Magnus Leroy ama aggiustare le cose, é affascinante, sicuro di sé, ostinato e segue una regola: non vedere la stessa donna per più di due volte, mai.
La duchessa di Raven è in grado di distruggere tutto quello che gli capiti a tiro, se disturba...
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La duchessa trattenne il respiro, non riusciva a capire se quello che la disturbava fosse quel forte odore di incenso, la vicinanza di Magnus o le parole dell'uomo di fronte a lei. Poteva essere tutto un sogno, i VauxhallGardens, il bacio di Magnus, la sua voce profonda, la musica dei padiglioni e questa tenda esotica. La sua vita prima di allora non era mai stata tanto avventurosa, tanto densa di avvenimenti. Le sembrava di essere sul punto di traboccare. Si chiese come poteva chiamare quella sensazione. L'atmosfera era suggestiva e Magnus non la stava guardando, ma non aveva fatto altro per tutto il resto del tempo. L'indiano invece continuava a rigirare la tazzina tra le mani e ad osservare quello che era rimasto del suo tè. La duchessa non si fece troppe domande quando lo vide grattarsi la testa e poi, insicuro guardare ancora una volta l'interno della tazzina. No, non aveva mai creduto in queste fandonie, anche se lo spiritismo stava andando tanto di moda in quegli anni. Tavolini che si muovevano e defunti che si prendevano il disturbo di tornare a questa vita tediosa non l'avevano mai convinta. Non ne capiva semplicemente la ragione, qualunque cosa era meglio di quell'epoca che le appariva fin troppo statica.
<<Mi dispiace.>>
Le disse l'uomo.
<<Non ecco... non...>>
Magnus trattenne una risatina che alla fine, trovò lo stesso il modo di essere udibile.
<<Perché ridi?>>
Chiese la duchessa di Raven girandosi verso di lui. Era strana quell'intimità che sentiva addosso, invadente come l'umidità che c'era nell'aria in quel periodo dell'estate. Era dappertutto, appiccicava i vestiti, faceva sentire sporchi. Faceva dimenticare come si viveva senza, ci si abituava anche a quella scomodità, in fondo. Sarebbe stato lo stesso col corpo di Magnus?
<<My Lady persino il tè ha paura di voi.>>
E rise ancora, una risata genuina e infantile. La duchessa dimenticava sempre quanto fosse giovane Magnus. Era quell'apparenza spigolosa da uomo, quel portamento fiero e orgoglioso, che facevano passare i suoi anni in secondo piano. E non seppe perché le venne improvvisamente da ridere anche a lei, in un modo osceno, vergognoso e inadatto. Ma non se ne curò e gli occhi di Magnus si puntarono per un secondo sulle sue labbra rosse come avevano fatto dietro al vetro della carrozza.
L'indiano li guardò con curiosità e guardò di nuovo i fondi. Fu Magnus a rompere l'indugio.
<<Parlano di me, quei fondi?>>
Chiese scherzoso. Ma l'uomo non rideva.
<<Allora?>>
Lo incitò Magnus sforzandosi di non guardare ancora quelle labbra. Non l'aveva mai vista ridere, era stato uno spettacolo affascinante ed erotico. C'era qualcosa in quella donna che lo eccitava come un animale.
<<Parlano di un uomo, si. Ma non posso dire se siate voi o meno.>>
<<E parlano di un appuntamento all'aperto? Diciamo di una piacevole cavalcata?>>
La duchessa scosse la testa. Non poteva credere che fosse così spavaldo, così incurante delle forme. Era stato silenzioso e teso fino a quel momento, e adesso pareva gli si fosse sciolta la lingua.
<<No, signore.>>
Disse l'indiano scambiandolo per un gentiluomo.
<<Parlano della terra sporca di sangue, di sole, di qualcosa che romperà tutti gli equilibri. E...>>
<<E?>>
Disse la duchessa col sorriso che si andava spegnendo. L'incenso la faceva sentire ubriaca, coraggiosa, un'altra. Una donna che possedesse un briciolo di libertà, di spirito di iniziativa. La voce dell'indiano era ipnotica, bassa, sicura e spaventata.
Sospirò. La duchessa in quel momento era troppo distratta per dare peso alle parole e ricondurle ad una particolare giornata di sole in cui il sangue si era davvero mischiato alla rena.
<<Quando verrà il momento dovete guardare col cuore e non con gli occhi. Sarà questo a fare la differenza, sarà questo a condannarlo o a salvarlo. >>
La duchessa rimase con l'espressione per un attimo attonita, la bocca leggermente aperta in una smorfia spaventata e poi rise in faccia a quell'uomo e al proprio destino.
Magnus aspettò che la duchessa desse mezzo scellino all'indiano. La prese sottobraccio, ma l'ilarità della donna si era già spenta insieme ai fuochi d'artificio, che cessarono quasi nel momento esatto in cui Magnus scostò la tenda con un occhio solo.
<<Lasciatemi!>>
Gli disse in malo modo, sottraendo il braccio dalle sue mani. Non prima che Magnus l'ebbe stretto bene per farle capire chi era che comandava in quel momento.
Ma fece come le aveva ordinato, infine, perché vide che la contessa di Winthorpe e il duca di Seillac stavano venendo verso di loro.
<<Mi direte di no? Non cavalcherete con me?>>
Sussurrò prima di lasciarla.
Oh, se l'avrebbe montata. Non aspettava che di fotterla, non voleva che farle pagare tutto.
<<Non sono come la vostra ruffiana, non mi mischio ad un servo per lussuria.>>
Fu questa la sua risposta contrita. Erano state le parole dell'indiano a farle cambiare idea così repentinamente? Era stata la presenza di Magnus così vicina? Addosso? I suoi occhi che la seguivano in quel modo, che la osservavano, che le donavano, inconsciamente, un rilievo nel mondo?
O era la luna, tanto grande e tanto pericolosamente vicina a loro che sembrava sul punto di cadergli in testa non appena si fossero distratti?
<<E non lo farete nemmeno per amore?>>
Fu l'ultima cosa che disse Magnus prima di ripiombare in un ostinato silenzio non appena la contessa si fu di nuovo avvicinata. Da quel momento, per il resto della sera, si mise tra i loro corpi, li separò col suo e loro non parlarono più. Magnus non la guardò nemmeno, perso in chissà quale pensiero. Il duca però era tornato spiritoso, i fuochi e la previsione della sua morte imminente per avvelenamento, sembravano finalmente avergli tolto ogni preoccupazione dall'animo.
La duchessa invece sentiva tutto il peso opprimente di quella umidità, e le sembrava che non vi fosse, al mondo, niente di più intollerabile. Avrebbe voluto strapparsi di dosso quei vestiti che la soffocavano, che le aderivano addosso in maniera indecente.
<<Non volete tornare a casa?>>
Chiese ad un certo punto la contessa a Magnus, ma lui non rispose, da quando erano usciti dal padiglione con un occhio solo, l'ingiustizia di quella sua esistenza lo aveva travolto. No, tornare a Chiswick Hall era l'ultima cosa che voleva.