Capitolo Diciannove

1.7K 36 2
                                    

Zayn

Sono un idiota.

Stava andando tutto così bene ed io ho rovinato tutto, superando dei confini ben precisi che Alissa ha tracciato appositamente per tenermi alla larga.

Perché? Perché mi manca da impazzire e averla così vicina, ma sentirla allo stesso tempo così lontana mi sta facendo andare fuori di testa. E vederla praticamente nuda è stata la fottuta goccia che ha fatto traboccare il vaso, soprattutto dopo la notte in bianco che ho passato a pensare a lei e a desiderare di avercela proprio così. Nuda e bellissima, davanti a me.

In quest'ultimo periodo avevamo trovato il nostro equilibrio e credo che ci stessimo riavvicinando, seppur molto lentamente. Alissa aveva anche cominciato a rispondere ai miei innocenti flirt, segno che doveva sentirsi un po' più a suo agio con me, ma io da bravo coglione con una semplice frase ho buttato ogni progresso all'aria e, in un battito di ciglia, è tornata ad essere la ragazza rancorosa e diffidente che ho ritrovato quando sono arrivato a Charleston.

Sei l'errore più grande della mia vita.

Non riesco a smettere di sentire queste parole ancora e ancora nella mia mente, come uno stramaledetto disco rotto. È come se fossi finito dritto all'inferno e questa fosse la mia personalissima tortura.

Non mi aveva mai parlato in quel modo, non aveva mai usato quel tono pieno di rabbia e di risentimento nei mie confronti e questa è la cosa che mi ha fatto più male.

Ho finalmente realizzato che Alissa non è e non sarà mai più la ragazzina che conoscevo tanto tempo fa, perché lei è cambiata, è cresciuta ed è una donna che io non credo di sapere più come gestire. Non so cosa pensa, non so cosa vuole, non so cosa possa renderla felice. È diventata una sconosciuta, in poche parole.

Getto la sigaretta nel posacenere sul balcone della mia suite, l'ennesima che ho fumato nonostante la voce di Matt mi sussurrasse all'orecchio quanto sono idiota e quanto farò schifo alla prossima partita perché non avrò il fiato nemmeno per fare un giro del campo. Non mi importa nulla in questo momento, ho soltanto bisogno di rilassarmi. Non che le sigarette o la bottiglia di scotch che mi sono bevuto stiano sortendo alcun effetto, ma almeno ci sto provando.

Sbuffando, tiro fuori dalla tasca il telefono e dopo aver contemplato l'idea di chiamare Alissa per chiederle cosa diavolo devo fare per farmi perdonare da lei, la mia mente poco lucida decide che non è il caso e finisce, invece, per chiamare mio padre.

"Ciao, Zayn! Come va a Charleston?" esordisce dopo un paio di squilli, il tono felice e curioso di un padre che non sente il figlio da qualche tempo.

"Una merda, papà" sussurro trattenendo a stento le lacrime, come quando ero un bambino e correvo dai miei genitori ogni volta che avevo bisogno.

Se chiudo gli occhi, per un attimo mi sembra di essere tornato proprio quel bambino, quello che i suoi genitori proteggevano anche più del dovuto e per cui i suoi compagni lo prendevano in giro. Ogni volta che andavo da loro in lacrime, mia madre e mio padre mi sorridevano e mi dicevano che prima o poi avrei dimostrato a tutti quanti che ero molto di più di ciò che loro si fermavano a vedere. Sorrido al ricordo, perché avevano effettivamente ragione. Ora ognuno di quegli sfigati vorrebbe essere al mio posto.

"Che succede, figliolo?" chiede, ora la sua voce sporcata da una punta di preoccupazione.

"Alissa non cambierà mai idea, le ho fatto troppo male e non si fiderà mai più di me" ammetto per la prima volta a me stesso, nonostante io abbia cercato di non vederlo.

"Perché dici così? Avete litigato?"

"Non mi vuole più, lei sta già con un altro! Sono loro la famiglia di Aurora ed io... io sono di troppo" finisco la frase in un sussurro, perché anche solo pronunciare quelle parole fa un male cane. "Non so più nemmeno cosa ci faccio qui, dovrei tornare a fare l'unica cosa che so fare bene: sparire dalle loro vite e giocare a football"

The Greatest VictoryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora