76. Fare i conti

141 30 54
                                    

Rachele's POV

-Sei sicura che te la senti?- mi chiese Aldo.

Annuii, accennando un sorriso.

Lui mi accarezzò una spalla.

-Io me ne starò qui in macchina, okay. E se dovessi far cadere per terra la borsetta, sarò da te in secondo, va bene?-

-Sì- cercai di tranquillizzarlo -Cercherò di non metterci troppo-

-Prendetevi tutto il tempo che vi serve- mi rispose, portandosi una sigaretta alle labbra.

Annuii, poi indossai i miei occhiali da sole scuri e scesi dall'auto.

Mi diressi verso la vicina piazza e presi posto in un tavolino da cui Aldo potesse vedermi.

Davide aveva insistito per venire con noi, ma mio cugino era decisamente troppo impulsivo e l'idea che se ne stesse in macchina con il suo compagno a starmi ad aspettare, non mi faceva stare tranquilla.

Mi portai una sigaretta alle labbra e sorrisi al cameriere che si avvicinò al tavolo.

-Un caffè macchinato, per favore- dissi, guardando subito dopo l'orologio.

Sospirai, iniziando a sentirmi agitata.

Cercai Aldo con lo sguardo e proprio in quel momento vidi Mario arrivare da quella direzione, con indosso un completo grigio scuro.

Prese posto di fronte a me, senza dire nulla, e per qualche minuto tutto rimase immobile.

Entrambi restammo in silenzio, come se nessuno dei due avesse poi così tanta intenzione di affrontare quella conversazione.

Mario non era cambiato tanto, se non per il fatto che ora portava i baffi.

Forse il suo viso era meno rotondo di come lo ricordavo e i capelli più corti gli stavano meglio di come lì aveva quando ci frequentavamo.

Teneva gli occhi bassi e le labbra serrate e sembrava essere molto più nervoso dell'ultima volta in cui ci eravamo visti.

Non sapevo come avrebbe potuto reagire al mio racconto e avevo un po' di timore a stare lì con lui.

Mi chiesi che avrei fatto se avesse iniziato ad urlare.

L'idea che qualcuno potesse origliare la nostra conversazione, inoltre, mi fece pentire di avergli dato appuntamento in quel posto.

Avrei voluto consegnargli la lettera che gli avevo scritto per lui e allontanarmi senza dire nulla, ma non ne avevo il coraggio.

Dovevo farmi forza.

Abbassai lo sguardo, rattristandomi.

Era tutto così strano e surreale.

Nel frattempo, il cameriere si avvicinò a portare il mio caffè e Mario ne ordinò uno per sé, per poi tornare a serrare le labbra.

Iniziai a sentirmi così a disagio, che rischiai di scoppiare a piangere. Prima che potessi farlo, però, lui parlò.

-Non lavoro più con mio padre, sai?- esordì -Se tutto va bene, l'anno prossimo mi laureo e quando finirò il tirocinio, inizierò a lavorare nello studio Franceschini- disse –Per ora faccio da segretario, ma me la cavo bene con tutto ciò che riguarda il diritto amministrativo. Tutti mi chiedono consigli, anche se sono solo uno studente. È così che si inizia, no?- mi chiese.

Lo guardai un po' sorpresa, perché mi aspettavo mi vomitasse addosso tutta la sua rabbia, o che fosse diretto, come lo era stato l'ultima volta. Non pensavo potesse parlarmi di sé.

Il ragazzo dai capelli grigi - COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora