.17. The benefit of the Doubt

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Dalla sua posizione accanto alla finestra, la duchessa notava come fossero tutti intenti ad infondere coraggio a quell'uomo con cui aveva passato la notte

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Dalla sua posizione accanto alla finestra, la duchessa notava come fossero tutti intenti ad infondere coraggio a quell'uomo con cui aveva passato la notte. Avrebbe voluto essere più distaccata, avrebbe voluto poter controllare i pensieri.

Cos'era lui per lei? Era stato il suo stalliere, il suo amante e ora era incluso nella cerchia dei suoi amici più stretti, aveva conquistato un titolo, si era liberato del giogo della sua esistenza. Invece lei non si era mai sentita tanto in trappola, tanto schiacciata dal passato come lo era in quel momento.

Avrebbe dovuto chiedere notizie di Lisa? Doveva mostrare di nuovo un rammarico che di fatto non sentiva, di nuovo prestarsi alla recita di quello che ci si aspettava da lei? Persino Edmund aveva accantonato i rancori e ora rivolgeva parole di conforto a Magnus. Eppure il baronetto era lei che continuava a fissare, aspettandosi qualcosa, qualcosa che forse era per sempre destinato ad essere disatteso.

Magnus Leroy si sentiva terribilmente confuso. Aveva fatto quello che i suoi obblighi sociali imponevano, era corso al capezzale della moglie, sperando che Dio l'avrebbe perdonato per quei pensieri sconci che gli ottenebravano le membra, era più probabile che non Dio, bensì il diavolo l'avesse ascoltato.

Forse era per questo che il destino si accaniva contro di lui, lo aveva pensato, sapeva di averlo fatto, mentre Lisa col suo colorito spettrale invocava il suo tocco, gli tendeva una mano, diceva qualcosa su un tè che aveva trovato ad attenderla in camera, un tè che pensava le avesse mandato lui. Poi si confondeva, rivelava che sicuramente c'era qualcuno che desiderava la sua morte, qualcuno che non avrebbe esitato troppo a spazzarla via dall'esistenza.

Magnus le aveva chiesto chi poteva avercela con lei, Lisa, con gli occhi lucidi, si era limitata ad osservarlo in maniera eloquente, facendogli capire di avere un ruolo, in quel teatrino di posa, ben meno marginale di quello che lui avrebbe potuto pensare.

Si era limitato ad accarezzarle i capelli, abbracciarla come se fosse stata una bambina, era convinto che lei si sbagliasse, che facesse tutto parte di uno sfortunato incidente, nient'altro, accadeva spesso che il cibo fosse contaminato, forse l'acqua del tè era meno pura di quanto avrebbe dovuto essere. Di fatto però avrebbe voluto sentirsi più scosso di quello che era, eppure era terribile, era quasi inumano, perverso. L'unica cosa che lo tormentava era l'idea che la duchessa potesse davvero passare la notte con Edmund. Che lui potesse vantare su di lei delle pretese, che persino il marito, quell'inetto che l'aveva umiliata in pubblico, che aveva esposto la moglie mezza nuda alla curiosità dei domestici, potesse avere più potere di lui. Eppure non riusciva ad ammettere che tipo di potere potesse desiderare, si muoveva quasi spinto da una forza occulta verso quella donna. Non voleva che altri la toccassero, non voleva neppure che le parlassero.

Non aveva mai dormito bene come quell'ultima notte, certo, eccitazione a parte. E ora nemmeno la vista di sua moglie, i pericoli a cui era andata incontro, lo scuotevano e riuscivano a renderlo meno vivo, meno presente e quasi euforico. Sarebbe stato dannato, non poteva essere altrimenti. I sensi di colpa presero possesso di lui, lasciò Lisa che si era addormentata e andò in salotto quasi con furia. Si disse che era per educazione, che non lo faceva per vederla. Ma appena ebbe varcato la soglia, immediatamente Ginevra si appoggiò al suo Cavaliere che prontamente le mise una mano intorno alla vita.

LA DUCHESSA DI RAVENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora