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Ammutolito, restai in piedi a bocca aperta mentre Liam entrava nella stanza per contemplare i dolci. Si fece strada tra lo zucchero e si fermò per intingere il dito in una ciotola di cioccolato fuso. Con un sospiro, andai in cucina per affrontare la situazione, e già che c'ero tolsi una palla di impasto da un'altra ciotola in cui l'avevo lasciata a lievitare.

Come faceva a saperlo? Come diavolo l'aveva capito? Rovesciai l'impasto e mescolai - un soffice, appiccicoso pan brioche - sentendomi diventare paonazzo. Mi sembrava di aver recitato bene. lo guardai leccarsi il cioccolato dal dito, l'espressione sempre più preoccupata mentre il mio impastare delicato di trasformava in un incontro di box. Sfogai la mia frustrazione contro l'impasto immaginando una vita senza O. Maledizione.

Lui, che aveva la dita pulite, mi scostò una ciocca di capelli dal viso mentre io continuavo a impastare/accanirmi. Quando mi toccò, sussultai, l'immagine gloriosa di lui su di me era impossibile da ignorare.

"Insomma, vogliamo parlarne?" chiese con calma, avvicinandomi il naso al collo. Per un attimo mi lasciai andare contro di lui, poi mi raddrizzai.

"Cosa c'è da dire? Non so nemmeno di cosa stai parlando. Stai delirando per il jetlag?" dissi allegramente, evitando il suo sguardo mentre mi chiedevo come potevo cavarmela. Potevo convincerlo che il pazzo era lui? Mio Dio, come aveva fatto ad accorgersene?

"Dai, Boxer. Parlami" insistette, strofinandomi il naso sul collo. "Se vogliamo avere una storia, dobbiamo parlare."

Parlare? Certo, potevo parlare. Era giusto che sapesse cosa lo aspettava con me, che ero condannata a vagare per il pianeta senza il mio O per i secoli dei secoli. Sollevai un'altra volta l'impasto e lo gettai contro il muro. Lui rotolò giù, appiccicoso come quei cosi viscidi e schifosi con cui giocavo da bambino. Mi girai verso Liam. Ero rosso come un peperone ma non mi importa più.

"Cosa avrebbe dovuto essere, quello?" chiese lui, indicando la palla.

"Pan brioche. Doveva essere pan brioche" mi affrettai a rispondere, in tono isterico.

"Scommetto che sarebbe stato buono."

"Richiede molto lavoro... forse troppo."

"potremmo riprovarci. Ti aiuterei volentieri."

"Non sai cosa ti stai offrendo di fare. Hai idea di quanto sia complicato? Di quanti passaggi bisogna fare? Di quanto tempo ci vuole?"

"Bisogna saper aspettare."

"Santo cielo, Liam, non ne hai idea. Lo desidero tanto, forse anche più di te."

"Ci fanno i crostini, no?"

"Aspetta, con cosa? Di che cavolo stai parlando?"

"Del pan brioche. E' una specie di pane morbido, no? Ehi, piantale di sbattere la testa contro il piano della cucina."

Il granito rinfrescava la mia pelle mortificata e bollente, ma sentendo il suo tono spaventato diminuii la forza dei colpi.

Lui sapeva, eppure era ancora lì. Era nella mia cucina in quel suo maglione cioccolato della North Face che faceva risplendere i suoi occhi come pepite e apparire tutto il suo corpo caldo e sensuale e virile e bello da crepare. Ed eccomi lì, coperto di miele e uvetta, che picchiavo la testa sul piano da lavoro dopo aver ucciso il mio pan brioche.

'Ho ucciso il mio pan brioche.' Che splendido titolo per... Zayn, non divagare!

Il cuore mi era quasi saltato fuori dal petto quando l'avevo visto sulla soglia. ZSC, che non era da meno, ala sua vista aveva prodotto una contrazione involontaria. Il Signor Cervello per un attimo si era chiuso nello stupore e nella negazione, ma adesso stava analizzando la situazione ed era incline a dichiararlo un candidato all'altezza, dato il tempo e la distanza che aveva dedicato a scoprire la causa della mia preoccupazione. La Spina Dorsale adesso era più dritta, sapendo d'istinto che una postura corretta esaltava il petto... si poteva biasimarla? Il Sistema Nervoso... come al solito era in tilt.

Pareti comunicanti - ZiamDove le storie prendono vita. Scoprilo ora