.5. The Envious Moon

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Chiuse gli occhi proprio mentre lo squittio della moglie gli arrivava dritto alle orecchie, in mezzo al profumo e agli occhi di Ginevra, alle sue mani, alla sua violenza che lo attraevano, che lo spingevano ad andare da lei solo per continuare il ...

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Chiuse gli occhi proprio mentre lo squittio della moglie gli arrivava dritto alle orecchie, in mezzo al profumo e agli occhi di Ginevra, alle sue mani, alla sua violenza che lo attraevano, che lo spingevano ad andare da lei solo per continuare il confronto, per litigare, per farsi la guerra. Era stato insopportabilmente sgradevole, non solo non aveva implorato il suo perdono e non si era gettato ai suoi piedi, ma l'aveva costretta ad ammettere che le era piaciuto lasciarsi fottere da lui. Si maledisse per essere stato tanto inopportuno e si pentì di essere andato lì quella sera.
Gli sembrava di essere un vaso troppo colmo sul punto di traboccare, eppure sapeva che se avesse lasciato il suo inconscio libero di esprimersi non ne sarebbe venuto fuori niente di buono, ne aveva avuto una prova tangibile quando si era trovato infine ad affrontarla.
Resistette all'impulso di girarsi verso di lei. Fissava ora il fuoco, ora la moglie.

<<Che ti è saltato in mente di fare? Vuoi rovinare tutto?>>

Lisa lo rimbeccò con astio o forse era solo un'altra manifestazione di gelosia. Per tutta risposta Magnus spinse in avanti la moglie in modo imperdonabilmente disdicevole, quella maledetta duchessa gli faceva perdere la testa con la sua sola presenza.
Quanto potere oscuro esercitava da sempre quella donna su di lui. La moglie vacillò, a quanto pareva alla fine Magnus aveva calamitato la curiosità della gente anche sulle loro due figure.

<<Non osare dirmi quello che devo o non devo fare, sono stato un marito tollerante verso i tuoi capricci, non ti conviene abusare della mia pazienza.>>

Il tono non solo spaventò Lisa ma la fece profondamente vergognare, si guardò intorno con gli occhi pieni di lacrime, solamente chi era impegnato nel Cotillon non si era accorto di loro.

<<Non sei mai stato un vero marito, non ti importa niente di me.>>

Magnus le prese un braccio, si avvicinò al suo viso tondo. Era graziosa Lisa coi suoi occhi marroni e la bocca rossa, era anche attraente, eppure Magnus non sentiva fremere alcunché.

<<Volevi il tuo svago? Bene, ti ho accontentata. Ora vattene, hai il mio permesso di ballare con chi ti pare, fai quello che vuoi, ma non permetterti di avvicinarti ancora a me per l'intero svolgimento di questa serata, siamo intesi?>>

A Lisa tremava il mento nello sforzo di trattenere le lacrime.

<<Mi fai male!>>

Magnus lasciò il polso della moglie quando udì il mormorio sorpreso degli invitati che ora li accerchiavano. Lisa iniziò ad accarezzarsi nervosamente il punto in cui l'aveva stretta. Ma con sommo stupore e molto imbarazzo, Lisa si accorse presto che dall'altra parte del salone si svolgeva una scena che sembrava superare persino la sua in quanto a indecenza. Senza dubbio la contea di Saltdean avrebbe avuto di che parlare per almeno sei mesi dopo quell'unico ballo.
Magnus seguendo la traiettoria visiva della moglie e la voce inconfondibile della duchessa girò a sua volta il capo verso quello che accadeva in fondo all'ampio salone.
La duchessa di Raven, rossa in volto, urlava qualcosa di incomprensibile, gli parve che guardasse ogni tanto nella sua direzione. L'ammirò per quei capelli sciolti, quell'aria selvaggia che la faceva sembrare una creatura coraggiosa e fuori tempo, rimase incantato dai gesti nervosi delle mani, da quei nuovi atteggiamenti che si confondevano ai vecchi, li cancellavano e rendevano i suoi ricordi sfocati, inattendibili. Chi aveva sognato, invocato, desiderato negli ultimi sei anni? Di fronte a lui c'era solo l'eco della donna che conosceva, non sapeva più niente di lei, se non che ora il Cavaliere occupava una fetta considerevole del suo cuore. La contessa di Winthorpe invece manteneva il suo solito, gelido contegno. Il Cavaliere si lanciò immediatamente nella direzione di Ginevra, si mise in mezzo, a Magnus non sfuggì il modo in cui serrava la mascella nello sforzo di trattenersi, e di come col suo corpo le facesse da scudo. Rimase impietrito col cuore che batteva malamente ad un ritmo sordo. Sentiva le mani formicolare, eppure non si decise ad intervenire. Di nuovo agì su di lui quella terribile sensazione che rapidamente si tramutava in certezza. Era tutto rovinato tra loro, niente li legava più ai fatti che si erano succeduti sei anni prima, se non quella maledizione che aveva scagliato su di lei e di cui si rendevano ora evidenti le conseguenze mentre i presenti l'additavano e l'accerchiavano. Quella macchia nera che gravava sulla reputazione della bella duchessa, considerò amaramente, era in fondo l'unica cosa che testimoniasse il passato che avevano condiviso, l'unico marchio che dimostrasse anche se in maniera violenta il suo breve passaggio nell'esistenza della donna  .Provò il sadico bisogno di allargare quella macchia anche a costo della sofferenza di Ginevra, non c'era nessun istinto di protezione verso di lei, lo realizzò all'improvviso, esisteva, e forse era sempre esistita, solo l'egoistica necessità di gravitarle intorno senza nessun motivo sensato. Non si era mai sentito miserabile come in quel momento.

LA DUCHESSA DI RAVENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora