Magia

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Il cacciatore di stelle aprì gli occhi. Scese silenziosamente dal letto con le lenzuola blu, i muscoli di tutto il corpo in tensione, prestando la massima attenzione per non svegliare il suo nuovo coinquilino, che dormiva placidamente a meno di un passo da lui. Il cacciatore percepiva i suoi respiri regolari, il calore emanato dal suo corpo che non riusciva tuttavia ad alleviare quel vuoto freddo che sentiva nel petto, lacerando la sua anima già a brandelli. Ancora una volta, pensò che sarebbe stato fin troppo facile sfilare il pugnale e affondarlo proprio in mezzo alla gola del ragazzo, ma ancora una volta, qualcosa glielo impedì. Quella briciola di umanità, che resisteva strenuamente alla bufera del suo cuore di ghiaccio, lo costrinse a distogliere lo sguardo. Il cacciatore scivolò rapido fuori dalla porta della camera.
Mentre saliva la stretta scala a chiocciola, Altair si rese conto che la sua stella, quella che aveva cercato per tutta la vita senza neppure saperlo, dormiva nella stanza appena dopo la sua. Così vicina, eppure irraggiungibile. Il cacciatore sfiorò la collana di lacrima, color zaffiro, proprio come gli occhi in tempesta della sua testa. Se chiudeva gli occhi, riusciva quasi a vederlo, quello sguardo timido e tormentato come il mare, quelle labbra morbide e delicate come petali di rosa. Quel viso piccolo e delicato di una ragazza così esile e fragile che Altair aveva paura che, se il vento avesse soffiato troppo forte, l'avrebbe spazzata via. Ripensó al momento in cui le aveva salvato la vita, a come aveva pensato di essere arrivato troppo tardi, alla paura irrazionale che, nonostante la polvere di stelle che aveva messo sulla ferita, quei respiri deboli di una Luna svenuta sarebbero stati gli ultimi.
Luna, quel nome suonava alle sue orecchie come il canto melodioso di mille sirene, alleviava il freddo che sentiva dentro, lo faceva sentire...vivo. Sempre che una vita di sogni infranti, anime congelate e cuori spezzati, potesse essere definita tale.
Ma in quel momento il cacciatore aveva altro a cui pensare. O forse no. Senza sapere perché, Altair aprì la porta della camera di Luna. Tutte e tre le sorelle dormivano, ma solo due facevano sogni tranquilli. L'altra, la sua stella, sembrava pensierosa e tormentata pure nel sonno. Il cuore di ghiaccio di Altair aumentò impercettibilmente il battito. Si avvicinò al viso della ragazza, osservando quel volto che sembrava non voler abbandonare i suoi sogni. Perché non c'era chirurgo in grado di ricucire la sua anima a brandelli, così come non esistevano cure per lenire il vuoto dentro al suo petto. Eppure, quella ragazza fragile e mortale, sembrava riuscire ad aggiustare ciò che lui si era rotto con un semplice sguardo. Sfiorò con dita fredde le labbra rosso sangue di Luna, prima di voltarsi e sparire svelto, correndo su per la tromba delle scale.
Si fermò solo una volta arrivato alla punta del faro, nella sala dalle pareti di vetro. Uscì da una delle finestre che la circondavano, e subito la pioggia inizio a sferzare sul suo viso. Ma al cacciatore di stelle non importava. Ancora una volta, la tempesta non era nulla al confronto del caos che sentiva dentro. Strinse meglio la sottile corda legata alla caviglia, il sogno di Alabaster, e subito questa gli illuminò la strada, una sottile striscia evanescente che lo avrebbe condotto a destinazione.
Mentre correva, più veloce del vento, della luce, e del tempo, una domanda continuava a tormentarlo.

Quale era il suo sogno?

Altair non era sicuro che un mostro come lui potesse essere in grado di sognare. Da piccolo il vecchio orafo gli aveva raccontato storie, su stelle cadenti in grado di realizzare i desideri. Gli aveva detto che bastava sussurrare il proprio sogno a quei distanti puntini luminosi, e questo si sarebbe avverato. Eppure, nonostante le migliaia di stelle che aveva catturato, il cacciatore di stelle non aveva mai sentito il bisogno di chiedere alcunché. Aveva sempre pensato che fossero le stelle le cattive. Dopotutto, quante volte aveva guardato in cielo per chiedere aiuto agli astri? E questi gli avevano tolto tutto, perfino sé stesso. Era colpa loro se ora Altair non era altro che un guscio vuoto, l'ombra della persona che un tempo doveva essere stato. Erano le stelle che Alabaster tanto adorava a ucciderlo in quel modo così straziante, togliendo ciò che restava della sua umanità un pezzo alla volta, sostituendo sogni e speranze con quella nebbia gelida e terrificante.
O almeno... questo era quello che aveva creduto, finché non aveva incontrato un'altro tipo di stella, quella che ora dormiva, ignara delle sue nefandezze, sotto coperte color notte. Perché ora il cacciatore di stelle sapeva di essere lui stesso la causa di tutto quel dolore, e nonostante questo non riusciva a ribellarsi al suo compito. Sapeva che le stelle lo avrebbero ucciso, ma non poteva smettere di catturarle. Neppure quella notte.

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