Parte 55. Luna

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Fortunatamente avvistò la luna dopo meno di mezz'ora dal momento della partenza. Si alzò in piedi, allungando il collo per osservare il pianeta in tutta la sua interezza. Si accorse subito di due cose. La prima era che, rispetto ai pianeti nei quali erano stati fino a quel momento, la luna era infinitamente piccola. La seconda cose che notó era che non era fatta di formaggio, bensì di una roccia a metà strada tra il grigio e il bianco, che un tempo doveva essere stata liscia e perfetta, ma che ora era piena di grossi crateri dai bordi frastagliati. Al contrario di ciò che aveva immaginato, però, non era una landa incolta e desolata. C'erano campi di giraluna come quello che Altair le aveva regalato, le cui corolle sprigionavano riflessi argentei che si posavano luminosi su ogni cosa. Fiumi splendenti e dai colori innaturali attraversavano la sua superficie, spesso formando grossi laghi dai bagliori azzurrini quando il loro corso incontrava uno dei crateri. Branchi di lupi rincorrevano conigli dal manto candido e immacolato, e ogni sorta di animale notturno popolava il territorio, da grossi gufi dagli occhi gialli a nugoli di falene che si sollevavano in volo dai giraluna, volteggiando sinuose nell'aria come affascinanti farfalle in una notte eterna.
Questo, almeno, era quello che succedeva nella metà illuminata della luna, quella dove la notte, per quanto tale, era alleviata da centinaia di suoni e luci, come in un sogno. Nell'altra parte, invece, il buio prendeva il sopravvento su ogni cosa, un manto oscuro che soffocava ogni cosa al suo passaggio. Non c'era alcun segno di vita, in quel lato del pianeta, solo un luogo tetro pieno di ombre chi si aggiravano silenziose in campi di steli avviziti attorno a pozze di acqua densa e stagnante. Scese di quota, turbata da quella visuale, e ancora piu spaventata quando si accorse che quel manto cupo avanzava lentamente, trasformando in un incubo quel paesaggio da fiaba, con lentezza disarmante, un giraluna alla volta.

Luna cercò di tenersi nella parte illuminata, cercando intanto un palazzo, una torre, una casa, qualsiasi struttura in cui sarebbe potuta vivere una regina. Dopo poco lo trovò, un castello pieno di torri sottili, color bianco latte. Con quanta più delicatezza possibile atterrò davanti ad esso. Scese dalla barchetta, avvicinandosi alla struttura che non somigliava per niente alla fortezza di Alabaster. Lì i muri erano pieni di finestre sormontate da archi, le guglie alte che si protendevano verso il cielo donando all'edificio un'aura quasi onirica. La struttura era essenziale e leggera, eppure allo stesso tempo magnifica. Luna si avvicinò al portone d'ingresso, spalancato. Lo oltrepassò sicura, addentrandosi in quella che doveva essere la sala del trono del palazzo. La stanza aveva un soffitto ad arco, così alto che era impossibile stabilire con certezza se fosse veramente lì o si fondesse con il cielo pieno di costellazioni all'esterno. Ampie finestre senza vetri erano intervallate da sottili strisce di muro, dando la sensazione di essere sospesi in uno spazio che non era né aperto né chiuso. Luna proseguì, i suoi passi ovattati che si sovrapponevano ad altri, più leggeri, che solo in un secondo momento capì appartenere a ragazze sottili, con i capelli corvini legati in crocchie disordinate, che camminavano svelte senza apparentemente avere una meta. Una di loro incrociò per un attimo lo sguardo curioso di Luna, guardandola con occhi neri che contrastavano con la carnagione pallida del suo viso. La ragazza abbassò subito la testa, con aria colpevole come se fosse stata colta nell'atto di rubare qualche biscotto dalla credenza. Luna provò a parlarle, ma quella si allontanò velocemente, il semplice abito bianco che indossava che svolazzava leggero al suo seguito.
-Le Ancelle della Notte- una voce fredda ma melodiosa la fece pietrificare. Apparteneva a una donna giovane, bellissima ma austera, con occhi color del mare, capelli neri e due ciocche candide ai lati del viso, labbra morbide rosso sangue che spiccavano sul viso pallido. Assomigliava terribilmente a Luna, ma allo stesso tempo era completamente diversa. Gli occhi erano freddi e duri, non una tempesta come i suoi, e meno luminosi. I lineamenti più spigolosi, l'espressione severa. Al contrario della ragazza, sembrava che la tristezza e il tormento non la scalfissero ma la circondassero invece come un mantello scuro e impenetrabile. La sua figura era avvolta da un'aura fredda e misteriosa, e tutto in lei ostentava una sorta di superiorità che non accennava a voler nascondere, di una che conosceva la propria forza e sapeva esattamente come sfruttarla a suo vantaggio. Il modo in cui accavallava le gambe slanciate sul suo trono, la testa appoggiata con grazia a una mano, fece bruciare Luna d'invidia. Lei non sarebbe mai riuscita ad essere così sicura di sé.
-Fanciulle sgraziate e poco inclini a intraprendere una conversazione, ma comunque molto utili per qualsiasi tipo di compito si chieda loro di svolgere. Sai, passano un sacco del loro tempo in biblioteca, leggono centinaia di libri e poi ne scrivono altrettanti quando le loro testoline non riescono più a trattenere la miriade di informazioni con cui si ritrovano. Amministrano il regno, si esercitano con i loro sciocchi poteri, sono una sorta di piccole apprendiste multiuso- spiegò la donna annoiata. La sua voce era come il canto delle sirene, un'ammaliante trappola mortale. Ora Luna era sicura che fosse lei la regina di cui le luci parlavano.
-Comunque ti stavo aspettando, Luna. Sei in ritardo. So che nessuno dei vostri inutili aiutanti è riuscito a darvi una mezza idea di quanto poco tempo sia rimasto a vostra disposizione, ma sei in ritardo- continuò la regina, accigliata.
-Cosa fai ancora lì imbambolata? Avvicinati, avanti- la esortò. Luna obbedì docilmente, fermandosi a pochi passi dal trono. Doveva forse inginocchiarsi. Dopotutto, era davanti a una regina, per quanto questa fosse odiosa. Non lo fece, e rimase immobile, cercando di rimanere calma e concentreta. Era arrivata fin lì solo per prendere la chiave, poi se ne sarebbe andata.
-Devo dire che non sei venuta fuori male, dopotutto. Un po' anonima, certo, e quegli occhi da cerbiatta sono a dir poco irritanti, ma vedo che sotto sotto hai carattere. E di certo sei molto forte, ma sembra quasi che tu abbia paura di sfruttare al massimo le tue potenzialità. E questo è inaccettabile- commentò la donna, scrutandola con occhi critici. Come faceva a sapere così tante cosa su di lei? Si morse la lingua per evitare di fare domande o rispondere con parole taglienti. Come si permetteva di definirla anonima quando erano pressoché identiche? Evitò di dire anche quello. Avevano davvero bisogno della chiave per portare a termine la loro missione.
-Ma tutti questi difetti sono comprensibili. In fondo, tua madre, per quanto fosse intelligente a avesse quel qualcosa in più, non aveva dei gran gusti in fatto di uomini- la regina si interruppe per un momento, prima di continuare -sorvoliamo sul fatto che non mi hai neppure ringraziato per averti dato tutti i tuoi poteri, e veniamo alle faccende più importanti. Allora, di cosa hai bisogno?-
Solo in quel momento la ragazza si rese conto di chi fosse la donna. Non era semplicemente la regina della luna, ma colei che, in qualche modo, le aveva donato i poteri. Le ritornarono in mente le immagini che Tess aveva mostrato loro, quella delle due ragazze al fianco di sua madre, così simili a lei e Sole, e lo strano bagliore che era scaturito dalle loro mani quando l'avevano abbracciata. Doveva essere stato quello il momento in cui le avevano passato la magia, che si era poi trasferito a Luna, in qualche modo. Perciò, forse, sarebbe dovuta essere riconoscente. O forse no.
-Vorrei riavere la mia collana, quella con la piccola chiave d'argento, mi serve per...- cominciò Luna, ma fu subito interrotta.
-Hazel, vieni subito qui- chiamò la donna. La ragazza di poco prima arrivò un istante dopo, inchinandosi davanti alla regina della luna.
-Ti ricordi quella chiave che ti avevo detto di custodire con cura?-
-Sì, maestà-
-Bene, corri a prenderla allora-
-Subito, maestà-
La ragazza corse via, ubbidiente. Gli occhi della donna tornarono a scrutare Luna.
-Sai una cosa, ragazzina? Quasi mi piaci. Dovresti parlare un po' di più, però. Non hai mai nessuna domanda?-
-Ho tante domande, sempre, ma potrebbero essere poco opportune-
-Chiedimi tutto quello che vuoi-
-Perché, fra tutti, hai scelto proprio nosta madre?-
-Questo è ovvio. Era l'unica che aveva il dono-
-Il dono?-
-Poteva controllare le stelle, lei. Solo che non lo sapeva, e mai lo saprà, probabilmente. Quando io e lo spirito del sole l'abbiamo vista, sulla Terra, abbiamo capito che era la persona giusta. Le abbiamo lasciato parte dei nostri poteri, che sono arrivati a voi quando siete nate. Poi è nata Vy, e il potere delle stelle si è trasferito a lei. Sai già come funziona quel tipo di magia. Solo una persona alla volta può controllarla, altrimenti avviene il caos-
-In che senso?-
-Beh, immagina un palloncino. Se con una mano lo spingi in avanti, non succede nulla. Ma se con l'altra cominciassi a schiacciare dalla parte opposta, prima o poi esploderebbe. Ora Alabaster e Vy sono le due mani, e l'universo è il palloncino. E uno dei due deve morire, se si vuole evitare la catastrofe-
-Ma se solo una persona può controllare le stelle, allora perché adesso Alabaster ha quel potere?-
-Lo sai già. Il cacciatore cattura le stelle, e Alabaster assorbe la loro magia-
L'inquietudine prese il sopravvento nel cuore di Luna.
-Aspetta un attimo. Chi è il cacciatore?- chiese, con voce tremante.
Ma la regina non rispose. L'ancella era appena tornata, tra le mani il piccolo ciondolo argentato. A testa bassa lo porse a Luna, che lo prese ringraziandola con un sorriso fugace. La sua mente vorticava attorno a centinaia di ipotesi. Il cacciatore era forse l'aiutante segreto di Alabaster? Poteva forse esistere una qualche sorta di cacciatore di... stelle?
E in qual caso, chi era il cacciatore di stelle?
Forse...no, non era il momento di distrarsi. Doveva tornare al faro, adesso.
-Fossi in te mi sbrigherei- sembrava che la donna le avesse letto nel pensiero.
-Qui diventiamo un po' intrattabili, quando arriva il buio...- un sorriso le si dipinse sul volto, e Luna si girò. L'oscurità stava invadendo ogni cosa, anche all'interno del palazzo, entrava dalle finestre e ingrigiva ogni cosa. A quella vista, le ancelle sbarravano gli occhi ma non scappavano terrorizzate. Semplicemente, appena il buio si avviluppava intorno a loro, queste si trasformavano, i loro vestiti bianchi  diventavano un manto di piume nere come la pece, le fanciulle che erano fino a qualche istante prima venivano sostituite ora da grossi corvi gracchianti. Luna non aspettò di vedere cosa sarebbe successo se il manto di ombre avesse raggiunto anche lei. Fece dispiegare la barchetta,  e in un'attimo fu in volo, uscendo dal palazzo bianco passando da una delle finestre.
Appena si fu allontanata, si sistemò la collana al collo, con dita tremanti. Presto sarebbe stata al faro, e avrebbe potuto parlare con Sole.

 Presto sarebbe stata al faro, e avrebbe potuto parlare con Sole

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