.44.The Sacrifice

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Rimase imbambolato a guardare l'enorme casa tentando di decifrare i rumori che sentiva

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Rimase imbambolato a guardare l'enorme casa tentando di decifrare i rumori che sentiva. Ad intervalli di qualche minuto, due forse, di nuovo arrivava il frastuono di qualcosa che rovinava a terra, sbatteva e alla fine si fracassava. La voce del duca si udiva per via di qualche nota eccessivamente isterica che tagliava l'aria a metà, quella della duchessa non si sentiva quasi per niente, e per Magnus, fu la cosa peggiore. Qualche singhiozzo della donna, forse. Quelli si persuase di averli distinti bene, si sentiva scuotere completamente dall'interno, era come se ad ogni suono arrivasse anche a lui di nuovo una sferzata di bastone, sentiva persino le ferite dolere, aprirsi, tagliare la carne dove si era appena formata una pallida e fragile linea di congiunzione. Strinse i denti, li digrignò, una patina di sudore lo ricoprì interamente.

Era il caso di sparire, di andarsene. Lo avrebbero ucciso, lo avrebbero fatto a pezzi. Aveva visto molte esecuzioni pubbliche, tagli delle orecchie, delle mani, menomazioni e anche esecuzioni totali, teste tagliate, impiccagioni. Ma non riusciva a muovere i piedi da quella rena eccessivamente rossa, che accecava gli occhi, li faceva quasi lacrimare.

Pauline si stringeva le braccia addosso come se sentisse molto freddo e Mary ora guardava Magnus, ora la casa.

<<È stata molto ingiusta con te.>>

Mary lo osservò ancora, lui se ne accorse e ricambiò brevemente, ma gli occhi della giovane cameriera erano spenti come l'ultima volta che l'aveva vista, Roland le era accanto e ogni tanto le passava una mano sulla schiena tentando di confortarla.

<<E spesso è stata molto dura con noi, non le va mai bene niente, il sapore del tè, le pietanze, le stoffe che lei stessa sceglie, come l'acconciamo...>>

Mary finalmente gli aveva dato del "tu". Lo riconosceva come uno di loro, era per l'impotenza che li univa tutti là sotto, forse, in attesa che il destino della duchessa si delineasse. Quella forza oscura li aggregava, li bloccava nell'impossibilità di poter agire, li faceva quasi fremere nervosi perché temevano e contemporaneamente anelavano un ritorno all'ordine, la duchessa era solo una vittima sacrificale delle loro frustrazioni, il momentaneo capro espiatorio nel carnevale delle loro esistenze.
Non sarebbero riusciti a definire quello che provavano ma tutti, eccetto Magnus, sentivano di volere e insieme di temere una punizione esemplare. Le due donne soprattutto si sentivano combattute da quella proiezione di donna che era loro superiore, che le aveva umiliate, vessate, ma che sembrava ad entrambe invincibile, protetta da quello che era toccato in sorte alle altre. La duchessa di Raven si era sempre mossa, ai loro occhi, in un'esistenza parallela ma rassicurante. E ora Mary si sentiva doppiamente in trappola, perché sapeva che nessuno avrebbe mai fermato il duca, che l'uomo che l'aveva fottuta senza tante cerimonie avrebbe sempre vinto, che non c'era possibilità di sottrarsi alle ingiustizie neppure se si aveva la fortuna di nascere duchesse. Questo la faceva sentire infinitamente sconsolata.

<<Ma non sono contenta di tutto questo. Stamattina la duchessa piangeva, era disfatta sul letto con i capelli incollati al viso. L'idea delle lenzuola è stata di Pauline, avevamo capito che c'era qualcosa che non andava, il duca non aveva mai passato la notte con lei. Quell'uomo... lui...>>

LA DUCHESSA DI RAVENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora