Parte 17. Specchi

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Luna aveva davanti a sé un muro, un muro infinitamente alto fatto di specchi, che riflettevano la sua immagine spaurita. Luci di ogni colore viaggiavano per la stanza, altrimenti completamente buia, come se i fari di un teatro fossero improvvisamente impazziti e seguissero freneticamente attori inesistenti. E adesso? Cosa doveva fare per salvare le sorelle? Cercò un'indizio, qualcosa che le suggerisse la mossa successiva, finché vide ciò che cercava. Un cartello di legno, la vernice acrilica azzurra scrostata in più punti, con una grossa freccia bianca, che indicava pigramente su. Luna aveva capito di dover salire, ma era impossibile. Non ci si può arrampicare sugli specchi. Fece qualche passo indietro, valutando la situazione. Non aveva scelta. Doveva provarci. Per tutti i suoi amici, che erano rimasti intrappolati. Ma soprattutto, per dimostrare a sé stessa che nulla era impossibile. Le tornò in mente un vecchio ricordo, rimasto nascosto per anni nell'angolino più buio del suo cuore.

Era rannicchiata tra la coperte, stringendo tra le mani un libro di fiabe. Era stata una brutta giornata, non ricordava per quale motivo, e ora desiderava solamente essere lasciata in pace. Peccato che avessero scelto proprio quel giorno di invitare a casa un'amica, una delle bambine più timide e gentili della scuola. Ora Sole e lei stavano giocando ad acchiapparella, correndo su e giù dalle scale, sbattendo porte e pestando i piedi a terra con tanta forza che sembrava ne andasse della loro vita. In una giornata normale si sarebbe unita al divertimento, aggiungendo al gioco un tocco magico per renderlo più avvincente. Quel giorno, invece, il rumore la infastidiva così tanto che si infuriò ancora di più. Voleva leggere, ma non poteva farlo con tutto quel trambusto. Sarebbe potuta andare con le altre bambine, a divertirsi, ma era troppo di cattivo umore. Rimase sul letto, a fissare le pagine del libro, finché non sentì dei passi leggeri avvicinarsi.
-Ehi, Luna, ti andrebbe di giocare con noi?- chiese ana vocetta timida.
-No, grazie, non mi va.-
-Ma dai, sei sempre lì a leggere, ti piace così tanto stare da sola? Non hai mai mai pensato di fare altro, nella vita?-
Questo era troppo. Le parole erano state dette con dolcezza, ma per Luna furono come uno schiaffo. Come osava essere così insolente? Sì, avrebbe tanto voluto giocare con lei, ma a nessuno piacciono le bambine cattive e arrabbiate. No, odiava stare sola, ma almeno evitava di infastidire gli altri nei suoi momenti peggiori. Avrebbe voluto dire tutto questo alla bambina che le stava davanti, ma il suo cuore si era di nuovo stretto nel suo scudo ghiacciato. Gelida, rispose:- Forse a volte mi annoio, ma è meglio essere annoiati che stare con quelli come te. Ti credi tanto amata, vero? Beh, sappi che a scuola tutti si prendono gioco di te, alle tue spalle, e tu sei solo una sciocca che non è in grado di ribellarsi a tutto questo-
Aveva scelto con cura ogni parola, traffiggendo con ognuna di esse il cuore della bambina con mille pugnali di ghiaccio. La bimba aveva gli occhi pieni di lacrime. Cercò di frenare i singhiozzi, ma non ci riuscì, e uscì di corsa dalla stanza. Dopo qualche secondo di confusione, Luna si riprese. Aveva appena fatto piangere una sua amica. Come aveva potuto? Il rimorso si impossessó del suo corpo, allentando la morsa ghiacciata che le stringeva il cuore. Aveva perso il controllo, se ne era accorta troppo tardi. Perché è facile creare una barriera fra sé stessi e gli altri, ma è molto piu difficile abbatterla. Non era colpa sua, lo sapeva, era colpa del ghiaccio che circondava il suo cuore. L'aveva sempre tenuto segreto, nascondendolo con sorrisi dolci e parole gentili, ma nonostante tutti i suoi sforzi c'erano momenti in cui non riusciva a trattenersi. Il buio aveva la meglio sulla luce, e lei diventava la creatura crudele dalla quale aveva sempre cercato di scappare.
Uscì dalla camera, andando a cercare aiuto dalla madre. La trovò in cucina, la piccola Vy di appena un anno in braccio, e con gli occhioni blu pieni di lacrime le spiegò l'accaduto.
-Sono stata orribile - disse tra i singhiozzi.
-Ti sei fatta prendere dalla rabbia, può succedere. Fatti guidare dalla bontà. Trasforma il tuo cuore di ghiaccio in un cuore di panna - le disse Mami con dolcezza.
-Io...non so se ci riesco-
-Si che ci riesci. Ricorda, se desideri davvero realizzare un obiettivo ce la farai. È la volontà che ti darà la forza di continuare-

Il ricordo sbiadì, mentre le ultime parole della donna le rimbombavano nella testa. Ce l'avrebbe fatta. Il suo obiettivo era salvare le sorelle, Pantu e Jason, e aveva tutta la volontà necessaria per raggiungerlo.

Si avvicinò agli specchi. Guardò in su. Erano davvero altissimi. La sua sicurezza vacilló per un istante. Non poteva perdersi d'animo, doveva farcela. Appoggiò una mano sulla superficie di vetro, e con suo grande stupore questa si modellò, andando a formare un appiglio al quale aggrapparsi. Mise un piede, e quello facilmente trovò un appoggio. Continuò così, avanzando lentamente, un appiglio scivoloso dopo l'altro, migliaia di bagliori colorati che si riflettevano nei suoi occhi, contrastando con forza con il buio che la circondava. Qualche volta scivolò, aggrappandosi solo con le unghie per non cadere in quella trappola mortale, ma sempre si obbligò a proseguire, decisa come non mai a ritrovare tutti. Dopo un'ora interminabile, vide un altro cartello di legno aleggiare nel vuoto. Sei a metà percorso diceva. Lei non si scoraggió. Fino a quel momento non era stato poi così difficile arrampicarsi, o almeno non tanto quanto si era aspettata. Quindi proseguì, superando il cartello senza darvi troppo peso. Lei avrebbe continuato ad avanzare, fosse stato per ore, giorni, o anni. Successe tutto in fretta, troppo in fretta perché potesse assimilarlo. La sua immagine riflessa si trasfigurò, sparì, sostituita da mostri spaventosi. Giganti che mangiavano bambini, assassini fatti di buio con pugnali infuocati, ma, soprattutto, grossi clown dal sorriso dipinto, il naso rosso come una macchia di sangue, che le porgevano palloncini di spine, le bocche contratte in ghigni orrendi. Luna serró gli occhi. Non è reale, è solo un'illusione si ripeteva scuotendo la testa, ma anche ad occhi chiusi le vecchie paure di bambina erano ancora lì, a sorriderle con i loro sorrisi di zanne, a guardarla con occhi infuocati di pazzia. Il cuore martellava con forza nel petto, e la grande sicurezza avuta fino a pochi istanti prima fu sostituita dal terrore. Era come trovarsi in un incubo e non potersi svegliare. Mentre il suo cuore si riempiva di paure, gli appigli che le permettevano di rimanere attaccata alla parete rimpicciolivano, sempre di più. Ancora un minuto, e sarebbero svaniti del tutto. Non ce l'avrebbe fatta a proseguire, non ci riusciva. Sì che ci riesci una voce echeggió nella sua testa, è la volontà che ti darà la forza di continuare. Tremante, aprì gli occhi. Non sarebbe caduta, non si sarebbe fatta intimorire, da nessuno. Guardò con ribrezzo i mostri riflessi sullo specchio, completamente inermi. Era come trovarsi in un incubo, forse, ma gli incubi sono solo sogni, in fondo, e dopo un sogno ci si sveglia sempre.

 Era come trovarsi in un incubo, forse, ma gli incubi sono solo sogni, in fondo, e dopo un sogno ci si sveglia sempre

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