscita ad aprire gli occhi altro non ero in grado di fare che rimanere a fissarlo.
Lui, invece, era solito passarmi le dita tra i capelli e rivolgermi un dolce sorriso.
Molte volte sfuggiva qualche bacio, persino prima di essersi lavati i denti.
Rido al solo ricordarlo e mi beo della bellezza nel sentire generarsi quel calore, al di sotto dello strato di pelle dove si annida la ritmica del cuore e ogni mio scompenso.

Sì, vorrei essere al suo fianco e al contempo riuscire a vivere come si conviene la mia famiglia.

Lungo il collo sento ancora la pressione delle sue labbra in quell'ultimo bacio che mi ha lasciato.
Chiudo gli occhi solo per un istante e i polpastrelli lo sfiorano. In questo modo sembra quasi di accarezzarlo.

«Amelie, cara, sei in casa? Puoi darmi una mano?»

La voce di mia madre mette fine alle mie fantasie, obbligandomi a discendere dal letto per poter andare incontro alle sue richieste.

Dentro la cucina la trovo circondata da buste infinite della spesa che necessitano di essere riposte con ordine, prodotto per prodotto, nella nostra dispensa.

«Sei ancora a letto? Perché non stai studiando?»

La cattiva influenza di Cedric, ecco tutto, penso sorridendo. Quando eravamo insieme rimanevamo a letto fino a mezzogiorno, tramortendoci di carezze e baci e questo mi ha fatto dimenticare parecchio della scuola, è vero. In fondo ognuno di noi deve essere disposto a pagare il proprio prezzo, per la felicità.

Rifletto su quest'ultima cosa nella mia mente proprio mentre sto fissando mia madre e la tristezza mi assale, in vista della sua delusione.
Non abbiamo ancora classificato quello che proviamo, se mai ce ne fosse bisogno, ma quello che abbiamo io e Cedric è qualcosa di forte e vorrei renderne partecipe anche mia madre solo che... ho paura di come reagirebbe. Paura che mi dica di aver sbagliato tutto, di aver giudicato male.

Con una sola occhiata, se solo le avessi dato ascolto, sarebbe stata capace di risparmiarmi in una corretta veggenza ogni amicizia maligna dalla quale, ormai, mi sono separata.
Il potere delle madri è immenso e temerlo non è da stolti, specie se si tratta della rovina del tuo primo vero amore.

«Non mi sentivo molto bene ma tra poco ci ritorno.»

Mia madre ha un aspetto giovane nonostante l'età e lo sforzo a cui è costantemente sottoposta. Nella retrocessione degli anni, posso dire che ho avuto testimonianza della nostra somiglianza. Da parte di anziane donne di quartiere e dallo scatto di quelle due sole foto di famiglia che siamo riusciti a far sviluppare, spendendo più di ciò che era in nostro potere, al fine di possedere un ricordo.

Anche le memorie, nel South Side, sono care.
Per questo tramandare i propri geni e felicitarsi della somiglianza raggiunta è motivo di gioia, perché in grado di sconfiggere passato e povertà in un solo colpo.

Sono fiera di assomigliare a mia madre.
Non so quanto possa esserlo lei di assomigliare a me.

«Che cosa farai oggi?»

«Una mia amica si è fatta male», le rivelo, «pensavo di andare a trovarla.»

Le mani di mia madre si interrompono. «Stai parlando di Lèa, non è vero?»

Fumo negli occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora