57. La predatrice

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Roberta's POV

Mi sistemai i capelli, osservandomi nel piccolo specchietto centrale, poi aprii la mia borsetta e mi portai il rossetto alle labbra.

Non ero sicura il rosso si addicesse ad una vedova, ma era decisamente il colore che più mi donava.

Lo misi via e passai le mani sulla scollatura del mio abito, sfiorando la collana di perle e diamanti che indossavo.

Si trattava di un regalo del mio defunto marito. Lo avevo indossato perché volevo gli occhi di tutti addosso e non di certo per onorare la sua memoria.

Recitare la parte della vedova distrutta mi aveva dato molto da fare in quei giorni. Quel fuori programma in compagnia del mio autista mi aveva aiutato a rilassarmi.

Luigi aveva sempre avuto un debole per me e non aveva esitato a offrirmi la consolazione di cui avevo bisogno.

Cercai il suo sguardo, impaziente di tornare a casa, dopo quella breve avventura.

-Forza, ora passa al sedile davanti- gli ordinai, quando mi accorsi si fosse del tutto rivestito, e lui obbedì immediatamente.

-Portami da Edoardo- sussurrai -Voglio giocare un po' con lui, anche se sono stanca e ho necessità di farmi un bagno caldo-

-Certo, Signora- disse, mettendo in moto la macchina.

Il viaggio in auto fu breve, ma indossai comunque degli occhiali da sole per proteggermi dagli sguardi dei curiosi.

Erano giorni che non avevo un attimo di tregua, motivo per cui avevo chiesto a Luigi di preparare l'auto e accompagnarmi a fare delle commissioni legate al funerale di quell'idiota di Leonardo.

E tra una tappa e l'alta, l'avevo convinto a portarmi al faro, con la scusa di voler stare da sola.

Non era stato difficile sedurre il mio autista.

Mi ero messa a piangere e avevo fatto finta di confidarmi con lui.

Parte delle cose che avevo detto, erano vere. Ero una madre sola e Leonardo mi aveva lasciato degli affari che non ero sicura di poter gestire. Gli avevo parlato dei suoi maltrattamenti, a cuore aperto, sapendo sapesse e che in quel modo avrei potuto fare più leva su di lui.

Gli avevo detto lui fosse una delle poche persone di cui mi fidavo ed il mio piano aveva funzionato.

Luigi si era lasciato andare senza che io dovessi faticare troppo.

Nel corso degli anni, mi aveva dato modo più e più volte di pensare che mi desiderasse, ed io annoiata a morte tra quelle quattro mura, avevo alimentato quei suoi pensieri, fino ad esasperarli.

L'idea di essere circondata da persone disposte a tutto per me mi faceva sentire potente.

Quando il mio autista parcheggiò in giardino, mi affrettai a scendere dalla macchina, ma prima che potessi entrare dentro casa, udii quell'inconfondibile risata e mi si creò un nodo in gola.

Mi voltai verso il cancello, per essere sicura che i miei sensi non mi stessero ingannando e scorsi l'auto di Marini parcheggiata dall'altro lato della strada.

Deglutii, cercando Luigi con lo sguardo.

-Non avevo detto a Teresa di non riceve nessuno in mia presenza?- sbuffai.

-Non che io sappia, Signora- mi rispose Luigi.

"Inutile idiota" pensai, accelerando il passo, raggiungendo la parte del giardino che dava sul retro.

Quella meno esposta agli sguardi dei curiosi.

Agata era elegantemente seduta su una poltroncina in vimini. Indossava un vestito dalle linee morbide ed una lunga collana di pelle. Teneva in mano un bicchiere di limonata, mentre sorrideva felice verso Edoardo. Davide era seduto accanto a lei. Si era tolto la giacca e sembrava molto rilassato, vista la posizione in cui era seduto. Guardava rapito Arnaldo Marini che, in maniche di camicia, stava seduto sul prato a giocare con mio figlio.

Il ragazzo dai capelli grigi - COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora