Parte 25. Tess

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Quando guardava in alto, nei momenti in cui la nebbia era meno fitta, Luna poteva scorgere le decine di satelliti di Saturno. Erano tantissime, di ogni colore o dimensioni, e la ragazza avrebbe tanto voluto immortalarle in un'istantanea o dipingerle su una tela. Peccato che non potesse fare nessuna delle due cose. Ricordava vagamente che il numero di lune si avvicinava ai settanta, o forse agli ottanta, ma osservando il cielo azzurro ingombro di sfere Luna pensò che erano davvero troppe. Troppe, ma comunque meravigliose, sembravano dipinte con gli acquerelli, come tutto ciò che li circondava, del resto...
-Ehi Luna, sto parlando con te! Siamo quasi arrivati- disse la sorellina battendo le mani. Ormai la casetta pericolante era stata raggiunta. Luna notò sgomenta quanto la roccia su cui posava fosse alta, come un palazzo di cinque piani, ma soprattutto quanto fosse stretta, larga come il tronco di una quercia  che andava restringendosi sulla punta, così che l'abitazione stava in equilibrio grazie a un appoggio grande come il fondo di un bicchiere. La ragazza ebbe le vertigini alla sola idea di dover entrare in quella casetta traballante: come faceva a stare in piedi? Avrebbe retto quando vi sarebbero salite? Sperava ardentemente di sì. Quando finalmente arrivarono ai piedi dello scoglio, sopraggiunsero i primi problemi. La casetta si trovava lontano dalla riva, ed era quindi circondata dalle profonde acque del lago. Non un grande ostacolo per lei, ma avrebbe avuto la forza necessaria ad aiutare tutti i suoi compagni? Ne dubitava.
-Luna, ora tocca a te- la spronò Pantu. Allora lei mise da parte tutti i suoi dubbi, concentrandosi solo sul suo compito. Avrebbe dovuto far ritirare centinaia di milioni di litri d'acqua, cosa che si rivelò da subito molto semplice. Bastò pensarlo, e le acque, letteralmente, si aprirono al suo passaggio e a quelle delle sue sorelle, ritirandosi lentamente come a volerla accogliere in un fresco abbraccio. Ora il lago creava una sorta di tunnel, con pareti d'acqua limpida e trasparente, dietro i quali si potevano scorgere strane creature, simili a pesci, dai colori sgargianti e dalle lunghe pinne dorate. Alcune creature somigliavano a ventagli, con tentacoli che sembravano seta, altri erano grosse tartarughe, con il guscio pieno di fiori e le fronti tempestate di diamanti. E poi polipi, meduse, murene, a formare un mondo tutto loro in un pianeta all'apparenza disabitato. Con Vy per mano, Sole appena dietro che la seguiva meravigliata, e il topolino su una spalla, la ragazza avanzò fino alla base della roccia con una sicurezza che era sicura non le appartenesse. Appena mise piede sullo scoglio, però, il tunnel cominciò a richiudersi alle loro spalle. Con orrore, Luna si accorse che Starly e i due ragazzi erano rimasti dall'altra parte, senza possibilità di raggiungerle. Tentò di riaprire il passaggio, tuttavia una qualche forza glielo impedì.
Solo le anime pure possono passare, rimbombò una voce nella sua testa. Che significava? Qual era il criterio per definire una persona pura? Perché dal suo punto di vista, Vy e la gemella potevano essere considerate tali, ma lei proprio no. Lei era cattiva, lo sentiva nel profondo nell'anima, glielo urlava il suo cuore di ghiaccio. Cattiva, cattiva, cattiva. Lei si ribellò, lottò con i denti e con gli artigli per tenere a bada quell'ombra che cercava di soffocarla. Tutti noi abbiamo un lato oscuro, e quello di Luna era particolarmente forte e tenace, ma anche lei lo era. Perciò lo costrinse in un angolino della sua mente. Almeno, per il momento. Aveva una missione da portare a termine, e certo non si sarebbe fatta ostacolare.
-E adesso come saliamo fin lassù ?- domandò Sole. Alle sue parole, l'acqua del lago cominciò a risalire verso l'alto, creando una scalinata trasparente.
-Così- rispose Vy, e cominciò a salire. Le sorelle la seguirono. La ragazza lanciò una sola occhiata indietro, a osservare Jason e Altair che le osservavano, in compagnia della stellina. Mai, neppure per un momento, una domanda le attraversò la mente. Cosa c'era nei due ragazzi, che non li rendeva puri quanto loro tre? Forse se lo chiese, quasi sicuramente no. Perché a volte il nostro cuore ci rende ciechi e irrazionali. Luna contò trecentotrentatrè scalini prima di mettere piede sul portico della casetta di legno. Incredibilmente, la scala aveva sostenuto il loro peso, ed erano riuscite ad arrivare incolumi fino alla stramba abitazione. Che sicuramente sarebbe precipitata da quella roccia. Un tempo doveva essere stata protetta da un qualche incantesimo, ma ora, ogni volta che una di loro spostava di poco un piede, si potevano sentire le assi di legno scricchiolare e la stessa struttura tremare leggermente. Luna preferì non sapere cosa sarebbe successo se si fossero mosse troppo in fretta. Anche il solo guardarsi attorno sembrava togliere stabilità alla vecchia casa. Non che ci fosse molto da vedere, in ogni caso. Erano su un portichetto stretto, appena sufficiente per loro tre, che precedeva la porta d'ingresso, con accanto una finestra con tende azzurre che ondeggiavano alla brezza leggera e vasi di fiori sul davanzale. Di fianco alla porta si trovava un grosso annaffiatoio di ferro, anch'esso pieno di fiori, e attaccata alla porta stava una ghirlanda in fil di ferro, piena di stelle e lune, che arrecava i segni del tempo. Al lato opposto rispetto alla finestra, neanche ci fossero molte altre case come quella nell'intero universo, svettava a lettere dorate il numero civico: 815.
-Secondo voi dovremmo bussare?- chiese Luna confusa.
-Penso di sì - le rispose la gemella, avvicinandosi con cautela alla porta. Batté con il pugno due volte.
Toc. toc.
La porta si aprì rivelando una piccola saletta. Ovunque erano appesi scacciapensieri, rigorosamente a forma di stella. Al centro era posizionato una sorta di arcolaio, o forse un filatoio, di legno grigio, mentre su lato sinistro della sala, una sorta di lavandino di pietra era attaccato alla parete. Non era un lavandino, più un vaso, pieno di un liquido trasparente nel quale era immersa una matassa di morbida lana luminosa. La stessa lana era appesa ad asciugare, stesa su una lungo spago che percorreva la stanza per tutta la sua larghezza. La parete più in fondo era completamente ricoperta da un'ampia scaffalatura, nella quale erano riposti con cura milioni di piccole cordicelle lucenti, le cui auree andavano dal viola opaco al verde acceso. Tra quella merea di fili e scaffali c'era lo spazio appena sufficiente per una porticina, appena socchiusa, che però non lasciava intravedere nulla di ciò che nascondeva. Accanto all' arcolaio, su uno sgabello di velluto blu, era seduta una ragazza, intenta a filare quella lana luminescente. Quando si accorse della presenza di Pantu e delle ragazze, alzò lo sguardo dal suo lavoro. Rivelò un viso gentile, contornato da lunghi capelli lisci color del grano, mentre due occhi grigi si fissavano in quelli tondi e neri di Pantu. Un sorriso le attraversò il viso.
-Vi stavo aspettando- disse la sua voce morbida. Pantu scese dalla spalla di Luna, e si avvicinò alla ragazza, il nasino fremente. Luna si accorse solo in quel momento di come sembrasse piccolo e indifeso.
-Ti...ti ricordi di me?- chiese con una vocina sottile. Il viso della ragazza si addolcì.
-Come potrei dimenticarmene?-
Poi prese il topino in mano, e lo strinse in un delicato abbraccio. Fu il momento più dolce e commovente al quale  Luna avesse mai assistito.
Quando si staccarono, il topino parlò.
-Sole, Luna, Vy, vi presento la Tessitrice di sogni-

-Sole, Luna, Vy, vi presento la Tessitrice di sogni-

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