Magia

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Altair era stato convocato al palazzo del sovrano. Accadeva di rado, solitamente per affibiargli qualche compito importante o elogiarlo per la sua bravura, o semplicemente per assistere agli strambi discorsi del sovrano, pieni di buio e sete di potere. Con mille pensieri in testa, raggiunse a passo svelto il palazzo. Era immenso, con guglie, torri e torrette di pietra grigia, si ergeva sopra la città come un gigantesco uccellaccio grigio. Le mura che lo circondavano erano invalicabili, tranne per Altair, che conosceva ogni passaggio segreto del castello, ogni porta nascosta e ogni parete scorrevole. Stavolta entrò dal maestoso portone principale, di legno e metallo, che si aprì al suo passaggio. Percorse svelto il cortile acciottolato e superò l'uscio. Come sempre, non c'era alcun servitore ad accoglierlo, e non ce ne era uno in tutto il castello, a eccezione delle Ombre, che lo infestavano con i loro occhi rossi, passando attraverso persone e oggetti come fantasmi. Dopo poco Altair si ritrovò nella sala del trono. Arcate di marmo grigio venate d'oro, colonne ai lati dello stesso materiale, grossi candelabri alle pareti e un grosso lampadario dorato al centro. Il pavimento, sotto i piedi nudi del ragazzo, era gelido, ma la sua anima ancora di più, per cui non si preoccupò di camminare sul lungo tappeto blu che arrivava fino al trono. Arrivato abbastanza vicino da poter udire le parole del re si inchinò, poi rimase inginocchiato e a capo chino, in attesa di ordini.
-Alzati, Altair- disse Alabaster. Altair lo fece. Guardo l'uomo seduto sul trono. Era sulla quarantina, con una barba corta e ispida a incorniciare un viso attraente ma corrucciato, la bocca arricciata, e gli occhi annoiati, come se fosse alquanto insofferente al  "ritardo" di Altair. Una mano teneva la sfera di cristallo, l'altra tamburellava sul bracciolo del trono. Lux era stravaccato sulla poltrona: la corona viola in testa storta, il grosso mantello blu notte stropicciato e le gambe accavallate. Ostentava una giovinezza che stava scomparendo, come testimoniavano le rughe agli angoli degli occhi e le strisce grigie sulla sua barba, e sembrava accigliato del fatto di non avere ancora trovato il modo di rimanere bello in eterno.
-Tre bambine terrestri stanno cercando di intralciare il nostro lavoro- disse - trovale e uccidile-
-Sí- non aggiunse "mio sovrano", perché era Alabaster che lo possedeva, non il contrario. Fece per andarsene, ma Lux non aveva ancora finito.
-Manca poco, Altair. Manca poco, e tu potrai riavere i tuoi genitori- il cuore di ghiaccio pieno di crepe del ragazzo gemette.
Poi il sovrano aggiunse.
-Qualche volta sono le stelle più piccole a causare i danni maggiori -
Altair annuì e se ne andò, in una notte piena di sogni e speranze che lui avrebbe brutalmente fatta a pezzi. Ma, dopotutto, lui era il cacciatore di stelle.

 Ma, dopotutto, lui era il cacciatore di stelle

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