Era accaduto tutto troppo in fretta, troppo velocemente perché Luna potesse metabolizzarlo. Stavano percorrendo un corridoio, identico a tutti gli altri, poi Vy aveva azionato una trappola. Le passarono in mente immagini di ciò che era appena accaduto, Jason che gridava il nome di Sole, la gemella che li salvava e che si sacrificava per loro. Poi all'improvviso la parete dietro di loro aveva rivelato un passaggio e lei, Jason, Vy e Pantu si erano ritrovati all'aperto, nella fresca aria serale del deserto. Con ancora il batticuore si appoggiò alla piramide, il volto fra le mani. Si sentiva in colpa. Avrebbe dovuto capirlo, che ciò che stavano cercando sarebbe stato protetto, come poteva essere stata così stupida da pensare di poter prendere il pezzo e poi andarsene come se niente fosse? Aveva ormai capito che nulla sarebbe stato facile. E ora si sentiva distrutta, sull'orlo delle lacrime per aver lasciato sola la sorella, ma era anche infuriata, con Sole, perché quando l'aveva guardata per l'ultima volta, aveva capito il segreto che nascondeva dai suoi limpidi occhi smeraldo. La gemella,lo sapeva, sapeva benissimo cosa sarebbe accaduto, ma non aveva fatto niente per impedirlo. Perché per quanto fosse illogico era proprio così che era andata. Perché tra loro due non c'erano mai stati segreti, e quell'ombra nello sguardo della sorella non poteva significare altro. Non sapeva il motivo per cui avrebbe dovuto tener segreta tale informazione, ma non gliene importava. In quel momento desiderava con tutta sé stessa che Sole fosse viva, per poterla abbracciare e poi insultare per la sua stupidità. Gli occhi le si riempirono di lacrime, ma lei non si permise di piangere, non davanti a Jason ma soprattutto non con Vy al suo fianco, con il labbro che le tremava e gli occhietti lucidi che non aspettava altro di essere consolata. La circondó in un'abbraccio, lasciandosi però sfuggire un gemito. La ferita alla spalla aveva ricominciato a dolerle terribilmente. Vy aveva cominciato a frignare.
-È tutta colpa mia...- la voce della piccola era rotta dal pianto -se non avessi messo il piede su quella trappola...- fu interrotta da un altro singhiozzo.
-Non è stata colpa tua, Vy, poteva succedere a chiunque- cercò di tranquillizzarla Luna.
-Però è successo a me, solo e soltanto a me, ed è tutta colpa mia, mia e di nessun altro!- le lacrime le bagnavano le guance, e inzuppavano anche la maglietta di Luna, che teneva la bimba in braccio per calmarla. Starly intanto era uscita dal suo zaino, e dalla spalla di Vy cercava con le braccina tozze di accarezzarle la guancia, lasciando nei punti in cui toccava la pelle della piccolina una serie di brillantini dorati.
Luna intanto cominciava a sentirsi male. La ferita pulsava e faticava a rimanere concentrata. All'improvviso tutto divenne buio e lei fu trascinata nel mondo dei sogni.Si trovava in una bottega dalle pareti di legno. Al centro della stanza vi era un grosso bancone, tutt'attorno, appoggiati a delle mensole o appesi al soffitto grazie a sottili catenelle, migliaia di gioielli di diamante, oro e argento tintinnavano, mossi dal vento che entrava da una piccola finestrella. La brezza produceva una musica soave, come quella di centinaia di acchiappapensieri. Luna però non era sola. Al grosso tavolo da lavoro erano sedute due figure. La prima apparteneva a un anziano signore, magro come un chiodo, con due occhiali tondi dala montatura dorata che rendevano i sui occhi enormi, che lo facevano somigliare a un gufo. Il volto era rugoso, pieno di pieghe agli angoli della bocca, segno che nella sua vita aveva riso spesso, con un grande nasone al centro e una massa disordinata di corti capelli bianchi a sormontare il tutto. L'altra figura era quella di un bambino, di forse cinque, sei anni, che le dava la schiena. Aveva folti capelli bianchi, dalle sfumature azzurre, e lunghe ditina da pianista che erano in continua produzione. Da dove si trovava, la ragazza poteva vedere il piccolo stringere le manine a pugno, come se si stesse concentrando per fare apparire piccoli cristalli colorati che poi, muovendo le dita ma senza mai toccare nulla, modellava in eleganti cigni, maestosi cavalli e in altri animali di ogni tipo, che, si accorse lei, decoravano un po' tutta la stanza. Il vecchietto ogni tanto alzava lo sguardo dal gioiello che stava creando, sul viso si dipingeva una lieve espressione di stupore che spariva quasi subito, quasi l'uomo fosse abituato alle doti magiche del piccolo. Luna capì di trovarsi in un'oreficeria, e fece un passo in avanti per osservare meglio le creazioni di quella coppia curiosa. Il vecchio orafo stava lavorando a una collana, piegando con maestria sottili fili dorati a formare una serie di intrecci simili ai rami di un'albero, aggiungendo poi magnifiche pietre azzurre e blu che doveva aver creato il bambino.
-Altair, me ne dai un' altra celeste?- chiese, la voce profonda e roca. Altair annuì. Luna avrebbe voluto poter scorgere il visetto del bambino, ma questi teneva costantemente il capo chino. Alla ragazza era sorto un dubbio all'udire quel nome... così sconosciuto e al tempo stesso terribilmente familiare...
Qualcuno bussò alla porta, ma ciò che spaventò la ragazza non fu tanto la figura femminile alla porta, perché Altair aveva finalmente alzato la testa. E quello che poté vedere la lasciò senza fiato. Perché quegli occhi di ghiaccio non potevano che essere unicamente suoi.Quandò si svegliò, Vy si era assopita lì accanto, mente Jason, appoggiato alla parete della piramide, fissava il sole che stava calando oltre l'orizzonte, donando al cielo una colorazione rosso arancio. Il ragazzo sembrava pensieroso e di certo Luna, timida com'era e per le fredde risposte che gli aveva dato qualche ora prima, non si azzardò a disturbarlo. Ripensò al sogno appena fatto, invece. Ogni notte, ormai, quegli occhi azzurro ghiaccio tornavano a tormentarla, e lei ne era spaventosamente attratta, ma non era mai successo che questi occhi avessero un volto, menchemeno un nome. Altair. Come la stella della costellazione dell'aquila. Il cervello della ragazza era pieno di domande. Chi era Altair? Che cosa voleva da lei? Perché era obbligata sognarlo ogni volta che si addormentava? Non poteva di certo dire che la cosa fosse fastidiosa, ma quel ragazzo la tormentava, perché era sicura che ora Altair avesse la sua età e che in qualche modo le avesse dato un suo ricordo.
All'improvviso le venne un'idea.
-Jason, da quale pianeta provengono i tuoi poteri?-
-Giove-
-Bingo- sussurrò.
Senza contare il sole, la luna e la terra, c'erano sette pianeti nel sistema solare: Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno. Se Jason possedeva i poteri di Giove, e si escludevano i pianeti più caldi, perché era la cosa più logica, rimanevano solo Saturno, Urano e Nettuno. Se poi si contava che l'unico pianeta in cui piovevano cristalli era Nettuno, allora Altair doveva avere i suoi poteri. Ciò significava che il ragazzo dagli occhi di ghiaccio era come lei, e come tutti loro.

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Little Star
FantasySole e Luna, due gemelle che più diverse non si può. Una estroversa e luminosa come una fiamma danzante, l'altra timida e a tratti gelida e tagliente. A unirle Vy, lo loro sorellina minore, l'innocenza fatta persona. La loro vita è normale e monoton...