Magia

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Altair percorreva a passo svelto i contorti corridoi del palazzo. Teneva tra le mani una candela che illuminava, con la sua luce fioca e tremolante, le austere pareti spoglie del castello. Il pavimento di pietra sotto i suoi piedi era gelido, ma non ci fece troppo caso. Doveva sbrigarsi se voleva arrivare su Saturno prima di quel gruppo di terrestri, o il suo piano non avrebbe potuto funzionare. Lux però gli aveva permesso di poter portare con sè un dono, da considerare come pegno per la sua ubbidienza. In verità, non gli interessava molto il denaro, perché era sicuro che fosse di questo che si trattasse il premio, tuttavia era meglio non contraddire mai Alabaster, se non si volevano subire le conseguenze. Con questi pensieri per la mente, poco mancò perché non si accorgesse di aver già passato la porta della stanza in cui era contenuta parte del tesoro del sovrano. Tornò sui suoi passi e aprì la porta. Si trovò in una piccola stanza quadrata, poco più di uno sgabuzzino per le scope, le pareti strapiene di mensole di legno grondanti migliaia di gioielli di cristallo. Quando ne riconobbe la provenienza, ebbe un tuffo al cuore, quel cuore di ghiaccio a brandelli e pieno di crepe, e quasi si stupí di sentirlo battere ancora, debole, nel petto gelido. Quei gioielli, quegli animaletti di cristallo, conservati in malo modo come oggetti di poca importanza, erano stati forgiati dalle sue stesse abili mani quando era ancora un bambino, nella bottega dell'orafo. Il ricordo del viso gentile del vecchio uomo, delle sue mani forti che gli davano pacche sulla spalla o lo abbracciavano goffamente, il modo in cui ogni mattina spalancava le finestre per far suonare gli scacciapensieri, erano ricordi impressi a fuoco nella sua memoria, una ferita ancora aperta di ciò che rimaneva del suo cuore, sempre che vi fosse rimasto qualcosa. Tuttavia, quando cercava di soffermarsi su di essi, questi sembravano avvolti da una nebbia fitta, impossibile da dissipare. Per qualche secondo Altair rimase lì, impalato all'entrata della stanza guardando con tristezza i piccoli tesori della sua infanzia. Avrebbe voluto portarseli tutti con sè, non per il loro valore, ma perché sperava in qualche modo di riuscire di nuovo a sentire in la presenza dell'orafo accanto a sé. Perché la verità era che lui era solo, terribilmente solo. Fin dal primo momento in cui aveva cominciato a lavorare per Lux, aveva desiderato di avere qualcuno con sè, qualcuno da amare, una stella che con i suoi poteri sarebbe riuscita a cancellare tutta la sua infelicità. O almeno, credeva di averlo desiderato, perché ormai lui non provava più nulla. La sua anima era messa peggio persino peggio del suo cuore. Scosse la testa. Stava perdendo tempo. Il barlume di vita che aveva appena brillato per un attimo nei suoi occhi era sparito, lasciandogli un vuoto freddo nel petto. Entrò nella stanzetta,, guardandosi attorno senza dar troppa importanza a ciò che vedeva. Erano solo vecchi gioielli, in fondo. Una famiglia di volpi lo fissava con gli occhietti lucenti, il pelo di un intrigante color topazio. Dalla parte opposta, un gruppo di delfini saltava giocosamente tre le onde di cristallo. Le statuette erano troppo fragili da trasportare, così prese una sottile catenella argentata, con un piccolo zaffiro a forma di lacrima appeso. La guardò per qualche secondo poi, veloce come un soffio di vento, uscì dalla stanza. Mentre percorreva a ritroso il percorso di andata, si domandava il motivo per cui aveva scelto proprio quella collana. Poteva dirsi cento volte che l'aveva fatto perché era facile da nascondere o da barattare, ma la verità, che forse ancora non conosceva, era tutt'altra. Il colore dello zaffiro, quel blu del mare in tempesta, era lo stesso degli occhi della ragazza, la ragazza che sognava ogni notte da mesi, con lunghi capelli corvini, labbra rosso sangue e uno sguardo gentile che celava un uragano di sentimenti. Era lei la sua stella. Non poteva saperlo, eppure ne era certo. E avrebbe affrontato qualsiasi cosa per raggiungerla. Perché anche i cacciatori più spietati e crudeli hanno un cuore. Ma, soprattutto, perché anche il cuore di ghiaccio più freddo può ardere d'amore.

 Ma, soprattutto, perché anche il cuore di ghiaccio più freddo può ardere d'amore

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