Parte 32. Faro

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Quando furono ai piedi del faro, Sole poté osservarlo nella sua interezza. Era enorme, più grande di come se lo era immaginato, guardandolo da lontano, abbarbicato alla scogliera, l'intera struttura che sembrava protendersi verso l'oceano.  Alcune finestrelle solitarie erano disposte a varie altezze, in mezzo alle strisce bianche e blu rese più chiare dalle intemperie , mentre alla base dell'edificio stava una porticina di legno, la vernice azzurra scrostata in più punti, leggermente socchiusa. Mancava poco al tramonto, e nonostante l'infuriare del mare e il grigiore delle nubi, quel luogo aveva un che di pittoresco. Tuttavia la ragazza non riuscì a coglierne appieno la bellezza, forse perché la sera era stata accompagnata da una brezza gelida, che penetrava nelle ossa e la faceva rabbrividire nei suoi abiti leggeri e umidi a causa degli schizzi delle onde, oppure perché era terribilmente stanca. Si avvicinò all'ingresso, fermandosi un istante davanti alla porta semichiusa. Doveva forse bussare? Sarebbe stata una mossa stupida. Non poteva conoscere quali minacce si nascondevano dietro ogni angolo, quindi scelse di non annunciare la sua presenza. Spinse la porticina, che si aprì con un cigolio dei cardini ossidati, rivelando un piccolo ingresso illuminato da tremanti candele. Sia il muro che le pareti erano dipinti di  vernice bianca, mentre il pavimento era coperto di assi di legno consunto. Al posto della parete di fondo si trovavano le scale a chiocciola, che Sole intuì salire fino alla punta del faro. Entrambi i muri laterali avevano un vano. Ora che erano dentro, Sole cominciò a preoccuparsi. Cosa dovevano fare? Assicurarsi che il posto fosse sicuro, scandagliandone ogni angolo? Oppure aspettare che qualcuno venisse loro incontro, magari offrendo loro un biscotto e invitandoli a cena? La ragazza optò per la prima opzione. Si voltò a guardare i suoi compagni.
-Da dove cominciamo?- chiese. Non ottenne risposta. La guardavano tutti, da Starly ad Altair, come se lei fosse il capo e stesse a lei decidere il da farsi. Si abbatté. In qualsiasi altra occasione sarebbe stata onorata di essere la guida, ma in quel momento aveva solo voglia di rincantucciarsi sotto le coperte e chiudere gli occhi. Ma, dopotutto, sapeva di essere la migliore per il ruolo. Vy era troppo ingenua, Altair troppo silenzioso, Luna troppo timida e Jason troppo gentile. Lei, invece, era perfetta: sapeva farsi rispettare, e le sue doti persuasive unite a un carattere in grado di risollevare il morale a chinque la rendevano il capo ideale, il giusto elemento per tenere unita la squadra. Così scelse a caso uno dei due varchi, quello di destra. Una piccola cucina di legno chiaro occupava buona parte della stanza. Sole,  visto le modernità cui era abituata, l'avrebbe definita antica. Non c'erano elettrodomestici, solo un grosso catino pieno di acqua e un piccolo camino accanto, che doveva in qualche modo servire a cuocere gli alimenti. Sopra un piano di lavoro di legno si trovava una mensola, ricolma di vasetti e contenitori di latta dei quali, data la scarsità di luce delle candele, non si poteva osservare il contenuto. Alla mensola erano attaccati gon ganci di ferro pentole e pentolini, mentre sul ripiano della cucina, quasi sgombro, erano ordinatamente riposte quelle che sembravano una vecchia caffettiera e qualche tazza di ceramica, tutte diverse luna dall'altra. L'ambiente, nel quale erano riusciti a inserire un tavolo con una bella tovaglia a quadri con al di sopra un cesto di pane, risultava nel complesso accogliente, facendo ricordare a Sole la vecchia casa della sua bisnonna. Si affacciò all'unica finestrella della stanza, ma nel buio ormai totale non riuscì a scorgere nulla, se non il profilo minaccioso della scogliera e qualche fulmine tra le nubi. Ripercorse la cucina e uscì, lì non c'era nulla da vedere. La stanza accanto era priva di candele, così Sole accese una fiammella tra le dita, illuminando uno spazio angusto, poco più grande di uno sgabuzzino, con una grande scaffalatura di metallo dentro alla quale  riconobbe qualche scarpa consumata, un vecchio cappotto, e un cappello da pescatore con altri attrezzi da pesca, insieme a una scatola di candele e ad una piccola lampada a gas. C'era puzza di pesce nell'aria, un'odore denso e nauseabondo che la ragazza odiava. Cercò di ignorarlo, respirando solo con la bocca o trattenendo il respiro per breve tempo, mentre studiò con curiosità tutti gli oggetti, sugli scaffali. Cercò Vy, figurandosela a ficcanasare tra le varie cianfrusaglie, ma si accorse che era rimasta sull'uscio, insieme agli altri. La stanza era troppo piccola per tutti. Continuò a curiosare con lo sguardo fra ami e candele, finché un gemito proveniente dall'angolo più lontano dello sgabuzzino la fece sobbalzare. Con uno scatto felino raggiunse i suoi compagni, due sfere di fuoco fra le mani. Anche Jason e Luna erano in posizione, di attacco o difesa impossibile dirlo, e la gemella, notò Sole con invidia, stringeva sicura una spada di acqua, la lama che rifulgeva minacciosa alla luce delle fiamme. Era evidente che la gemella aveva imparato qualcosa a lei sconosciuto. Comunque, si concentró, sul punto dal quale provenivano ora piccoli singhiozzi soffocati. Una figura incappucciata, che la ragazza aveva scambiato per un mucchio di stracci, si muoveva nella semioscurità. Due mani tremanti e rugose si alzarono mostrando i palmi callosi, in segno di resa.
-Vi prego, non uccidetemi- implorò una voce roca e maschile. Luna abbassò un momento la spada, ma poi si rimise in posizione, anche se con meno convinzione. Anche Sole tentennó. Eppure si sarebbe potuto trattare di un inganno.
-Rivelati- ringhiò, minacciosa. La figura, lentamente, portò una mano al cappuccio, l'altra ancora tesa sopra la testa. Afferrò la stoffa e la tirò indietro,  rivelando il volto di un'uomo segnato dall'età, con profonde rughe a solcargli la pelle, con i capelli bianchi e un'ispida barba corta, anch'essa del colore della neve. Due occhi neri e lucidi fissavano Sole con intensità, e la ragazza poté leggervi qualcosa in più oltre alla paura. Sembrava calma e determinazione. Il signore si alzò, e nonostante la pericolosità delle loro armi si avvicinò ai ragazzi. Indossava un lungo pastrano nero, e nonostante si intravedesse il fisico ossuto non sembrava fragile. Al contrario, sembrava possedere una forza fuori dal comune. Nonostante fosse qualche centimetro più basso di Jason, si rivolse a loro con sicurezza.
-Per favore, abbasate le armi- parlava con gentilezza, come se cercasse di calmare un animale particolarmente feroce. O tenere a bada un branco di squilibrati aggiunse Sole con sarcasmo. Perché probabilmente era ciò che apparivano in quel momento, con la luce che lanciava ombre sinistre sui loro visi stravolti. E forse quello erano, un gruppo di sciocchi ragazzini che credevano di poter vincere una minaccia più grande di loro. La ragazza spense le fiamme che teneva accese tra le mani, lasciando al loro posto due sottili sbuffi di fumo. Anche la lama della gemella sparì, così come i tornadi in miniatura di Jason.
-Noi...ci dispiace. Non sapevamo ci fosse qualcuno in casa- cercò di spiegarsi Sole. Oramai aveva capito che l'uomo non rappresentava un pericolo. Questi gli rivolse un sorriso caloroso.
-Siete i benvenuti. Vi andrebbe una tazza di thè?- al ricordo dell'ultima tazza di thè che aveva preso, alla ragazza vennero i brividi. Tuttavia accettò l'invito.

Il thè si rivelò essere una delicata tisana alle erbe, che i ragazzi gustarono insieme ad una latta di quelli che sembravano deliziosi biscotti alle mandorle, seduti nella piccola ma accogliente cucina del faro.
-Non ricevo visite da tempo immemore - spiegò l'anziano signore.
-Essere il guardiano del faro significa condurre una vita solitaria, ma la cosa non mi è mai pesata tanto come in questi ultimi anni- il guardiano raccontò loro di come fosse peggiorata la situazione con il nuovo sovrano, anche se non riuscì a fornire loro, molte informazioni, se non il fatto che fosse un tipo macabro e che giravano voci le quali affermavano che il castello fosse completamente vuoto.
Non è vuoto, avrebbe voluto spiegargli Sole mentre sgranocchiava il settimo biscotto, è solo controllato da un'esercito di ombre che un tempo erano stelle e che ora riconoscono Alabaster come loro sovrano.
Dopo una breve presentazione, e dopo che la latta dei biscotti fu completamente vuota, l'anziano guardiano mostrò loro il resto del faro, che la ragazza notò essere molto più grande di quello che appariva dall'esterno. Ogni stanza era posta ad una diversa altezza, e non vi erano corridoi, solo quella stretta scala a chiocciola che saliva dalla base alla cima. C'era un minuscolo bagno, una grossa tinozza come vasca e una più piccola come lavandino, adagiata su un armadietto di legno. Al di sopra c'era un piccolo specchio appannato, in cui Sole scorse il suo riflesso sfocato. Dopodiché l'uome li condusse alle loro stanze, una per le tre sorelle e l'altra per i ragazzi. La loro camera era piccola, con una parete ricurva e una piccola finestra. In qualche modo erano riusciti a infilarci tre letti, provvisti di pesanti lenzuola blu oceano,  un armadio e tre comodini. Su ognuno di essi era presente un portacandele in ottone, mentre sopra l'armadio stavano alcuni oggetti di navigazione: un telescopio, alcune bussole dal quadrante spezzato, un astrolabio e alcune carte nautiche arrotolate con cura. Mentre le sorelle si preparavano ad andare a letto, Sole rimase per un attimo ferma sulla soglia.  Avvertiva la presenza di Jason dietro di sé. Se lo immaginò ridere sotto i baffi, nel momento in cui sperava di coglierla di sorpresa. Ma era troppo prevedibile. Sole si voltò, chiudendo le porta alle sue spalle con un movimento fluido. Ora era lui quello stupito. Fu quella la prima cosa che notò la ragazza. La seconda fu che erano soli. Si sentivano le voci ovattate delle sorelle dalla stanza accanto, ma nulla di più.
-Allora... buonanotte- la salutó il ragazzo. La guardò intensamente per un istante, un istante in cui il cuore della ragazza cominciò a battere ad un ritmo inaudito. Sole non riuscì a fare altro che rivolgerli un timido sorriso. Ricambiò il suo sguardo, una mano appoggiata alla fredda superfice della maniglia della porta. Jason fissò quella mano con un'espressione indecifrabile, la luce nei suoi occhi che spariva. Sole stava per voltarsi, bloccare quel momento frastornante che le impediva di ragionare lucidamente. Doveva aprire la porta. Girare la maniglia e tornarsene dalle sorelle. Doveva...in un impeto di pazzia la mano scivolò giù dalla maniglia. Sì, perché quello che stava per fare era una pazzia. Una completa...si alzò sulle punte dei piedi e le sue labbra sfiorarono con delicatezza la guancia del ragazzo, così leggere che per un'attimo, mentre le guance le si accendevano di rosso, quasi dubitó che se ne fosse accorto. Ma il sorriso di trionfo sulle labbra di Jason diceva tutt'altro.
-Sogni d'oro, Jason- farfugliò Sole. Tornò in camere tremante, sbattendo la porta un po' troppo forte. Senza neppure cambiarsi si lanciò sul letto. E, con il viso affondato nel cuscino, Sole sorrise.

 E, con il viso affondato nel cuscino, Sole sorrise

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