.3. Red Sand

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Non aveva avvertito subito il loro arrivo

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Non aveva avvertito subito il loro arrivo. Anche se le scarpe avevano senza dubbio fatto rumore sulla ghiaia prima che i loro passi si attutissero in prossimità della rena rossa, la stessa rena che, notò, aveva macchiato l'orlo dell'abito di mussola bianca della duchessa di Raven. Billy Round non era tornato da solo, con lui c'era un ragazzotto molto più alto del lacché. Era alto quasi quanto lui, Magnus Leroy. Sapeva  che sarebbe stato forte abbastanza per fermarli entrambi e per fargli male, veramente male.
Se c'era qualcosa che Magnus Leroy odiava era sentire addosso le mani di qualcuno, non faceva differenza se era, come in questo caso per ferire o se invece era un altro genere di tocco. Doveva essere lui a dare l'autorizzazione. E già le mani della duchessa di Raven era state su di lui, oggi, più di quanto potesse tollerare, e non avevano chiesto il permesso. Abbandonó le mani lungo i fianchi e alzò la testa verso quell'odiosa donna. No, non avrebbe rispettato le regole a questo punto.

<<Tenetelo fermo.>>

La faccia della duchessa di Raven era distorta da una smorfia orrenda. Non c'era nessun tipo di pietà nei suoi occhi. Non era questa la parte peggiore, quello che faceva davvero male, pensò Magnus Leroy, era sapere che sarebbe stato in grado di difendersi, volendo. E lo sapeva bene, fuori dalla taverna del Diavolo aveva avuto molte volte modo di misurare la sua forza. Ma in quel momento, considerato il posto che occupava nel mondo, non c'era ragione per cui la sua forza dovesse valere qualcosa.

La voce della duchessa di Raven non tentennò. Subito ad arricchire il grottesco cipiglio del viso, si unì il sorrisetto di chi invece, al contrario di Magnus Leroy, non aveva mai dovuto combattere per affermare alcunché. Non vi erano due persone, in quella calda mattinata di metà agosto, che potessero essere più intimamente diverse e distanti di quanto non lo fossero loro due. Anche l'aria era ferma, non un alito di vento turbava quella mattina umida e insopportabilmente calda. Persino il sole, alla fine, si era sottomesso alla duchessa e se ne stava immobile ad attendere i suoi ordini.

Le mani di Roland furono intorno al suo braccio. Era fastidioso, era quanto di peggio potesse esistere per lui. Infinitamente peggio di non poter più acquistare i suoi libri sui mulini, molto più di non poter scoprire come funzionasse l'asse orizzontale . Anche Billy Round gli tenne fermo il braccio, ma la sua mano tremava un po' e la sua presa non era salda come quella di Roland Barns.

Magnus Leroy pensò che avrebbe per sempre ricordato, oltre alla spiacevole sensazione di mani estranee addosso, anche quella stasi e quel silenzio strano. Non era un uomo particolarmente religioso e non era nemmeno un estimatore delle scienze occulte che stavano andando tanto di moda tra gli avventori della taverna del Diavolo. Quindi non ebbe modo di definire la cosa per quella che era; una questione che aveva a che fare con i propri peccati, con la propria anima, con la predestinazione e perché no, col destino. Un particolare momento che avrebbe, attraverso la violenza più becera, marcato una linea netta tra quelle due vite in sostanza tanto dissonanti facendole convergere. Un momento terribile, che li avrebbe portati lontano da quello che erano sempre stati. Ma non lo seppe mai con lucidità, anche se lo intuì bene, nello stesso modo istintivo ma limpido in cui lo avrebbe indovinato un animale braccato.

La duchessa di Raven invece era troppo piena di rabbia, troppo incastrata nelle sue personali faccende, nei dettagli dell'etichetta, dei capelli che non erano acconciati alla francese, nelle frasi sospese che non le avrebbe risparmiato la contessa di Whinthorpe, e soprattutto nell'affronto, l'ennesimo, dei suoi subalterni. Magnus Leroy continuava ostinatamente a sfidarla e lei non aveva mai incontrato qualcuno che le avesse opposto una resistenza simile.

<< Devi abbassare gli occhi quando ti trovi dinnanzi ad una duchessa. E a chiunque ti sia superiore.>>

Ma gli occhi verdi di Magnus Leroy quella mattina non si puntarono più sulla rena rossa. Rimasero ancorati tutto il tempo in quelli azzurri e freddi della duchessa di Raven. Il cielo e il prato erano uniti in un ancestrale e misterioso legame.

<<Allora? Non capisci quello che ti sto dicendo, inutile bestia?>>

<<Vi capisco perfettamente, my Lady.>>

La duchessa si avvicino alla carrozza e prese il bastone che utilizzava ogni tanto il valletto per scacciare qualche cittadino inopportuno in cerca di elemosina. Lo aveva visto da subito e forse aveva, sin dall'inizio, avuto intenzione di usarlo.

<<Vostra signoria non c'è nessun motivo per cui voi dobbiate fare una cosa del genere. Ci penserò io o Roland Barnes, rischiate di sporcarvi il vestito.>>

Le parole ossequiose di Billy Round erano scivolate addosso alla duchessa come faceva nella gola il pudding troppo caldo d'inverno. Lei si raccontò che non aveva più abbastanza fiducia nella servitù, che non si fidava che di se stessa ormai. Era sudata, le guance erano rosse e stava già prendendo troppo sole. Avrebbe dovuto scegliere tra il bastone e l'ombrellino. Scelse il bastone.

<<Non ti conviene sfidarmi Magnus Leroy. Ma come tutte le bestie devi assaggiare il bastone prima di convincertene.>>

Il primo colpo non fece troppo male, non fisicamente almeno. Era il colpo maldestro di una donna. La mano di Roland Barns non lo teneva fermo davvero, la sua stretta era amichevole, a ogni colpo una sua strizzatina gli infondeva coraggio. Il valletto invece adesso stringeva  eccome, forse riusciva a capire che in un altro momento uno come Magnus Leroy lo avrebbe fatto a pezzi.

Verso il quarto colpo la duchessa di Raven sentì di dosare in maniera giusta la forza e di colpire con la sufficiente accuratezza. Lo indovinò dal sangue, soprattutto, che iniziò a macchiare la camiciola di Magnus Leroy all'altezza del costato. Non ebbe modo di capire che la pelle dell'uomo si era aperta per via di una pericolosa irregolarità del bastone che lo rendeva più simile ad una lama. Non pensò neppure che con un colpo sbagliato poteva mettere fine alla sua vita. Nell'ordine di cose che facevano parte della sua personale visione del mondo, tutto questo non aveva importanza, era solo una seccatura. Ad ogni sferzata si sentiva più forte, ogni sferzata ristabiliva, secondo la duchessa, il giusto equilibrio. Magnus Leroy continuava a guardarla ma la donna, in quel caso, sorprendentemente, si accontentò della smorfia che Magnus non riusciva a trattenere, del modo in cui i suoi denti mordevano senza pietà le sue labbra piene e dei mugolii di dolore che ogni tanto non gli riusciva proprio di soffocare.

<<Allora? Non capisci che tutto questo non finirà se non abbasserai gli occhi?>>

<<Abbassa gli occhi, amico.>>

Gli sussurrò gentile Roland Barns, ormai le sue mani lo stavano carezzando. Si sarebbe detto, che tra i due, fosse Roland quello percosso dal bastone, ad ogni colpo, infatti, chiudeva gli occhi e sobbalzava leggermente. Aveva visto e aiutato a scannare, sgozzare e scuoiare tanti animali ma tutto questo gli parve inumano e incivile nei suoi pensieri di semplice paggio.
Invece gli occhi di Magnus Leroy non si abbassarono mai, fu la duchessa a mettere fine allo strazio perché le doleva la mano. Solo allora, finalmente gli occhi di Magnus andarono di nuovo all'orlo del vestito bianco di mussola della duchessa, ora macchiato di rena e di sangue.

LA DUCHESSA DI RAVENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora