Capitolo Trentuno

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Zayn

Una chiamata persa da Alissa.

È la notifica che non riesco a smettere di fissare da ieri sera. L'ennesima che mi dimostra che ancora una volta sto fallendo con Aurora e che mi sto allontanando da lei ogni giorno un po' di più.

Cerco di fare il massimo per dimostrare sia a lei che a sua madre che darmi fiducia potrebbe ancora valerne la pena, uso ogni singolo momento di pausa — anche tra un timeout e l'altro, agli allenamenti — pur di riuscire a parlare con loro, ma è estremamente complicato. Tra i miei allenamenti, gli eventi mondani, la scuola di Aurora e il lavoro di Alissa, riuscire a beccare un momento in cui siamo tutti e tre liberi e possiamo chiamarci è quasi impossibile e alla fine, per una ragione o per l'altra, non riusciamo quasi mai a sentirci.

So che Aurora è arrabbiata per questo, so che la mia assenza la sta facendo soffrire come non mai, perché Alissa ed io ci scambiamo messaggi veloci di tanto in tanto per scusarci della mancata risposta da uno o dall'altro e ne approfittiamo per parlare della nostra bambina.

So anche che non posso mollare gli allenamenti proprio ora che siamo nel pieno della stagione e so che prima di tornare a Charleston probabilmente dovrà ancora passare un mese, ma se fosse soltanto per me sarei già da Aurora ad assicurarle che non c'è altro posto in cui vorrei essere.

Non Chicago, non il tappeto verde, né su questo stramaledetto autobus diretto al Nissan Stadium di Nashville.

Soltanto insieme a lei, tra le sue braccia.

L'unica cosa positiva di tutto ciò è che Alissa sembra aver finalmente capito che sto facendo di tutto per Aurora, infatti ultimamente è molto più accomodante nei miei confronti. Non siamo più uno contro l'altro, abbiamo trovato di nuovo il modo di collaborare per la felicità di nostra figlia e ora il nostro rapporto è tornato ad essere abbastanza stabile, come prima che partissi. Ora siamo alleati, non più avversari, e per me questa è già una grandissima vittoria.

"Che hai da sospirare in quel modo, Malik?" chiede Matt sedendosi accanto a me, nel posto che nessuno ha voluto occupare perché questa mattina il mio umore è nero e i miei compagni di squadra non vogliono farsi contagiare proprio prima di scendere in campo contro i Titans. "Ti voglio sicuro in campo, non c'è spazio per il nervosismo"

"Ieri sera ho mancato l'ennesima chiamata di Aurora a causa della conferenza stampa"

"Perché non la chiami ora? È sabato, a Charleston sono un'ora avanti e sicuramente sarà già sveglia, pronta a guardarti in tv" suggerisce lasciando perdere il suo atteggiamento da allenatore intransigente e ritornando ad essere soltanto il mio amico Matt.

Non sono affatto sicuro che Aurora abbia voglia di guardarmi in tv, anzi ho come l'impressione che nell'ultimo periodo stia iniziando ad odiare il football e le partite perché mi stanno tenendo lontano da lei, ma sicuramente Matt ha ragione su tutto il resto. Un tentativo vale la pena farlo.

"Giusto, hai ragione. Appena arriviamo provo" sussurro e lui mi da una pacca sulla spalla con fare incoraggiante.

Dopo il breve tratto dall'albergo allo stadio, scendo dal bus e vengo assalito da una marea di fan urlanti e fotografi invadenti. Gli altri miei compagni si fermano ad accontentare tutti quanti, ma io li supero incurante e vado a cercare un angolo degli spogliatoi in cui poter trovare un po' di pace e chiamare la mia bambina. So che domani ci saranno decine di articoli che mi definiranno come il tipico atleta snob e altezzoso che non ha nemmeno un attimo per fermarsi a ringraziare i propri fan, ma al momento non mi importa.

Ho ben altro a cui pensare adesso.

Cerco il contatto di Alissa nella mia rubrica e faccio partire la videochiamata. Il telefono squilla a vuoto per non so quanto tempo, ma alla fine si arrende e la chiamata viene interrotta, segno che Alissa e Aurora non possono rispondere. Ancora più nervoso di prima, tiro un calcio contro il muro e mollo il telefono nel borsone per poi andarmi a cambiare.

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