Parte 68. Promesse

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-Sole, svegliati...- una voce bassa e vellutata, il fiato caldo dritto sul suo collo. Sole schiuse gli occhi, e la sorpresa si dipinse sul suo volto.
-Jason!- mormorò, la voce impastata dal sonno, con un sorriso lieve sulle labbra. Il viso del ragazzo era vicino al suo,  e Sole si perse nei suoi lineamenti angelici e abbronzati, fantasticò su quelle iridi piene di pagliuzze dorate...prima di ricordarsi che giorno fosse. Arricciò il naso in una smorfia seccata. Si tirò su, stiracchiandosi, e il ragazzo rimase a osservarla, mentre lei raccoglieva i capelli orribilmente crespi in una coda disordinata, e scendeva dal letto, irrigidendosi quando i suoi piedi incontrarono il pavimento freddo.
-Finalmente incontrerai Alabaster, contento?- borbottò lei.
-Sono onorato dell'opportunità che mi è stata data- ribatté lui sarcastico. Sole si lasciò sfuggire un sorriso, ma poi le sue labbra si ripiegarono testarde all'ingiù.
-Jason- lo chiamò con voce sottile, puntando i suoi occhi di smeraldo su di lui -io non voglio morire-
Il viso del ragazzo si addolcì. Due braccia forti la circondarono, e fiamme calde e luminose le scaldarono il cuore, incenerendo ogni sconforto.
-Nessuno morirà- mormorò lui, e mentre il profumo di Jason le riempiva i polmoni, Sole assaporò quella bugia, la tenne stretta come fosse l'unica cosa che le impediva di lasciarsi divorare dall'ansia. Era una bugia dolce, che leniva il panico come miele, infondendole una sicurezza e una speranza che aveva quasi paura di avere. Tutta quella storia non sembrava poter davvero finire bene. E credere il contrario l'avrebbe solo fatta soffrire ancora di più.

***

Fecero colazione in un silenzio fastidiosamente teso, ognuno con la testa china sul proprio piatto. Sole cercò di mangiare qualcosa, ma era come provare ad ingoiare cartone. Sembrava che le sue papille gustative avessero smesso di funzionare, mentre l'ansia la divorava dall'interno, vorace. Allontanò da sé la tazza di caffè latte con una smorfia. Poi notò lo sguardo contrariato di Jason.
-Devi mangiare, Sole, o non avrai abbastanza energie- la redarguì, con voce morbida ma autoritaria - non voglio vederti svenire ed essere costretto a salvarti, ostacoleresti parecchio le cose- aggiunse con un sorriso sornione.
Lei non rispose, ma cominciò a masticare un biscotto, osservandolo con un cipiglio imbronciato. Come faceva ad essere allegro in una situazione del genere? Sole faticava anche solo a tenere a bada il panico che minacciava di esploderle nelle vene. Il sapore dolciastro di ciò che stava mangiando la nauseava.
Si accorse solo dopo un po' di quanto suonassero forzate le battute del ragazzo, e di come i suoi sorrisi non riuscissero mai a raggiungere davvero gli occhi. Probabilmente, Jason era terrorizzato quanto loro, ma cercava comunque di smorzare la tensione e tenere alto il morale del gruppo. Lei non sarebbe mai riuscita ad avere un comportamento tanto ammirevole in una situazione simile, e si rese conto che il ragazzo doveva impegnarsi parecchio per mascherare ogni emozione. Non sapeva perché si prendesse carico dei problemi degli altri con tanta leggerezza, ma era come se dopo ciò che i suoi poteri avevano causato a lui e alla sua famiglia si sentisse in dovere di espiare qualche colpa. Anche lui, probabilmente, avrebbe voluto essere rassicurato tanto quanto loro, e invece si era preso carico dell'umore di tutti, nonostante ricevesse indietro soltanto le occhiate gelide di Altair e i lunghi silenzi di Luna.
Sole sentì il bisogno di fargli sapere quanto per lei i suoi sforzi fossero importani. Cercò la sua mano sotto al tavolo, e quando la trovò strinse forte le dita attorno alle sue. All'istante, le spalle del ragazzo si rilassarono, e quando lui si voltò a guardarla, i suoi occhi color cioccolato brillavano come stelle.

La colazione sembrò non durare abbastanza. Pochi minuti dopo, si erano tutti alzati da tavola, facendo stridere le sedie in modo quasi assordante rispetto al silenzio di poco prima. Sole stava già per uscire dalla cucina, quando la figura ricurva sulla soglio non la fece fermare, stupita. Vy, che non si era accorta che la sorella non stava più camminando, andò a sbattere contro le sue gambe. La ragazza se ne accorse a malapena, ancora concentrata sul guardiano del faro, che la osservava con uno sguardo acquoso. Si capacitò solo in quel momento del fatto che quell'anziano signore li avesse ospitati a casa sua, senza chiedere nulla in cambio, nonostante loro non dovevano aver fatto una buona prima impressione. Il suo cuore si colmò di gratitudine per quell'uomo che le aveva offerto un letto in cui riposare, cibo, e mura dentro le quali poter essere al sicuro.
-Grazie...- mormorò, sincera -per ogni cosa-
Lui le rivolse un sorriso triste, la pelle che si increspó come carta velina.
-Voi siete la nostra ultima speranza- disse. Strinse la mano della ragazza tra le sue, ruvide e callose dopo tutti quegli anni, e lei ricambiò la stretta, delicata, sorridendo lieve. Poi il guardiano si allontanò senza aggiungere altro.

Le tre sorelle fecero un'ultima tappa in biblioteca, a prendere le ultime cose. Avevano preparato una piccola sacca per Vy, in cui la bambina avrebbe conservato il flauto finché non fosse arrivato il momento di usarlo. Sole gliela mise a tracolla, sistemandola con gesti accorti e delicati. Le spostò una ciocca di capelli castani dietro le orecchie, senza riuscire a nascondere la preoccupazione. Sperò con tutta sé stessa che quella non fosse l'ultima volta che la vedeva così, tranquilla e innocente. Un vociferare la distolse dai suoi pensieri prima che questi potessero prendere pieghe dolorose e inaspettate.
-Pantu, mi dispiace, ma non puoi venire. È troppo pericoloso. Tu e Starly dovete aspettarci qui- stava dicendo Luna, scuotendo la testa.
-Ma...-
-No- sibilò Luna, stringendosi nelle spalle, lo sguardo severo e risoluto -é già abbastanza preoccupante dover coinvolgere Vy in tutto questo. Non permetterò che Alabaster faccia del male anche a voi-
Il topino sembrava leggermente offeso dalle sue parole, ma non portò avanti la discussione. Forse perché Vy lo aveva preso tra le braccia, stringendoselo al petto con forza.
-Ti voglio bene, Pantu- singhiozzò, e ogni sua parola era intrisa di terrore.
-Andiamo, Vy, questo non è un vero addio...- cercò di consolarla Sole. Lei si asciugó le lacrime, guardandola ferita.
-Non è vero! Pensate che io non capisca nulla, ma so dove stiamo andando. Stiamo per combattere Alabaster, e siette tutti terribilmente preoccupati. Perciò non dirmi che questo non è un addio...- scoppiò in lacrime, e ogni singulto squassava l'anima di Sole, che si sentì ancora una volta inutile ed inerme.
-So che forse non torneremo a casa, quindi smettila di dire il contrario. Voi lo sapete che alla fine perderemo, e io sono stufa delle vostre bugie...- continuò Vy, inconsolabile. Era così piccola e spaventata, eppure era la loro unica arma contro Alabaster. Senza di lei e il flauto, sarebbero stati spacciati. Ed era insopportabile vederla così, triste e spenta, lei che brillava sempre di quella luce tanto limpida e singolare.
-Vy, ora dobbiamo andare. Hai ragione tu, abbiamo sbagliato a cercare di tenerti nascosto la parte peggiore della nostra avventura. Non ti racconteremo più bugie, e torneremo a casa, promesso- sussurrò Sole, cauta.
-Io le odio le promesse- mormorò Vy, mentre finalmente il suo corpicino minuto smetteva di tremare. La osservò con i suoi occhioni lucidi, da cerbiatta indifesa, e Sole dentro di lei vide una sincerità così pura da spaventarla.
-Specialmente quelle che non potete mantenere- concluse. Diede un ultimo abbraccio a Pantu e Starly, prima di dirigersi fuori dalla stanza.
Vy aveva ragione. Forse era piccola, ingenua e infantile, ma aveva sempre ragione. Con un sospiro pieno di sensi di colpa, Sole si affrettò dietro la sorellina, seguita da Luna.

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