Magia

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Altair camminava, seguendo lo stesso stretto e tortuoso sentiero che percorreva ogni notte da cinque anni a quella parte. I piedi nudi a contatto con il gelido acciottolato lo facevano rabbrividire a ogni passo, e solo la luce della luna illuminava la stradina vicino al bosco. Finalmente arrivò a destinazione. Davanti a lui si ergevano le splendide e invalicabili mura che circondavano il castello del sovrano. Era per lui che lavorava, e ciò portava molti vantaggi. Sapeva, per esempio, che la fortezza non era poi così inespugnabile, se si appoggiava una mano sul nono mattone ricoperto di muschio e si pronunciava ad alta voce la parola "Opuscue". E così fece, anche quella notte. All'istante un vano rettangolare si aprì, poco più grande della tana di un cerbiatto. Un cane di grandi dimensioni ci sarebbe passato a malapena, ma il cacciatore di stelle era agile e sottile e riuscì a passarvi facilmente. Percorse velocemente il cortile interno, la parte più squallida della tenuta, e arrivò alla torre ovest. Scalò l'infinità di gradini che la componeva, fino ad arrivarne alla sommità, uno spiazzo aperto di forma cilindrica che dava sulle vaste terre circostanti. Tirò fuori dalla piccola sacca di pelle che teneva a tracolla un sottile filo biancastro, che riluceva grazie alla sostanza vischiosa dalla quale era ricoperto. Se lo legò attorno alla cavilglia, si arrampicò sul muretto che circondava lo spiazzo e saltò. Nonostante ripetesse l'operazione ogni notte da più di cinque anni, per un momento pensò di precipitare, e fu attanagliato dalla paura di schiantarsi a terra. Poi però, come al solito, non precipitò, ma rimase a galleggiare in aria, malfermo su un terreno cui non era abituato, anche se con gli anni la pratica aveva fatto la sua parte. Grazie alla magia del filo, un percorso fatto di polvere luminosa si illuminò, guidandolo fino alla destinazione. Altair guardò davanti a sé: chilometri e chilometri di stradina evanescente. Ma in cielo il tempo e lo spazio erano differenti. C'erano zone in cui si potevano percorrere chilometri in pochi secondi, e altre in cui occorrevano ore per fare pochi passi. Il filo l'avrebbe condotto sul sentiero più breve. Il cacciatore di stelle cominciò a correre, leggero e veloce come il vento, e in poco tempo sorpassò le nuvole e arrivo nello spazio. Nuvole cariche di polvere di stelle, luci che apparivano e scomparivano come fuochi d'artificio variopinti, pianeti che sembravano minuscoli da così lontano ma, soprattutto, centinaia di milioni di stelle. Altair non si fermò, ma continuò a sfrecciare, armeggiando con il retino. Il compito era semplice. Il sovrano aveva richiesto due stelle adulte, due stelle che quella notte avrebbero perso la loro millenaria vita per lasciarla nelle mani di un uomo dai loschi scopi. Finalmente, il ragazzo le vide. Erano vicinissime, grandi quanto il sole, ma in realtà era il loro nucleo quello di cui necessitava, il resto era solo un'inutile involucro di luce. Altair alzo il retino, che si allargò a dismisura fino a circondarle. La luce però non voleva saperne di sparire, ma la battaglia era appena cominciata. Lingue di fuoco azzurro lo circondarono, ma con un balzo riuscì a sfuggirvi. Lunghi nastri luminosi cercavano di avvinghiarlo, ma Altair non si spaventò e lo schivò prontamente. Asteroidi, draghi semitrasparenti e ombre fatti di puro incubo cercavano di bloccarlo, ma la luce cominciava ad affievolirsi notevolmente, minuto dopo minuto. Strano, pensò, opponevano molta più resistenza del solito, come se dovessero proteggere qualcun altro oltre a loro stesse. Ma alla fine riuscì a vincerle, seppur sfinito, e la luce svanì completamente, facendo sembrare l'intera galassia terribilmente buia. Nel momento in cui questo accadeva, Altair sentì un pezzo della sua anima sgretolarsi, un altro frammento perso insieme a quelli spariti le notti precedenti. Il ragazzo sentì le membre gelarsi, vide le mani perdere un po' del colorito già terribilmente pallido, sentì aumentare quel freddo vuoto che si sentiva nel petto. Era quello il prezzo da pagare per contribuire alla morte di una creatura così pura. Quanto sarebbe potuto andare avanti ancora, prima che dentro di lui non rimanesse più niente? Mentre rifletteva, non si accorse della piccola stella che cadde, troppo piccola per essere trattenuta dalle maglie del retino, precipitando verso un pianeta a lui quasi sconosciuto chiamato Terra.

 Quanto sarebbe potuto andare avanti ancora, prima che dentro di lui non rimanesse più niente? Mentre rifletteva, non si accorse della piccola stella che cadde, troppo piccola per essere trattenuta dalle maglie del retino, precipitando verso un pi...

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