Magia

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Il cacciatore di stelle aveva un compito, un compito semplicissimo. Avrebbe dovuto ucciderli, tutti e quattro. Il ragazzo, le due gemelle e la loro sorellina con gli occhi da cerbiatto. Ma non ce l'aveva fatta. Per qualche strano motivo, non era riuscito a completare la missione che gli era stata assegnata. Nonostante la sua anima a brandelli, il suo cuore di schegge di ghiaccio, non era riuscito a ucciderli. Eppure sarebbe dovuto essere facile per lui, anche troppo. Li aveva pedinati, da quando erano partiti dalla terra fin quando erano arrivati su Saturno. Certo, non aveva idea di cosa fosse successo dentro al buco nero, ed era stato molto sorpreso di vederli uscire vivi, ma questo non cambiava nulla. E il fatto che la ragazzina fosse ferita avrebbe dovuto essere un aiuto. Invece sembrava aver reso tutto più complicato. Il modo in cui l'aveva guardato, con quegli occhi di un mare in tempesta, la voce sottile che era uscita dalle sue labbra rosso sangue quando aveva sussurrato il suo nome, quasi fosse la sua salvezza. Altair aveva subito capito cosa ci fosse che non andava, dal modo in cui tutto il suo fisico esile stesse per collassare, e quando lei si era accasciata al suolo lui l'aveva afferrata e stretta a sé. L'aveva portata via, e mentre correva pensava, pensava a quanto sarebbe stato facile puntarle un pugnale alla gola, e lasciarla sola a morire. Ma qualcosa glielo impedì, forse il modo in cui lei aveva appoggiato la fronte febbricitante sulla sua spalla, o il modo in cui si era aggrappata a lui, come se lui, il suo assassino, fosse la sua unica salvezza, o ancora la dolcezza e la fiducia con cui aveva sussurrato il suo nome, con quella voce melodiosa, da sirena, prima di sprofondare nell'incoscienza. Era incredibilmente piccola e vulnerabile tra le sue braccia.

Altair l'aveva portata in una grotta, l'aveva adagiata sulla roccia delicata, e dopo essere stato a contatto con così tanto calore aveva sentito freddo. Aveva medicato con cura la ferita della ragazza, facendo cicatrizzare il taglio con la poca polvere di stelle che gli era rimasta, aveva tirato fuori il pugnale, ma solo per tagliare una benda pulita da un lembo della sua maglia. Poi aveva atteso che la ragazza si svegliasse, e intanto aveva studiato ogni centimetro del suo viso, aveva osservato i suoi lineamenti delicati, il naso leggermente all'insú, le orecchie a punta, come quelle degli elfi, le labbra morbide e rilassate dopo tante smorfie di dolore, aveva guardato i lisci capelli corvini, le strane ciocche bianche che le contornavano il viso, in perfetta armonia con la pelle candida. La ragazza era più bassa di lui di almeno una spanna, ma aveva un fisico slanciato e atletico. Stava osservando le sue ciglia lunghe, quando i suoi occhi si spalancarono, e lui per qualche istante si perse in quelle iridi blu zaffiro. Solo in quel momento aveva capito che lei era la ragazza del suo sogno, la sua stella, anche se ancora non riusciva a comprendere appieno cosa questo significasse. Se lui non l'avesse aiutata, lei sicuramente sarebbe morta, ma se lei non fosse riuscita ad aiutare lui, sarebbe andata molto peggio.

Ora Altair era lì, seduto ad aspettare la ragazza che aveva salvato e di cui non conosceva neppure il nome, accanto a Jason. Il ragazzo in un primo momento lo aveva guardato diffidente, ma poi, forse per le occhiate prive di sentimento che gli venivano rivolte, forse perché aveva un carattere migliore del suo, si era arreso. Altair,mentre guardava la casa pericolante sulla roccia, pensava ad Alabaster, a come con un gesto tanto sprovveduto avesse firmato la sua condanna. Chissà quanto tempo avrebbe impiegato il sovrano a scoprire che non aveva eseguito gli ordini,  se ancora non lo sapeva. Altair, in quei cinque anni passati sotto al suo servizio, non aveva mai disobbedito. Eppure la cosa non lo toccava minimamente. Si sentiva vuoto, come sempre del resto, ma forse ancora di più del solito. Ora, qualcosa lo spingeva a dubitare dei gesti che in quegli anni aveva compiuto. Seduto su una roccia, a fianco della specie che da sempre aveva combattuto, ora il cacciatore non era più sicuro di aver fatto la scelta giusta. Crescendo, aveva distrutto anime, condannato speranze, spento sogni come fiamme di una candela. Eppure la stellina non sembrava temerlo, anzi lo ignorava, quasi che Altair fosse un fantasma. E forse quello era, ma più ci pensava, più tutto sembrava sbagliato. I pensieri nelle sua testa si confondevano, la testa vorticava, il cuore ghiacciato che a volte dimenticava persino di avere batteva ad un ritmo assordante. Perché mai, fino a quel momento, il cacciatore di stelle aveva pensato di essere il cattivo.

 Perché mai, fino a quel momento, il cacciatore di stelle aveva pensato di essere il cattivo

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