Parte 34. Caffè

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Quando Sole si svegliò, la mattina seguente, la luce che proveniva dall' unica piccola finestra della loro stanza era di un grigio spento. Si stiracchiò, osservando pigramente le nuvole minacciose che si stagliavano arrogantemente nel cielo. Non pioveva più oramai, ma qualcosa nel grigiore delle nuvole suggeriva che presto sarebbe ricominciato. Sgusciata fuori da sotto le coperte, rabbrividì. Chissà perché, aveva creduto che in presenza del mare il clima sarebbe stato più mite, invece sembrava di trovarsi in pieno autunno. Orbitron, o quantomeno le sue spiagge, non era un luogo in cui avrebbe mai sognato di passare le vacanze estive. Con uno sbadiglio, la ragazza si girò verso le sorelle. Dormivano ancora. Sole provò a imitarle, ma nemmeno il caldo tepore delle lenzuola riuscì a farla cadere nel mondo dei sogni. Erano accadute troppe cose perché potesse tornare a dormire senza prima riflettervi sopra. Le ultime parole pronunciate dal guardiano le rimanevano in testa, brucianti.

-girano voci, in città... sussurri oscuri nelle giornate ventose...che Alabaster abbia trovato un'alleato...dicono che non abbia un cuore...che la sua anima sia fredda come la più gelida giornata d'inverno... lo chiamano cacciatore di...-

Era chiaro che qualcuno, tra loro, li stesse tradendo. O lo avrebbe fatto presto. Proprio come diceva la profezia.

I nemici stanno amici,
Gli amici mentiranno,

Avevano tradotto buona parte della profezia, grazie alla mante brillante di Luna e alle conoscenze di Pantu. Eppure quelle ultime strofe la turbavano più di tutte le altre. Chi stava mentendo? E chi diceva il vero? E soprattutto, chi era alleato con il nemico e chi no? Ovviamente, il sospettato principale per la ragazza era Altair, così freddo, con quegli occhi vuoti pieni di odio, così inumano. E se invece lui fosse stato davvero dalla loro parte? E se fosse stato qualcun'altro, magari Luna, o Jason, a tradirle? Sole non lo avrebbe potuto sopportare. Si rese conto che mai, come negli ultimi giorni, si era sentita così fragile. Tutta l'adrenalina e la paura dei giorni precedenti non sembravano volerla abbandonare, e lei sapeva che, se qualcuno, che fosse Luna, Jason o Altair, le avesse improvvisamente voltato le spalle, la sua anima si sarebbe frantumata in milioni di schegge di vetro. Scosse la testa. Avrebbe affrontato le cose come arrivavano, senza dare troppo peso a ciò che ancora doveva accadere. Le sembrava la soluzione migliore. Probabilmente, sarebbe rimasta a riflettere per ancora qualche minuto, ma si accorse improvvisamente di essere affamata. Dopotutto, non mangiava un pasto decente da quando erano partiti da casa di Jason. E cioè quasi due settimane prima. Rabbrividì al solo pensiero. Scese dal letto, cercando di sistemarsi al meglio i capelli aggrovigliati, accontentandosi poi di raccoglierli in uno chignon disordinato. Indossò una felpa, unico vestito non estivo del suo bagaglio, e si diresse al piano di sotto. Mentre scendeva la lunga scala a chiocciola, si accorse che il faro era incredibilmente silenzioso, fatta eccezione per lo sciaguattare ovattato delle onde. Probabilmente, lei era l' unica anima non dormiente di tutto l'edificio. Molti gradini dopo, quando ormai mancava poco ad arrivare in cucina, si accorse che un'odore tostato aleggiava nell'aria, misto a un gradevole profumo zuccherato. Arrivò in cucina quasi di corsa, lo stomaco che brontolava, ma si fermò di botto, aggrappandosi allo stipite della porta. Una figura alta, contornata da una chioma disordinata di capelli bruni, stava di spalla ai fornelli. Fu sorpresa di vedere Jason, e subito la leggerezza che si era impossessata di lei era svanita, sostituita da un crescente nervosismo. I ricordi della notte precedente la attanagliarono, facendola raggelare. E se il ragazzo fosse stato arrabbiato per il suo gesto troppo impulsivo e irrazionale? E se ora ce l'avesse avuta con lei, perché i loro sentimenti non corrispondevano? E se, si chiese Sole sempre più in ansia, e se lei per Jason non fosse nulla più che un'amica? Ma perché non riusciva mai a rimanere tranquilla, quando lui era nei paraggi? Cercò di controllare i suoi respiri, sempre più affannati, e mentre il suo cuore non smetteva di rallentare mise su l'espressione più indifferente che riuscì.
-Jason- lo salutò. Il suo nome era incredibilmente dolce quando lo pronunciava, le dava un senso di pace inaspettato, trasformava il suo cuore in una piccola fiamma dorata. Si sentì incredibilmente sciocca al pensiero di quanto quelle sensazioni fossero ridicole, e cercò al contempo di evitare di arrossire.
-Io...non pensavo di trovarti qui- si giustificò. Come se ci fosse bisogna di farlo. Era patetica. Si odiava profondamente per quella debolezza improvvisa e incontrollabile. Non doveva certo motivare il perché si trovasse in cucina. Poteva fare ciò che le pareva e piaceva. Dopotutto, il fatto che si trovasse nello stesso posto nello stesso momento in cui ci si trovava il ragazzo, non era altro che una coincidenza. Una meravigliosa, magica, coincidenza. In quel momento Jason si girò, un sorriso tenero sulle labbra carnose, i capelli scompigliati che incorniciavano i suoi bellissimi occhi marroni.
-Giorno, Sole- disse con voce calda, mentre tutta l'irritazione e la confusione della ragazza svaniva in una dolce nebbia lattiginosa, -dormito bene?-
-Sì, grazie, benissimo- rispose lei, mentre tutta la tensione che aveva accumulato in quei pochi istanti si dissipava, sostituita dal più dolce dei suoi sorrisi. Si avvicino ai fornelli, curiosa di vedere cosa il ragazzo stesse facendo. Si accorse con piacere che stava preparando il caffè. Una grossa caffettiera antiquata gorgogliava sul fuoco, e Sole si appoggiò al bancone, al fianco di Jason.
-Incredibile come anche un'azione normale come fare colazione possa risultare tanto strana- sussurró.
-E come invece stia diventando normale svegliarsi a bordo di una barca di carta nel bel mezzo dello spazio o affrontare pazzi interstellari con manie sul controllo dell' universo- aggiunse il ragazzo ridendo.
-Già- confermò Sole, godendosi quei brevi attimi di serenità. Intanto Jason aveva preso la caffettiera, e l'aveva portata al grosso tavolo di legno, dove li aspettavano un'altra latta di biscotti, alcune tazze di ceramica e un grosso barattoli di confettura.
-Non so te, ma io sono affamata- affermò precipitandosi su una delle sedie di legno attorno alla tavola. Un sorriso lieve le dipingeva il volto, sorriso che diventava sempre più radioso mentre il ragazzo prendeva posto al suo fianco.
-Caffé?- le chiese.
-Sì grazie- rispose lei istintivamente. In realtà, non aveva mai bevuto caffè prima d'ora, se non unito a una grande quantità di latte. Ma, si disse, aveva bisogno di energie, e osservò incantata Jason che versava il liquido denso e scuro in una delle due tazze, per poi passargliela. Ovviamente, non la riempì del tutto, ma solo per un terzo, probabilmente per paura di farla impazzire per la troppa caffeina. E aveva ragione. Dopotutto, Sole era già piuttosto irrefrenabile già di suo, e non aveva certo bisogno di qualcosa che le impedisse di trattenersi. Portò la tazza alle labbra, assaporando con estrema lentezza il gusto amarognolo che le si diffondeva in bocca. Era incredibilmente piacevole, più di quanto avesse sperato. Prese un biscotto dalla latta e cominciò a sgranocchiarlo. Il retrogusto tostato unito alla dolcezza della frolla era un' abbinamento semplicemente perfetto. Sole non ricordava di avere mai fatto colazione in maniera tanto meravigliosa.
Quando finalmente la fame di entrambi si era placata, Sole trovò finalmente il coraggio di parlare.
-Sai, stanotte il guardiano ci ha portato in cima al faro...- Jason la guardava, sorridendo, ma non sembrava prestare la minima attenzione a ciò che la ragazza stava cercando di comunicargli - ...ci ha detto...-Sole perse nuovamente il filo del discorso. Distolse lo sguardo da quegli occhi marroni così magnetici, giocando distrattamente con la piccola chiave dorata appesa al collo -...ci ha detto che non dobbiamo fidarci di qualcuno. È quello che ha detto anche la profezia. Io subito pensavo che si riferisse a Bellatrix, il verso della profezia, intendo, ma è più probabile che si tratti di qualcun'altro. Ma chi è, secondo te, questo qualcuno?- riluttante, rivolse di nuovo il viso verso il ragazzo.
-Non mi va di parlare di questo, non adesso...- cominciò Jason.
-Scusami- cercò di difendersi frettolosamente Sole, ma il ragazzo non sembrava arrabbiato. Al contrario, sfoggiava ancora il suo più bel sorriso.
-Piuttosto vorrei sapere qualcosa...di te- aggiunse. Aveva un tono imbarazzato, leggermente nervoso, eppure tentava di nasconderlo, l'espressione imperturbabile. Ovviamente, lei se ne accorse. Ridacchiò, abbassando gli occhi e sbattendo più volte le ciglia, sperando di risultare più graziosa.
-E che cosa vorresti sapere, di preciso?- domandò, cercando di mascherare la sottile sfumatura di ansia che voleva a tutti costi impossessarsi di lei. E se poi non sei come lui si era aspettato? E se, alla fine, conoscendoti meglio, si accorge che non gli piaci affatto?
-Non so...qual è il giorno del tuo compleanno?- chiese il ragazzo, stravaccandosi sul tavolo, appoggiando la guancia alla mano stretta a pugno.
-9 dicembre- rispose Sole di getto.
-Sport preferito?-
-Pallavolo. Mi alleno. Durante l'anno- le frasi che pronunciava erano più che altro ingarbugliate accozzaglie di parole, ma l'agitazione ormai era alle stelle.
-Animale preferito?-
-Leone- disse -ma anche i pinguini sono adorabili...- aggiunse timida.
Jason non trattenne le risate.
-Sul serio? Sai controllare il fuoco e il tuo animale preferito vive al Polo Nord?-
-In realtà è il mio secondo animale preferito!- ribatté Sole, unendosi alla risata. Con il ragazzo nelle vicinanze, era impossibile rimanere seria. Con Jason, Sole riusciva ad essere davvero sé stessa, senza sentirsi in difetto, senza paura di stare sbagliando.
Continuarono a ridere, finché alla ragazza vennero le lacrime agli occhi e la pancia non cominciò a dolerle. Mentre cercava di calmarsi, Sole non staccava gli occhi dal volto perfetto di Jason, divertito quanto lei. Stava andando tutto a meraviglia, finché non accadde. La mano del ragazzo non era più appoggiata al tavolo, ma si stava avvicinando pericolosamente al suo viso. Poi, con un gesto fugace, le sue dita afferrarono una ciocca di boccoli dorati, caduti per sbaglio dalla sua acconciatura, e la portarono con inaudita delicatezza dietro al suo orecchio. Il cuore di Sole, per un secondo, si fermò. Il mondo attorno a loro si era bloccato, quasi non ci fosse altro al di fuori di lei, Jason, e la mano del ragazzo che rimase per qualche istante a indugiare, sfiorando lo zigomo di Sole. L'attimo finì, e mentre la ragazza sentiva le guance in fiamme dovette ancora una volta distogliere lo sguardo da quel viso che era impossibile conoscesse da così pochi giorni. Improvvisamente, sentì l'impellente bisogno di allontanarsi da Jason. Da lui che, totalmente ignaro del caos bruciante che imperversava nel suo cuore, la guardava confuso, una leggere sfumatura di preoccupazione.
-Io...- provò a dire.
-Vado a chiamare gli altri, è ora di metterci al lavoro- la ragazza stroncò sul nascere ogni possibilità di scuse. In fretta, uscì dalla stanza, girandosi solo una volta, per trovare un lieve sorriso soddisfatto sulla faccia del ragazzo. Salì i gradini due a due, troppo su di giri per fermarsi finché non arrivò alla porta del bagno. Entrò, e si sciacquò il viso con l' acqua gelata. Si appoggiò al muro. Sentiva ancora le guance in fiamme, e il cuore minacciava di sfuggire dal suo petto, eppure, neanche il leggero senso di colpa per aver abbandonato Jason così di fretta riusciva a stemprare la gioia travolgente che stava illuminando il suo cuore.

 Sentiva ancora le guance in fiamme, e il cuore minacciava di sfuggire dal suo petto, eppure, neanche il leggero senso di colpa per aver abbandonato Jason così di fretta riusciva a stemprare la gioia travolgente che stava illuminando il suo cuore

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