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20.17

"Hai mai pensato di cambiare il colore delle pareti?"

"Stai scherzando?"


"Perché? Magari una sfumatura più chiara di verde? O magari di azzurro? L'azzurro ci starebbe bene. Mi piacerebbe vederti circondato di azzurro."

"io ti dico come scattare le fotografie?"

"Be', no..."

"E allora tu non dirmi quale colore devo scegliere per le mie pareti. E per la cronaca, sto pensando di cambiare i toni, ma saranno più scuri. Più profondi, sarebbe meglio dire."

"Più profondi, eh? E che ne dici di questo?"

"Questo non è male. Mmh, non è niente male davvero. Comunque, come dicevo, stavo pensando a un grigio ardesia, come un nuovo ripiano di marmo sul crema, e scaffali mogano profondo. Oh, signore, è bellissimo."

"Ho capito. Profondo va bene, più profondo ancora meglio. Puoi mettermi il piede sulla spalla?"

"Così?"

"Oh, Zayn, sì, così. Dunque... nuovo ripiano, dici? Il marmo potrebbe risultare un po' freddo, non ti pare?"

"Sì, sì, sì. Cioè, cosa? Cos'hai detto?! Freddo? Be', dato che di solito non devo stendermi sul piano come una pasta sfoglia, la cosa non mi da alcun fastidio. E poi le superfici di marmo sono le migliori per stendere la farina."

"Non ci provare" minacciò lui, girando il viso per baciarmi l'interno della caviglia.

"A far cosa, Liam?" miagolai, trattenendo il respiro mentre lo sentivo accelerare appena il ritmo, in maniera impercettibile a chiunque ma non me, la persona alla quale al momento stava dentro.


"Non provare a distrarmi con la farina. Non funzionerà" disse, lisciando il ripiano con la mano sinistra e sfiorandomi il petto, avanti e indietro, pizzicandomi i capezzoli finché si inturgidirono.

Un frenetica energia iniziò a invadermi i fianchi e le cosce, lo stomaco e tutti gli spazi nel mezzo. "Non posso parlare di farina, Liam? Non ti piace parlare della farina durante il sesso? Mmh, non pensi che un po' di distrazione faccia bene, di tanto in tanto? Insomma, non mi immagini lì, piegato sul bancone, che lavoro per te..." Mi mancò la voce, e gli infilai  le dita tra i capelli, piegandolo verso di me per baciarlo, la bocca, la lingua, le labbra e i denti impegnati a farlo sprofondare ancora di più dentro il mio corpo.

Ero in bilico sul bordo dell'isola della cucina, nudo come un verme, e lo stesso si poteva dire del nostro caro Mr Payne, che era immerso nel mio corpo e deciso ad andare avanti il più a lungo possibile. Volevamo vedere quanto a lungo riuscivamo a sostenere una conversazione mentre... insomma... lo facevamo. Fin lì, diciassette dei minuti più intensi, sensuali e fantastici della mia vita, senza contare i preliminari. Il mio O danzava ai margini, chiedendosi perché non gli fosse stato garantito un accesso immediato. Ma ormai avevo preso il controllo di quel bastardo, e quella deliziosa tortura era incredibile. Valeva la pena di farla durare.

Almeno finché Liam non mi aveva chiesto di mettergli il piede sulla spalla. Santo cielo, mi stava straziando. Una gamba sulla sua spalla, l'altra me la teneva aperta su un lato, roteando i fianchi in minuscoli cerchi lancinanti, aumentando ogni volta in maniera impercettibile. Era stato lui a insistere sulla conversazione, e io ero riuscito a stare al passo, fino al piede sulla spalla. Di colpo, parti che prima non erano state chiamate in causa vennero stimolate, e diventava sempre più difficile restare lucidi. In fondo, però, a chi serviva la lucidità? Non mi importava di perderla. Finché potevo stare sotto Liam mi andava bene qualsiasi cosa.

Al momento, tuttavia, riuscivo ancora a resistere, e mantenevo qualche sprazzo di lucidità.

"Non mettermi alla prova, Boxer. Tu butto giù dall'isola."

"Mmh, Liam, non riesci a vedermi? Piegato in avanti, un grembiulino senza niente sotto, il mattarello in una mano, e una ciotola piena di mele?"

"Mele? Mio Dio, adoro le mele" grugnì, prendendomi l'altro piede e mettendoselo sull'altra spalla, poi mi tirò con forza verso il bordo e aumentò di poco il ritmo.

"Lo so, e che mi dici della cannella? Potrei farti una torta, Liam. La tua torta di mele, con l'impasto fatto in casa... tutta per te, bambinone. Non hai che da chiedermelo..." feci una smorfia, cercando di tenere lo sguardo fermo mentre lui aumentava di nuovo il ritmo, e nemmeno il rumore della pelle che sbatteva contro la pelle era divertente. Persi un altro briciolo delle mie facoltà mentali.

"Com'è, Zayn. Ti piace?" mi domandò, prendendomi di sorpresa.

"Se mi piace? E' fantastico."

"Fantastico? Davvero?" uscì quasi del tutto prima di scivolare dentro fino in fondo, facendomi sentire ogni singolo centimetro,

Restava solo un briciolo di lucidità. "Lo sai, ma torniamo alle mele. Vorresti la torta servita appena sfornata con gelato alla vaniglia? Calda e fondente come... oh, sì..."

"Vuoi davvero parlarne adesso? Perché se continui, sarò costretto anch'io a comportarmi così male."

"Più del mio parlare della torta di mele?" chiesi, stirandomi e puntando le dita dei piedi verso il soffitto, creando una sensazione nuova. 

"Mettiamola così: se non la smetti di parlare di torta di mele" iniziò, poi si chinò in avanti per avvicinarmi la bocca all'orecchio, facendomi rabbrividire. Con una mano mi afferrò il capezzolo stuzzicandolo. L'altra si intrufolò in basso, tastandomi finché non trovò il punto che mi fece temere di urlare. "Se non la smetti, smetterò di scoparti, e credimi quando dico che non ho nemmeno iniziato ad approfittare di te in tutti i modi che avevo sognato."

Arretrò e spinse. Forte.

E addio per sempre alla lucidità mentale. Tanto non sono troppo orgoglioso per implorare. "Oddio, Liam, mi arrendo. Scopami e basta."

"Mi farai la torta di mele?"

"Sì, sì, te la faccio! Oh, sì..."

"Fantastico. Torta di mele per me, torta di mele per... Cavolo, di qui sei stretto." Grugnì, spostandomi entrambe le gambe su un lato e, tenendole sollevate mentre mi sprofondava dentro, ancora e ancora, senza mai arretrare, solo avanzando, e intanto mi guardava, mi guardava arrossire e inarcare la schiena, inondata dal calore finché l'orgasmo non esplose, ammutolendomi con una forza che scosse ogni fibra del mio essere.

"Ti amo, Zayn, ti amo, ti amo, ti amo" esclamò, spingendo sempre più forte per raggiungere il suo piacere, il sudore che gli gocciolava dalla fronte. Mi stringeva i fianchi mentre io lo stringevo da dentro, tenendolo finché potei, e infine sentii il suo peso su di me e la sua testa che mi cadeva sul petto. Come poteva essere una tale delizia quel peso caldo? Avrebbe dovuto rendermi difficile respirare,comprimendomi i polmoni e via dicendo, ma non era così. Abbracciarlo, prendergli il viso tra le mani era tutto meno che soffocante.

"Tu mi ucciderai, sicuro come l'oro" gemette, baciando ogni centimetro di pelle che riusciva a raggiungere.

"Ti ami anch'io" sospirai, guardando il soffitto della cucina. Sul viso sentivo un sorriso grande come la baia di San Francisco. O sarebbe rimasto con me per tanto tempo.

Dipingere la mia cucina di azzurro? Neanche morto.


Pareti comunicanti - ZiamDove le storie prendono vita. Scoprilo ora