La duchessa di Raven rientrò a casa con una sensazione strana. Non ricordava il viaggio di ritorno in carrozza, era semplicemente scivolato via come facevano certi sogni al risveglio. Tentò di sforzare la memoria ma l'unica cosa che vi galleggiava, come facevano i pasticcini leggeri nel tè, fu l'effetto di quel caldo umido sul corpo, lo sentiva attraverso i vestiti, era dappertutto. Solo quello ricordava del viaggio in carrozza, quello e Londra scura, immobile, illuminata da qualche fiaccola, ma terribilmente inquietante. Anche i suoi capelli erano umidi e sembravano possedere una vita propria, apparivano gonfi, selvaggi, pieni. Si impose di non pensare a Magnus, a quella risata ipnotica e alle parole dell'indiano che l'avevano, in parte, colpita.
Quella profezia su di lui;
La amerete più della vostra stessa vita.
Era riferito ad una donna che già Magnus conosceva? Forse ad una del suo ceto sociale? Una cameriera o qualcosa del genere? Nessun dubbio su questo, la duchessa di Raven aveva chiari in mente i confini sociali che li dividevano. E come faceva quella sciocca della contessa di Winthorpe, non lo considerava, né tantomeno fingeva, che lui fosse un gentiluomo.
Ma continuava ad immaginarlo innamorato di una donna, continuava ad immaginarlo baciare questa ipotetica ragazza della sua età, che fastidiosamente ebbe per un momento la faccia di Pauline o di Mary. Ma il modo era lo stesso in cui aveva baciato lei, dentro un pertugio sotto la pioggia e poi di notte contro l'albero con la lingua che scavava, accarezzava e la faceva fremere. Pauline in quel momento la stava liberando dei vestiti. Ma la duchessa pensò che lo voleva ancora addosso quell'umido, che non era pronta a lasciarlo andare via insieme agli abiti. E strattonò la mano della cameriera che rimase a bocca aperta. Allora, presa da una misteriosa e insana follia, la duchessa, pensò di darle anche uno schiaffo, solo perché trovava intollerabile che nella sua mente Magnus fosse innamorato di una come Pauline o come Mary. E visto che di fronte aveva una delle due colpevoli a cui aveva dato questo ruolo immaginario, non poté che sfogarsi con Pauline.
<<Oh, je regrette beaucoup... Mi dispiace infinitamente Vostra Grazia se ho fatto qualcosa di male.>>
Trovava intollerabile che ancora si sbagliasse col francese, le pareva che fosse solo una sciocca malinconica e che lo facesse apposta. L'aveva studiata con attenzione questa Pauline, e vi aveva trovato qualcosa in comune con lei. Una specie di senso pratico e rabbia tenute al guinzaglio solo a causa della sua posizione sociale. Non poteva essere altrimenti, e si sentì fortunata di non essere al suo posto e di non doversi trattenere. Per questo la maltrattò. Perché poteva e perché Magnus avrebbe, alla fine, amato una come lei.
<<Smettetela di parlare in francese! Siamo in Inghilterra, ve ne siete accorta o mi tocca pensare che il vostro naso sia più grande del vostro cervello?>>
Pauline si toccò il naso che era davvero lungo e aquilino e la guardò con uno sguardo tutto smaccatamente francese. Era un misto di riprovazione e finta sottomissione.
<<Avete qualcosa da aggiungere?>>
<<No, Vostra Grazia.>>
Rispose la cameriera. E fu chiaro come si sforzasse di perdere quella pronuncia francese che la faceva sempre sembrare sul punto di sputacchiare.
<<Da oggi in avanti mi chiamerete My lady...>>
<<Ma...>>
<<Ma?>>
<<Come volete, My Lady, posso continuare?>>
<<Certo sciocca ragazza, pensate che andrò a dormire vestita?>>
Con un sospiro si lasciò spogliare mentre si beava di quel nomignolo che rimbombava nella sua testa, anche se detto da Pauline perdeva tutta la sua forza. No, non sarebbe mai andata a cavallo con lui come stalliere, non avrebbe potuto dimenticarsi chi era fino a quel punto. Andò a dormire con questo pensiero ma si svegliò inquieta e con una fastidiosa eccitazione nel mezzo della notte. Si girava, riacciuffava il cuscino, sistemava la cuffietta e non trovava una posizione mentre sentiva i capezzoli duri contro la stoffa. Ci passò una mano.
My Lady.
Si ripeteva, poi tirò su la camicia da notte. C'era pochissima luce, non abbastanza per preoccuparsi dei suoi gemiti o per vergognarsi di quello che stava facendo. Unì il seno tondo con le mani, si passò le dita in bocca e poi di nuovo sui capezzoli, bagnandoli con la saliva, facendoli indurire e poi pizzicandoli come avrebbe voluto facesse Magnus. E scoprì che era davvero piacevole e che era molto sensibile lì. Non sapeva quello che stava facendo, ma l'istinto portò la mano esattamente dove doveva andare, all'interno dei mutandoni bianchi che indossava per non sentirsi troppo nuda sotto la camicia da notte candida e che stavolta trovò di intralcio. Se li era mai sfilati da sola? No, credeva di no. L'avevano sempre vestita, spogliata e acconciata come se fosse stata una bambola. Ma l'istinto le venne in soccorso anche lì. Li scalciò via, e iniziò a toccarsi lentamente là sotto trovando la cosa affascinante e piacevole.
My Lady. E la sua risata, poi il suo sorriso e la sua lingua. E il suo fallo duro, scandalosamente duro che sentiva anche attraverso le gonne. Che sentiva anche adesso. E le sue spinte sicure.
Strofinò prima in modo casuale le dita sopra il monte di venere poi scoprì il piacere di infilare un dito lì, dove ignorava ci fosse abbastanza posto da ospitarlo. E la sua sorpresa fu infinita quando scoprì che volendo poteva arrivare anche a due. I suoi gemiti risuonarono nella sua elegante camera da duchessa. Si pizzicò contemporaneamente il seno e non ebbe tempo ad infilare un terzo dito. Era bagnata e si chiese se quella fosse ancora l'umidità dell'estate. Ma i suoi pensieri a quel punto erano pericolosamente sconnessi.
Urlò quando rivide gli occhi verdi di Magnus dietro il vetro della carrozza e poi il sangue di nuovo sporcò la rena. La contaminò in modo delizioso. E lei, per la prima volta, quando si fu calmata e il respiro fu tornato regolare, si disse che era proprio una sfortuna che non fosse nata come Pauline, e che le suore si fossero dimenticate di dirle quanto piacevole fosse il male. Perché era davvero sicura che tanto piacere non potesse essere consentito.
Ma era sempre più convinta non avrebbe cavalcato con Magnus, non l'avrebbe fatto perché era nata duchessa, e questo non poteva essere cambiato.
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LA DUCHESSA DI RAVEN
Ficción históricaMagnus Leroy ama aggiustare le cose, é affascinante, sicuro di sé, ostinato e segue una regola: non vedere la stessa donna per più di due volte, mai. La duchessa di Raven è in grado di distruggere tutto quello che gli capiti a tiro, se disturba...