Capitolo Trentatré

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Zayn

"Così non ci siamo, Zayn" sentenzia il medico della squadra, dopo avermi controllato la caviglia durante l'ennesima visita.

"Che significa?"

"Significa che stai stressando troppo il tuo corpo e così non lo aiuterai a guarire prima" mi rimprovera il dottor Hale, come fossi un bambino disubbidiente. "Credi che non lo sappia che vai allo stadio a guardare i tuoi compagni di squadra anche se ti avevo ordinato di stare a casa a riguardarti?"

"Ha detto bene, guardare. Non mi alleno con loro, anche se dovrei" puntualizzo nervoso. "Ho già perso molti allenamenti in questi ultimi tempi e non posso permettermi di perdere la messa a punto dei nuovi schemi di gioco per le prossime partite"

"Il coach Stevens dice che non ti limiti a guardare e che sei peggio di un moccioso che invade il campo facendo più danni che altro" Maledetto traditore. "Devi stare a riposo assoluto, come devo dirtelo?"

"Sono stanco di stare a riposo"

"Non mi interessa" risponde intransigente. "Smettila di correre qua e là per il campo per bacchettare i tuoi compagni e pensa alla caviglia"

"Ma sto bene!"

"No, non stai bene e non lo starai ancora per molto se non farai ciò che ti dico" ridacchia. "Dammi retta, Zayn, resta a casa ancora per qualche giorno e vedrai che presto tornerai a dominare il tappeto verde"

La verità è che sto impazzendo dentro casa. Mi sembra di essere rinchiuso in una maledetta prigione di vetro senza poter fare niente e io non ne posso più. Voglio tornare in campo con i miei compagni e rimediare a tutte le cazzate che ho fatto negli ultimi mesi, mettendo in pericolo anche la qualifica della squadra al Super Bowl.

L'unica cosa bella di questi giorni è stata poter sentire Aurora ogni volta che volevamo. E sono state decisamente tante, anche più di una al giorno.

È già passata una settimana e mezzo da quando mi sono fatto male e la mia piccolina mi ha letteralmente inondato d'affetto. Mi chiede costantemente come sto, mi manda i disegni più carini di sempre per farmi sentire meglio e, cosa più importante, è tornata a sorridermi come faceva quando ero a Charleston con lei.

Se Aurora sembra finalmente essersi lasciata dietro alle spalle la rabbia ed essere di nuovo felice di sentirmi, Alissa invece sembra sempre più a disagio ad ogni chiamata. È sfuggente, distante, fatica a guardarmi per fino negli occhi e io non capisco perché. Credevo che avessimo raggiunto un punto d'incontro finalmente e che, perlomeno, fossimo di nuovo amici. Sempre se si può definire un'amica la ragazza con cui sei stato per dieci anni e di cui sei ancora innamorato.

Ma forse mi sbagliavo.

Forse era gentile con me perché le dispiaceva che mi fossi fatto male o perché magari le facevo pena, visto come stavano andando le cose con Rory ed ora che c'è lei a tirarmi su di morale, Alissa ha fatto di nuovo un passo indietro.

Ho cercato di affrontare il discorso, ma quando siamo al telefono c'è sempre anche Aurora e non posso rischiare che lei capisca cose che ancora non può venire a sapere. E quindi sono giorni che mi limito a guardala di nascosto, mentre nostra figlia riempie i silenzi che noi lasciamo vuoti, sperando di capire che cosa le stia succedendo, ma lei mi sfugge.

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