20. Ho imparato dal migliore

179 34 24
                                    

Ho imparato dal migliore

Davide's POV

Aprii la porta, pronto alla "camminata della vergogna".

Ne facevo più o meno tre alla settimana, ma a casa sembravano non essersi ancora abituati.

Provai a passare per il corridoio, senza farmi vedere, manco avessi di nuovo sedici anni e stessi tornando da uno dei miei appuntamenti con Roberta.

-Davide!- tuonò la voce di mio padre.

Chiusi gli occhi e sospirai, poi entrai in salone, sapendo fosse inutile provare a sgattaiolare in camera mia senza affrontalo.

Lui, mia madre e mia sorella Elena erano seduti attorno al tavolo, intenti a fare colazione.

Entrai nella stanza, fingendomi disinvolto.

Non ero dell'umore adatto per le loro critiche, ma non volevo darlo a vedere. Speravo che la mia faccia tosta riuscisse a togliere un po' di potere alle ferite che la mia famiglia mi avrebbe inferto.

-Dove sei stato?- mi chiese mio padre.

La sua espressione non era diversa da quella che vedevo ogni volta in cui tornavo a casa la mattina, ancora mezzo ubriaco.

-Da Aldo- risposi con nonchalance.

-Quel mezzo depravato!- sbottò mio padre -E quel cretino di mio fratello vorrebbe pure si sposasse con la meravigliosa Rachele!-

Feci finta di non aver sentito, per non ritrovarmi a discutere di nuovo con lui su quell'argomento.

Mi avvicinai al tavolo e stampai un bacio in fronte a mia madre, poi mi sporsi in avanti e rubai un panino dal piccolo cesto al centro del tavolo.

-Puzzi d'alcool- commentò lei, esasperata.

-Potrei essermi lasciato trasportare dalla smania di assaggiare tutta collezione di whiskey affumicati del circolo- le sorrisi.

Mia madre mi guardò sconsolata, mia sorella invece mi mostrò tutto il suo disprezzo.

-Sei la vergogna della famiglia- sussurrò.

-Preferisco considerarmi la pecora nera- le sorrisi, sporgendomi verso di lei e rubandole il bicchiere, colmo di spremuta d'arancia. Ne presi un sorso.

Mi sentivo la bocca impastata e la testa mi faceva male.

Nonostante avessi dormito come un sasso, mi sentivo stanco e senza forze.

-Se non ti ho ancora sbattuto fuori casa è perché ti mancano due esami alla laurea e non sopporto fare investimenti che non vadano a buon fine. Li devi dare entrambi entro la fine dell'anno. Mi hai capito, Davide?-

Ecco ciò che ero per lui.

Un investimento.

Non un figlio sull'orlo di una crisi di pianto.

-Sta tranquillo, papà - gli regalai un altro sorriso, poggiando il bicchiere sul tavolo -Entro un anno mi vedrai con un bel camice bianco addosso a fare ciò che ho sempre desiderato fare!- ironizzai.

-Non cominciare con questa storia!- mi minacciò -Se avessimo dovuto ascoltare quali fossero le tue aspirazioni, saresti uno squallido poeta da quattro soldi-

-Hai ragione, papà! Per fortuna ci sei tu nella mia vita a portarmi sulla retta via! E sai che ti dico? Che oggi mi sento così in forma che ho proprio voglia di studiare!- esclamai, con fare canzonatorio, girandomi di spalle per andare in camera mia.

-Sarai il medico più pericoloso sulla faccia della terra- commentò Elena -A patto che tu riesca a diventarlo!-

Mi fermai di colpo e strinsi i pugni, perché accettavo mi si dicesse di tutto, ma non quello, perché anche se mi era costato studiare qualcosa che odiavo, lo avevo fatto seriamente.

Il ragazzo dai capelli grigi - COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora