.37. A small Misunderstanding

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Quella mattina luminosa di agosto, Elsa Pound e la sua padrona avevano in mente la stessa cosa

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Quella mattina luminosa di agosto, Elsa Pound e la sua padrona avevano in mente la stessa cosa. Cosa le avesse spinte entrambe, in una giornata tanto luminosa, verso simili, tristi pensieri però, era un mistero insondabile.

Mentre la prima ragionava sulla convenienza di tenere per sé le informazioni che aveva appreso al mercato da quella pettegola della sua amica Lucy Fisher per salvaguardare il fragile cuore della sua padrona, la duchessa di Raven, poco lontana da lei, mentre suo figlio sempre più forte e mascolino correva per il giardino di Bucklersbury House, ragionava sul fragile equilibrio di tutte le cose che aveva conosciuto.

Sperava che suo figlio non avrebbe mai scoperto quanto la felicità fosse inafferabile, sperava di tenerlo al riparo dalla sofferenza il più a lungo possibile. Era l'unico motivo per cui non si era tolta la vita dopo quello che era successo, grazie a quella gravidanza inaspettata e a quel bambino di cui si era sentita subito responsabile.

Ad ogni modo ormai riconosceva subito quando la malinconia l'avrebbe avviluppata nelle sue maglie come una coperta troppo soffocante. Succedeva spesso, ad intervalli regolari. Quella mattina aveva sentito l'invadenza dei suoi ricordi anche prima di aprire gli occhi, tutto quello che aveva perduto si era infilato nei suoi sogni, l'aveva fatta sudare, forse gridare. Ormai la servitù era abituata e non accorreva più. Il fatto che fosse passato un altro anno, che fosse agosto, che niente in quella giornata afosa lasciasse ben intuire la vera natura delle cose sebbene il sole si ostinasse ad illuminare tutto quello che aveva intorno, le avevano provocato un rassegnato scoramento.

Come sempre accadeva quando il dolore la punzecchiava senza tregua aveva detto alla bambinaia che avrebbe pensato lei al piccolo Fergus. Si era seduta accanto a lui nella sontuosa nursery azzurra, l'aveva osservato dormire. Aveva accarezzato le curve del suo piccolo viso perfetto e si era sentita subito meglio.

Aveva in principio chiesto di far dormire il bambino insieme a lei, nella sua camera, suo marito si era opposto dicendo che era indecoroso, che c'era un esercito di balie e bambinaie pronte ad occuparsi di lui. Quando aveva palesato la possibilità di allattarlo, il duca l'aveva così duramente rimbeccata che Ginevra aveva subito abbandonato la possibilità. Era quello che ormai faceva di fronte ad ogni ostacolo, lasciava perdere, sentiva di non avere le forze per combattere.

In ogni caso quella mattina aveva osservato il piccolo Fergus con attenzione, aveva atteso che si svegliasse e poi aveva detto alla bambinaia di andarsene, che si sarebbe occupata lei di lui.

Ora che il marito non c'era più questa era una piccola vittoria, ogni giorno, a dire la verità, ce n'era una che allargava un pò il recinto mentale in cui era rinchiusa. Anche giocare sotto al sole cocente, sudare, rincorrere suo figlio, abbracciarlo e baciarlo per sentire il suo profumo unico e innocente era assolutamente discutibile nella sua posizione, ma era una delle cose da cui traeva maggiore soddisfazione, anzi, era l'unica cosa da cui ne traesse.

LA DUCHESSA DI RAVENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora